Era il 10 marzo 1948 quando Placido Rizzotto, sindacalista socialista e militante per i diritti dei lavoratori, fu rapito e ucciso dalla mafia corleonese guidata da Luciano Liggio. Il suo corpo fu ritrovato solo nel 2009 in una foiba di Rocca Busambra, confermando ciò che tutti già sapevano: Rizzotto era stato giustiziato perché rappresentava un ostacolo per il potere mafioso che dominava la Sicilia del dopoguerra.
La storia di Rizzotto non è solo quella di un uomo coraggioso, ma di una battaglia per la giustizia sociale, la dignità e la libertà. Un impegno che lo ha reso un simbolo della resistenza alla criminalità organizzata e un esempio per le future generazioni.
L’intervista su WordNews.it: un testimone della memoria
A mantenere vivo il ricordo di Rizzotto sono stati giornalisti, storici e studiosi impegnati nella divulgazione della sua storia. Tra questi, Paolo De Chiara ha realizzato un’intervista su WordNews.it, approfondendo il contesto storico e sociale in cui operava il sindacalista. Un contributo fondamentale per non dimenticare l’eroismo di Rizzotto e l’importanza della lotta alla mafia.
L’intervista evidenzia non solo il coraggio del sindacalista siciliano, ma anche l’ingiustizia di una società che per troppo tempo ha taciuto su delitti di questa portata. Oggi la figura di Rizzotto continua a ispirare chi combatte per una società più giusta.
Un dovere collettivo: ricordare e agire
Placido Rizzotto è stato riabilitato ufficialmente solo decenni dopo la sua morte, con il riconoscimento del suo sacrificio da parte delle istituzioni italiane. Ma il vero tributo alla sua memoria non si esaurisce nei riconoscimenti ufficiali: passa attraverso l’educazione, la divulgazione e il rifiuto dell’indifferenza.
Ricordare Rizzotto significa dare voce a tutti coloro che, ieri come oggi, lottano per i diritti e la giustizia, sfidando quei poteri oscuri che ancora minacciano la libertà. La sua storia non appartiene solo alla Sicilia, ma a chiunque creda che un mondo senza mafia sia possibile.