Un premio al coraggio civile e alla verità scomoda
Paolo De Chiara, giornalista, scrittore e Presidente dell’Associazione Antimafie e Antiusura Dioghenes APS, ha ricevuto il Premio Giorgio Mazzanti 2025, giunto alla sua terza edizione, promosso dall’Associazione Culturale Don Milani e dal giornale online QuintaPagina.it.
Il direttore di QuintaPagina e fondatore dell’Ass. “Don Milani”, Paolo Scarabeo, ha moderato in maniera magistrale l’evento.
Un riconoscimento che va ben oltre la cerimonia: rappresenta la testimonianza tangibile di un impegno scomodo, costante, che ha scelto di stare dalla parte della verità, anche quando questa brucia come l’odore di copertoni incendiati nella Terra dei Fuochi.
La motivazione è chiara e potente: «Per la sua instancabile azione di testimonianza, per il suo coraggio civile, per il suo impegno quotidiano nel costruire una cultura dell’onestà, della legalità e della speranza». De Chiara – si legge – ha saputo coniugare la profondità dell’inchiesta con la passione educativa, diventando voce di chi non ha voce e interlocutore privilegiato del mondo giovanile.
Nel suo intervento, Paolo De Chiara ha attraversato i meandri più oscuri della realtà italiana: dalle infiltrazioni camorristiche negli appalti pubblici, alle connivenze istituzionali, dal ruolo dimenticato dei testimoni di giustizia al dramma degli innocenti lasciati soli. A partire dalla denuncia di Gennaro Ciliberto, l’ex responsabile della sicurezza che ha segnalato appalti truccati alla Casa Circondariale di Larino (Molise), De Chiara ha mostrato l’urgenza di accendere i riflettori su storie spesso sepolte sotto la coltre dell’indifferenza.
E poi Carmelina Prisco, Rita Atria, Lea Garofalo. Donne e ragazze che non hanno voltato lo sguardo. Storie vere, pulsanti, spesso ignorate da uno Stato che troppo spesso preferisce il silenzio alla tutela.
La criminalità organizzata 4.0: tra social, appalti e consenso politico
Uno dei punti centrali del discorso è stato l’uso dei social da parte della criminalità organizzata: TikTok, oggi strumento principe di comunicazione tra i giovani, è diventato anche palcoscenico per criminali che, persino dalle celle, raccontano una narrazione distorta e seducente del potere mafioso.
De Chiara ha denunciato come le mafie si siano evolute: non sono più solo “manovalanza del crimine”, ma esprimono direttamente candidati, siedono in Parlamento, modellano il consenso politico, governano, gestiscono sanità, infrastrutture, appalti, territori. La famiglia Vuolo: le connivenze con generali, il ruolo di aziende come Autostrade e Anas: è un’Italia che trema, ma fa finta di nulla.
Il giornalismo che disturba
“Il giornalista deve disturbare”, ha detto citando implicitamente il principio etico che guida il mestiere di chi non si accontenta dei comunicati stampa. Raccontare significa fare nomi e cognomi, denunciare storture, rivelare i legami tra potere politico, economico e criminale. In Molise come in Calabria, in Campania come a Roma.
Il suo racconto diventa ancora più duro quando ricorda che Paolo Borsellino e Giovanni Falcone furono lasciati soli, che l’agenda rossa è stata rubata, che la borsa del giudice è diventata un trofeo per selfie istituzionali, e che le commemorazioni sono spesso solo atti ipocriti. “Bisogna proteggere i giusti in vita, non dopo la morte”, ha scandito.
Il Sud tradito e la storia mai raccontata
La denuncia si fa poi ancora più profonda: l’Unità d’Italia – secondo De Chiara – ha istituzionalizzato le mafie. Non lo dice solo lui, lo raccontano i fatti storici spesso omessi dai manuali scolastici. Le stragi sabaude, i briganti decapitati e trasformati in criminali, Cosa Nostra e Camorra legittimate: una lettura storica alternativa, ma necessaria. Perché come diceva Pasolini, un Paese senza memoria è un Paese senza storia.
Contro il disincanto: agire, non sperare
Alla domanda: “C’è speranza?”, De Chiara risponde con Pasolini: la speranza è una parola orribile. Non serve sperare, serve agire. Studiare, informarsi, reagire.
Ribellarsi con la testa e con le mani. «Dobbiamo fottere il sistema, perché altrimenti sarà il sistema a fottere noi», ha detto citando Nicola Gratteri.
Il Premio Mazzanti è stato conferito a De Chiara per la sua capacità di coniugare il rigore dell’inchiesta con la forza della parola educativa. La cultura della legalità non si costruisce con le passerelle, ma con il lavoro, la coerenza, la verità. Una verità che brucia. Ma che salva.
la motivazione:
«Con profonda convinzione e sincera gratitudine, l’Associazione culturale “don Milani” e il giornale online QuintaPagina.eu assegnano il Premio “Giorgio Mazzanti” – giunto alla sua terza edizione – a Paolo De Chiara, scrittore e giornalista che ha fatto della parola un’arma civile e della memoria un dovere etico.
La sua intera opera si distingue per un costante impegno nella denuncia delle ingiustizie, nella valorizzazione delle testimonianze, nella lotta concreta e culturale contro le mafie e ogni forma di sopraffazione. Presidente dell’Associazione Antimafia e Antiusura “Dioghenes”, De Chiara ha saputo coniugare la profondità dell’inchiesta con la passione dell’educazione, rendendosi voce di chi spesso non ha voce e interlocutore privilegiato del mondo giovanile, a cui si rivolge con linguaggio chiaro, diretto, coinvolgente.
La sua presenza sui territori, la vicinanza alle vittime, l’attenzione per la verità e la giustizia, fanno di lui un esempio alto di giornalismo etico e di cittadinanza attiva. Le sue parole, mai piegate al compromesso, illuminano le coscienze e indicano un cammino di responsabilità condivisa.
Nel segno di Giorgio Mazzanti – uomo che seppe unire il rigore dell’intellettuale all’impegno instancabile nel sociale e nella formazione – il Premio viene dunque conferito a Paolo De Chiara per la sua instancabile azione di testimonianza, per il suo coraggio civile e per il suo impegno quotidiano nel costruire una cultura dell’onestà, della legalità e della speranza».
La Giuria del Premio “Giorgio Mazzanti”- Associazione Culturale “don Milani” – QuintaPagina.eu
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