In un tempo in cui la letteratura spesso arranca sotto il peso dell’effimero, Antonella Giordano emerge come una voce necessaria. Una storia in chiaroscuro, il suo romanzo intenso e stratificato, è molto più di una narrazione. È un testamento spirituale, un grido silenzioso, una carezza e un pugno allo stomaco allo stesso tempo. Presentato con passione nella suggestiva cornice della Biblioteca Angelica, l’intervento su questa opera si è trasformato in un atto d’amore verso la parola scritta e il suo potere trasformativo.
Non un romanzo sulla mafia, ma sulla giustizia. Sebbene la mafia sia presente come forza distruttiva, la vera protagonista è la coscienza collettiva, il tentativo di riscatto sociale e umano di chi, come Sissi, sopravvive all’orrore e lo trasforma in energia vitale. Lena e Giovanni, vittime e simboli, incarnano valori ancestrali che resistono al tempo e alla brutalità. La scrittrice, con una sensibilità narrativa fuori dal comune, trasforma la cronaca in introspezione, la denuncia in lirismo.
Un romanzo già pronto per il cinema. L’interesse di un regista come Pupi Avati ne è la conferma: Una storia in chiaroscuro ha tutti gli elementi per un adattamento cinematografico di forte impatto. Un’opera che emoziona, commuove, interroga. Una parabola di resilienza e speranza in un’Italia che troppo spesso dimentica il valore della memoria e della giustizia poetica.
Una voce che merita luce. Antonella è schiva, rifugge dai riflettori, ma la sua opera grida il contrario: ha bisogno di essere letta, ascoltata, portata nelle scuole, nei circoli culturali, nei luoghi dove si costruisce l’anima civica di un popolo. E se oggi la parola scritta lotta con l’immagine, che ben venga il cinema, purché a servizio di questa storia e non viceversa.
Sintesi dell’intervento di Salvo Germano