Stupro online. È una delle frontiere tecnologiche del criminale dilagare delle peggiori perversioni e depravazioni: l’utilizzo ripetuto di foto e video pornografiche su cui si scatenano stupratori di ogni tipo, criminali che sessualizzano ogni aspetto del corpo e lo considerano solo e soltanto un oggetto sessuale.
Un abuso di dominio, di disumanizzazione, di sfruttamento sessuale di donne e, anche, bambine di ogni età. Partendo dalle coraggiose denunce di Sex Industry is violence l’abbiamo documentato varie volte negli anni: gli stupratori paganti e gli stupratori pornografici si scatenano ancora di più contro minorenni, più le bambine sono piccole e più loro sfogano i loro criminali istinti.
Dietro ogni foto, ogni video, ogni materiale pornografico ci sono corpi violati, omicidi psicologici (come li definisce don Fortunato Di Noto, fondatore e presidente di Meter), anime lacerate per sempre, persone stuprate, violate, abusate. Materiali cercati sempre più, sempre più diffusi: nei mesi scorsi abbiamo denunciato come su uno dei principali portali pornografici italiani c’è una categoria abusi e una “teen”, chiaro riferimento a ragazze minorenni. E Sex Industry is violence documentò già anni fa come alcune delle ricerche sul principale sito pornografico italiano più diffuse sono legate ad abusi e stupri di ragazze minorenni.
Cosa accade una volta che questi materiali di stupro e abusi di ogni tipo, anche se non soprattutto i più efferati, cominciano ad essere pubblicati e trafficati? Che il criminale traffico non si ferma più, che si diffondono sempre più. E la violenza si ripete, sempre più, reiterata per settimane, mesi e anche anni.
«È dal 2018 che riscontriamo nei nostri canali di monitoraggio sempre la stessa bambina, abusata. Sempre lo stesso video, prima su link .onion, poi su Telegram, poi su Signal. La bambina sembra vivere con noi, nella nostra sede di Meter, per quante volte l’abbiamo ritrovata nelle chat di pedocriminali che, indifferenti, scambiano materiale pedopornografico. Peccato che invece, lei, ha vissuto e forse ancora vive, con un uomo che l’ha abusata, che impunemente l’ha vessata, con un ego talmente forte da fare di lei una bambola usata a proprio piacimento. È stata diffusa così tante volte che tutti i pedocriminali conoscono quel volto bambino e innocente, così come la sua piccola mano, alla ricerca di qualcuno che la porti via da quella stanza buia». Questa la denuncia pubblicata da Meter il 17 dicembre. «Dal 2018 ad oggi, la bambina, che fine ha fatto? Come sta? È ancora nelle mani di quel pedofilo? ancora viva? Domande che ci poniamo su di lei, così come su tanti, molti, troppi, altri bambini e bambine» i pesanti interrogativi posti dall’associazione fondata e presieduta da don Fortunato Di Noto.
«Come posso augurare a una bambina appena nata, e subito abusata, Buon Natale? Ancora con le mollette del “clampaggio del cordone ombelicale”.
Da poco separata dalla madre, ignara delle foto scattate alla nascitura e immesse nel vasto mercato pedopornografico. Non è affatto una leggenda metropolitana, una invenzione ma la cruda realtà. Pedofili e pedopornografi abusano e si scambiano l’inenarrabile. Impuniti e protetti dalla estrema ‘privacy online’. Tutto debitamente denunciato. Io non ci dormo più. Sono agitato, inquieto. E quelle mollette già insanguinate dell’abuso, mi stringono il cuore. Anche un solo bambino violato in questa società dovrebbe farci spegnere le luci e scomodare la nostra quiete. Mi trovo oggi in Puglia e in diversi luoghi c’è l’immagine di un grande vescovo (l’ho anche conosciuto e amato) don Tonino Bello. Ho chiesto a Lui di donarmi la forza di continuare contro questa barbarie e violenze sui piccoli, sui bambini. Perché ‘prima di fare del bene, bisogna farsi sempre più piccoli’. Preghiamo per questa ‘piccola con le mollette insanguinate’ e per tutti i piccoli feriti che possano volare ancora». (Don Fortunato Di Noto, 20 dicembre 2024)
Signal, 96 gruppi, 320.000 video e foto… i neonati sono migliaia. Devastante» ci ha dichiarato don Fortunato Di Noto, fondatore e presidente di Meter, nelle scorse settimane. «Il mercato pedocriminale è sempre più florido, sono necessarie azioni sempre più incisive» è il grido d’allarme e di dolore di don Fortunato. «Dal 4 ottobre al 18 novembre i Gruppi di pedopornografia sull’App Signal sono aumentati da n. 49 a 102 con più di 350.000 di materiale pedopornografico (video, foto) prodotto e scambiato da pedofili da tutto il mondo che ‘impunemente’ producono, scambiano e commercializzano video e foto di abusi su minori di inenarrabile contenuto – la denuncia di Meter – inquietante e drammatica la violenza sessuale sui neonati e che i Gruppi, segnalati oggi, 19 novembre, si presentano con questa descrizione per accedere: ‘bebes de o a 2 anos cp’ (bambini da zero a 2 anni child porn), ‘madre e hijo’ (madri e figli), ‘bebés recien nacidos’ (bambini recentemente nati), ‘Novos Babys’ (0-6 anni) (Nuovi bambini da 0 a 6 anni). Sono state individuate chat dove è indicata la posizione di localizzazione e così come indicano i pedopornografi, sembra esserci una disponibilità di bambini».
«I neonati abusati – ha dichiarato don Fortunato Di Noto, presidente Meter – sono ‘esposti’ come una sorta di trofei. Ogni ‘pedocriminale’ carica in ogni messaggio postato +15 foto o video che corrispondono a 15 neonati in ogni messaggio. Sappiamo dagli studi che i neonati non dimenticano e le lesioni neurologiche permangono e si manifesteranno nella vita a venire».
Questi numeri sui traffici pedopornografici solo su Signal, parte delle frontiere tecnologiche della pedocriminalità con Telegram, il dark web e altre piattaforme, sono sicuramente parziali. AQuante bambine, di ogni parte del mondo e probabilmente anche italiane, subiscono quanto subisce la bambina citata nella denuncia di Meter? Quante migliaia, o forse milioni, di bambine di ogni età, sono trafficate ripetutamente da anni e anni?
La pornografia, le grandi piattaforme pornografiche, non sono escluse da questi traffici, dal dilagare dei crimini a sfondo sessuale anche pedofili. 34 donne, quasi quattro anni fa, hanno denunciato che Pornhub ha pubblicato e mantenuto online almeno per mesi, video che le ritraevano mentre subivano stupri e abusi sessuali. Quattordici donne erano minorenni all’epoca dei crimini.
Una ragazza, Serena Fleites, l’unica che non ha scelto di rimanere anonima, ha scoperto l’esistenza di un video in cui già il titolo chiariva la sua minore età. Tredici anni. Eppure è sempre rimasto online finché lei non l’ha scoperto e si è attivata per chiedere la rimozione. Che è avvenuta solo diverso tempo dopo. Gli avvocati delle trentaquattro donne hanno evidenziato che Mindgeek, la società proprietaria di Pornhub, è proprietaria di oltre cento piattaforme e case di produzione che ogni mese totalizzano almeno 3.5 miliardi di visualizzazioni.
Il 14 giugno 2021 Andre Garcia, produttore della società «GirlsDoPorn», è stato condannato dal tribunale federale californiano a 20 anni di carcere. «Traffico di persone a fini di sfruttamento sessuale» l’accusa per cui è stato processato e condannato, perpetrato «tramite coercizione e frode». A dicembre dell’anno scorso quaranta donne, vittime dei traffici di «GirlsDoPorn», hanno denunciato che video in cui erano ritratte erano rimasti pubblicati online e promossi anche dopo la rivelazione che erano video di stupri. La piattaforma web al centro delle loro denunce era, ancora una volta, PornHub.
Il 9 giugno 2021 Lauren Kaye Scott, ragazza 27enne al centro di un numero sterminato di video caricati su Pornhub, è stata trovata morta in un camper di Los Angeles. Secondo alcune fonti, ha riportato il New York Times, Kaye Scott stava lottando con alcune dipendenze, alcol e fentanyl, e stava cercando di uscire da un ambiente familiare difficile. «Lauren era il prodotto di una famiglia altamente disfunzionale che coinvolgeva droghe, alcol, abusi fisici, emotivi, verbali e sessuali», ha detto al Sun una zia. Sono innumerevoli le ragazze i cui video sono stati pubblicati su queste piattaforme, o diffusi tramite altri canali, che denunciano dopo anni traumi e devastazioni psicologiche. Inchieste giornalistiche, come quella del New York Times, hanno documentato come sono innumerevoli – probabilmente almeno diversi milioni – i video che concretizzano la più depravata e criminale «cultura dello stupro».
PornHub è infestato da video di stupri. La piattaforma incassa ogni giorno quasi tre miliardi in pubblicità e lucra senza scrupolo su stupri di minori, revenge porn, video di telecamere che spiano donne sotto la doccia, video razzisti e di donne imprigionate rischiando il soffocamento in sacchetti di plastica. La denuncia è del premio Pulitzer Nicholas Kristof nell’articolo del New York Times che nel dicembre 2020 ha squarciato il velo su cosa si nasconde dietro il fiorente business della più nota piattaforma pornografica al mondo. Tra le raccolte video scovate da Kristof alcune erano titolate «meno di 18 anni», «la migliore collezione di ragazze giovani» e «minorenni».
«Pornhub è diventato il mio trafficante» ha dichiarato al New York Times una donna di nome Cali. La sua testimonianza è stata pubblicata nell’inchiesta che ha travolto PornHub nei mesi scorsi. Adottata in Cina era stata costretta a girare video pornografici dai 9 anni. Video publicati anche su PornHub. «Vengo ancora venduta, anche se sono cinque anni fuori da quella vita» ha denunciato al New York Times Cali.
«Sarà sempre online – le disperate parole di una ragazza britannica, i video che la ritraggono sono stati girati quando lei aveva 15 anni – Perché i miei video di quando avevo 15 anni e sono stata ricattata, pornografia infantile, vengono caricati continuamente? Non finirà mai, stanno ottenendo soldi dai nostri traumi».
Jessica Shumway, vittima della schiavitù sessuale, è stata filmata e i video sono stati caricati da uno stupratore a pagamento.
Guardate «il nostro dolore e non ve ne rendete conto; ma io, che sono entrata nel porno a 21 anni dopo 8 anni di abusi in casa, posso dirvelo: non ho mai conosciuto una modella porno felice. All’epoca avevo denunciato la donna che aveva abusato di me; non potevo credere che invece fui io a essere umiliata e allontanata dai miei amici e dalla mia famiglia, come una vergogna, come se io bambina non fossi stata la vittima – è la testimonianza di una ragazza pubblicata dal sito web di Fight the New Drug e diffusa in Italia solo da una pagina facebook che si pone l’obiettivo di far conoscere i drammi dietro le donne vittime della schiavitù sessuale online https://www.facebook.com/Pornoverit%C3%A0-982244271905706/
In tribunale mostrarono ai giudici le foto dei miei genitali abusati, e per me fu un doppio trauma. Mi convinsi di essere così brutta da non poter venire mai accettata, non essere degna di amore; ma come tutti avevo bisogno di considerazione, l’abuso era la mia casa, e in qualche modo nel porno mi ero illusa di poter essere vista di nuovo come bella, guardata, e il mio trauma rivissuto controllato, sconfitto».
«La violenza era la mia casa, ho vissuto con uomini violenti; prima di entrare nel porno convivevo con un uomo più grande di me che mi picchiò un giorno per quello che aveva letto nel mio diario. Come se mi fossi cercata io tutto questo – prosegue questa testimonianza – Pensavo di essere degna soltanto di quel mondo, e il porno bondage e poi quello sempre più estremo e violento fu quello in cui lavorai per anni.
Ero giovane e completamente plagiata dalla violenza, e i miei abusatori dicevano di amarmi e di essere loro la mia vera famiglia: ora io a voi, che guardate altre ragazze che soffrono come me mentre girano quei film, vi chiedo se secondo voi una vera famiglia farebbe soldi sulla vostra sofferenza, e se voi vi ritenete degni di guardare negli occhi il vostro partner e i vostri figli se poi godete in solitudine guardando altri figli che vengono violentati e distrutti. Se per voi vedere vostra figlia tra feci e urine, ingabbiata in un water, picchiata con lividi che ci mettono mesi a guarire, soffocata quasi alla morte con sacchetti di plastica, se è questo che vi fa godere guardatevi allo specchio e pensate ai mostri che siete. Perchè se non vi fate nemmeno un paio di domande su come fa un essere umano a ridursi in quel modo se non avendo conosciuto violenza fin da un’infanzia che nemmeno voi avreste mai voluto subire, allora siete mostri tanto quanto quelli che mi hanno torturata per anni. E sì, perchè guardarmi sullo schermo mi aveva convinta che il mio unico valore come essere umano consisteva nel livello di piacere sessuale che potevo dare a un altro, qualsiasi fosse il costo per me stessa. Mi ero offerta perché ero stata già rapita dalla tossicità del mio passato».
Foto copertina:
Mostra “Supereroi, proteggiamo i bambini insieme” organizzata dalla Polizia di Stato (Archivio WordNews,it)