Il copione è scolpito. Conferenza stampa, domande, la frase del CT Gattuso che assolve e benedice lo show miliardario: “Sono un uomo di pace e mi fa male al cuore vedere civili e bambini colpiti. Noi facciamo un mestiere, la Figc lavora per una gara perfetta anche sulla sicurezza. Il nostro dovere è fare il nostro lavoro. Spero in una soluzione di pace”.
Poche righe, l’annuncio istituzionale:
“Per quanto di competenza del Viminale, la partita Italia-Israele del 14 ottobre a Udine si può giocare regolarmente”.
Si può. Nel calcio-azienda, si deve. Il resto è coreografia: un minuto di silenzio, lacrime finte, inni. Poi novanta minuti di rumore pagato. Il dolore viene incorniciato.
I morti. Da mesi si accumulano decine di migliaia di vittime. Le cifre oscillano, ma la sostanza non cambia: famiglie cancellate intere, strade senza nomi, elenchi che non finiscono mai. La morte a Gaza non è più un’eccezione: è la normalizzazione di un mondo distrutto dalla cattiveria e dall’arroganza.
I bambini. Migliaia: uccisi, mutilati, traumatizzati. Il cuore del disastro. Bambini sepolti sotto il cemento, bambini senza casa, bambini senza sonno. Una generazione che impara a leggere in compagnia della morte.
La fame. Ospedali al collasso e colpiti a morte, convogli a singhiozzo. La malnutrizione è diventata quotidianità.
Gli sfollati. Oltre due milioni di persone compresse in un francobollo, spostate più volte, spinte come sabbia. Mappe ridisegnate da “corridoi” e “zone cuscinetto”, che raccontano frammentazione e controllo.
Il disegno che affiora. Un territorio svuotato di diritti, spezzettato, amministrato da qualcuno che non risponde a chi ci vive. Accanto alle linee ufficiali circolano proposte che parlano di rilocalizzazioni “volontarie”, tutela esterna e gestione emergenziale.
La verità nuda: cancellare il futuro per rendere eterno il presente.
“Noi facciamo un altro mestiere.” Vero: ma quando il tuo mestiere entra in ogni casa, non è più solo un mestiere. È cultura popolare. Educare o diseducare è una scelta, non un effetto collaterale.
La neutralità del pallone protegge l’immagine, non la coscienza.
Cosa fare
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Rinviare: non si gioca per decenza civile.
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Vincolare una quota fissa dei ricavi (diritti tv, sanzioni) a progetti verificabili: scuole, sostegno alle comunità colpite.
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Silenzio vero: niente “solidarietà” brandizzata.
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Formazione obbligatoria per chi parla a milioni di persone: responsabilità.
Un match si recupera. La dignità no. Se accendete i riflettori, lo fate per non vedere.
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