Il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto con decisione e urgenza per bloccare la diffusione online di un video contenente immagini dell’autopsia di Chiara Poggi, la giovane vittima del tragico omicidio avvenuto a Garlasco nel 2007. Il video, offerto a pagamento da un soggetto non identificato, è stato considerato gravemente lesivo della dignità non solo della vittima, ma anche della sua famiglia.
L’Autorità garante, agendo d’ufficio e con procedura d’urgenza, ha intimato l’immediata rimozione e ha vietato qualsiasi ulteriore diffusione del materiale, specificando che la pubblicazione o condivisione di tali contenuti costituirebbe una violazione del Codice della Privacy e delle Regole deontologiche dei giornalisti.
Diffondere immagini così cruente – oltre che eticamente riprovevole – rappresenta, secondo il Garante, un attacco diretto alla memoria della vittima e alla sensibilità di chi le ha voluto bene. Il corpo di Chiara, già oggetto di attenzioni morbose e morbosi processi mediatici negli anni, diventa ancora una volta strumento di spettacolarizzazione e lucro.
L’Autorità ha lanciato un monito severo ai mezzi di informazione: “Chiunque entri nella disponibilità di queste immagini, anche i giornalisti o i siti web, è tenuto ad astenersi dalla loro pubblicazione”. La diffusione, anche parziale, costituirebbe una condotta illecita, passibile di sanzioni amministrative e penali.
Nel mirino anche eventuali testate che dovessero decidere di cedere alla logica dello scoop: il provvedimento richiama infatti espressamente le Regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, sottolineando che la tutela della dignità umana deve prevalere sempre sull’interesse mediatico.
Il caso apre interrogativi inquietanti sulla deriva che sta assumendo una parte dell’informazione digitale, in cui la spettacolarizzazione della morte e la vendita del dolore sembrano diventare strumenti per attirare click e monetizzazione. Un fenomeno che travalica il giornalismo e chiama in causa anche piattaforme e hosting provider, su cui il Garante potrebbe intervenire con ulteriori provvedimenti.
L’Autorità ha annunciato che si riserva di adottare ulteriori misure, anche sanzionatorie, nei confronti dei responsabili. Il messaggio è chiaro: la dignità umana non è in vendita. E non può essere violata in nome dello show, dell’audience o del denaro.





