Il Molise non esiste. Lo hanno ripetuto per anni come fosse una battuta da bar, una gag, una trovata per strappare un sorriso. Ma oggi quella frase ha smesso di far ridere. È diventata realtà.
Da pochi giorni i treni si sono fermati del tutto. Binari deserti, stazioni vuote, annunci sostituiti da un’amara certezza: fino a gennaio, per raggiungere Roma o Napoli, i molisani dovranno affidarsi agli autobus sostitutivi. Ore di viaggio scomode, interminabili, che trasformano la normalità degli spostamenti in un calvario.
Chi studia, chi lavora, chi deve curarsi fuori regione sa bene cosa significa: alzarsi prima dell’alba, tornare a notte fonda, con l’ansia costante di non farcela. Un’intera comunità privata del diritto alla mobilità.
Ma il problema non è solo il treno che non passa. È un mosaico di disastri. La sanità pubblica non funziona, e non per caso. Non deve funzionare. Ospedali ridotti a gusci vuoti, pronto soccorso al collasso, liste d’attesa che diventano condanne.

In Molise ci si ammala due volte: di malattia e di abbandono.
E poi ci sono le aree interne, i paesi dell’entroterra che lentamente muoiono. Case chiuse, piazze silenziose, giovani costretti a partire. Luoghi bellissimi lasciati senza prospettiva, cancellati dalla cartina dello sviluppo.
In questa fotografia il filo rosso è chiaro: la politica. Non un’entità astratta, ma uomini e donne in carne e ossa che siedono nelle stanze dei palazzi e che hanno scelto di non fare il proprio dovere. Hanno tradito la loro terra, preferendo la gestione di potere all’interesse collettivo.
Anni di propaganda, di annunci: “faremo la metropolitana”, poi “l’aeroporto”, poi la navicella spaziale. Nulla di tutto questo. Solo parole, tante parole vuote, e soldi, tanti soldi, buttati nel cesso. Una sanità distrutta per interessi personali. Un territorio martoriato per evidente incapacità. I molisani, responsabili di questo disastro, hanno affidato il loro presente e il loro futuro ad una classe dirigente indegna. Sempre gli stessi, solo gli stessi. “Ma non avevamo un’alternativa valida”, qualcuno potrebbe ribattere. le alternative si costruiscono. Non si lasciano gli spazi a chi non è in grado nemmeno di amministrare il proprio quartiere. Bisogna metterci la faccia e sporcarsi le mani. I “mollisani” hanno abbassato la testa e hanno atteso il proprio turno- Per molti è arrivato, per altri non arriverà mai.
Hanno chiuso gli ospedali? Poche proteste.
I trasporti facevano schifo? Veniva attivata la tastiera social per sfogare i propri istinti.
Le denunce per la malagestio? Chi lo faceva era un mero protagonista che voleva mettersi in mostra.
Gli errori si pagano caramente. I nodi sono arrivati al pettine e il risultato è sotto gli occhi di tutti: un Molise senza treni, senza ospedali, senza opportunità. Un Molise che non esiste più se non come caricatura, ridotto a fantasma nel cuore dell’Italia.
La frase che un tempo faceva ridere oggi pesa come una pietra: “Il Molise non esiste”.
E questo è solo l’inizio.
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