È morto questa mattina, alle 7:35, Papa Francesco. Ad annunciarlo ufficialmente, alle 9:47, è stato il Cardinale Kevin Joseph Farrell, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, con parole cariche di dolore e gratitudine:
“Con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco… La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa…”
L’annuncio, subito rimbalzato sui media e sui social, ha squarciato il silenzio irreale di questo Lunedì in Albis, già attraversato dall’inquietudine per gli scenari di guerra sempre più impermeabili ai richiami della pace, e da una cronaca internazionale che si muove tra ottusità governative e scellerate politiche di riarmo.
Francesco lascia il timone di una Chiesa attraversata da tensioni, ma anche rinnovata nella sua vocazione missionaria e sociale. Il suo pontificato si è sviluppato in un’epoca segnata da pandemia, crisi climatica, conflitti armati e nuove povertà. Eppure, in questo tempo complicato, ha saputo mantenere salda una rotta: quella del Vangelo vissuto, non predicato.
La sua forza comunicativa – fatta di linguaggio semplice, diretto, radicale – ha avvicinato milioni di persone alla Chiesa, anche tra chi non si riconosceva nei suoi dogmi. È stato un Pontefice dell’ascolto, dell’inclusione, della cura delle relazioni umane. Ha costantemente ribadito che senza giustizia sociale non c’è futuro per l’umanità, e che l’economia deve ritrovare il volto umano, altrimenti è destinata a collassare.
Uomo di pace, uomo del dubbio più che della certezza dogmatica, Francesco ha destabilizzato tanto quanto ha confortato. È stato definito “cattivo teologo” da chi non ha compreso il suo messaggio dirompente, o ha preferito rifugiarsi in ideologie imbalsamate. Ma ha continuato a battere su un tasto centrale:
“Nel suo contenuto autentico la religione accoglie i limiti dell’uomo… e inietta nelle ottusità il dubbio e la consapevolezza che occorre risalire dagli abissi umani verso un bene superiore.”
Ha parlato anche agli atei, ai non credenti, a chi si sente escluso. Per lui, la spiritualità era una necessità vitale, non un’etichetta confessionale. La perdita del senso della trascendenza, diceva, è il vero infarto evolutivo della nostra civiltà.
Iconica la scelta della parabola del Buon Samaritano come architrave dell’enciclica Fratelli tutti: un richiamo alla giustizia come equità, al prossimo come chiunque abbia bisogno – vicino o lontano, amico o nemico.
E poi la sua “Economy of Francesco”: un progetto che ha voluto lasciare in eredità ai giovani del mondo, convinto che “finché il sistema economico produrrà disuguaglianza e distruggerà la natura, non ci sarà futuro.”
In questa civiltà dell’immanenza, come l’ha definita, la voce del Papa si è alzata come un’ultima, ostinata, profezia.
Oggi il mondo “piange” un Papa che ha incarnato una Chiesa povera per i poveri, ma già si aprono gli interrogativi su ciò che verrà: chi saprà raccogliere questa eredità? Chi porterà avanti un cammino così controcorrente rispetto agli interessi dominanti, ai nazionalismi, alle retoriche armate?
Intanto si aprirà nei prossimi giorni la Sede Vacante e saranno avviate le procedure per il Conclave. Ma nessun Conclave potrà ignorare la traccia lasciata da Jorge Mario Bergoglio.
“Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra” – scriveva il 14 marzo 2025, in una lettera inviata al Corriere della Sera.
Un testamento morale. Una sintesi disarmante di ciò che Papa Francesco è stato.
Chi sarà il successore di Francesco? Il Conclave alle porte apre scenari globali
A poche ore dalla morte di Papa Francesco, la Chiesa è entrata ufficialmente in Sede Vacante. È iniziato il tempo del Conclave, e con esso quello – più laico, più mediatico, più curioso – del Totopapa. Un gioco solo in apparenza mondano, perché dietro ai nomi, ai corridoi, ai cardinali papabili, si muovono equilibri spirituali e politici, tensioni globali e speranze ecclesiali.
Il successore di Jorge Mario Bergoglio eredita una Chiesa in trasformazione, messa alla prova da divisioni interne, spinte conservatrici e riformatrici, sfide etiche e tecnologiche. Ma anche una Chiesa più globale, meno eurocentrica, attenta ai poveri, alla Terra, al dialogo con le altre religioni.
Sarà il garante della linea di Francesco o il restauratore di un ordine precedente? O, ancora, un innovatore capace di sintetizzare le anime del cattolicesimo in una figura profetica e moderna?
I nomi più caldi del Conclave
Nel clima ovattato delle mura vaticane, i nomi cominciano a circolare. Alcuni già noti, altri emergenti, ma tutti specchio di un’idea diversa di Chiesa.
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Cardinale Matteo Zuppi (Italia) – Arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, considerato l’“italiano papabile” per eccellenza. Uomo del dialogo, vicino alla Comunità di Sant’Egidio, amato da Bergoglio. Potrebbe incarnare una linea di forte continuità, con un volto europeo ma universale.
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Cardinale Peter Turkson (Ghana) – Figura autorevole nel panorama africano e mondiale, ex prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. La sua elezione rappresenterebbe una svolta storica: il primo Papa africano dell’era moderna.
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Cardinale Luis Antonio Tagle (Filippine) – Già “delfino” spirituale di Francesco, attualmente pro-prefetto per l’Evangelizzazione. Teologicamente preparato, umile e comunicativo, rappresenta l’Asia e il volto giovane del cattolicesimo globale.
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Cardinale Jean-Marc Aveline (Francia) – Arcivescovo di Marsiglia, esperto in dialogo interreligioso, sensibile alle questioni del Mediterraneo. Un profilo che coniuga tradizione e rinnovamento.
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Cardinale Robert Sarah (Guinea) – Figura simbolo dell’ala conservatrice. È il nome che rappresenta il desiderio di ritorno a una Chiesa più gerarchica, meno “orizzontale”. La sua elezione, però, sarebbe un netto cambio di rotta rispetto al pontificato di Francesco.
Dietro le quinte, i giochi sono complessi. Non si vota solo per una persona, ma per una visione ecclesiale. I cardinali, 137 quelli con diritto di voto, si muoveranno tra istanze spirituali e pressioni politiche, tra carismi e compromessi.
E mentre la stampa alimenta il “toto-nomi”, in Sistina tutto si deciderà nel silenzio più assoluto. Fumata nera o bianca, le logiche sono imperscrutabili. Come diceva Benedetto XVI, “Il Conclave è sempre guidato dallo Spirito Santo… ma talvolta i cardinali non gli rendono facile il lavoro.”
Ogni Conclave ha i suoi outsider. Francesco stesso lo era nel 2013, quando pochi puntavano su di lui. Il prossimo Papa potrebbe essere uno sconosciuto al grande pubblico, ma con forti doti pastorali, capace di unire, parlare, guidare in un tempo segnato da instabilità, guerre e perdita di senso.
Nel frattempo, il mondo guarda a Roma. Perché l’elezione del Papa non è mai solo un evento ecclesiale. È un fatto globale.
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