di Alfia Milazzo
Anni fa mi proposero di entrare in un circolo culturale. Si creavano eventi. Tagli di nastri. Applausi. Discorsi. Servizi giornalistici. Era semplice. Bastava andare spesso dal parrucchiere e dall'estetista. Vestirsi bene. Pensarla come loro. Essere snob per principio.
Ma mi rifiutai.
Poi altra proposta. Un'altra realtà culturale. Arte. Eventi ad effetto. Bisognava essere conformi ad un anticonformismo di principio. Critici. Bere il the inglese. E poi fingere di essere trasgressivi nella sessualità. Oppure algidi in senso finnico.
Mi rifiutai anche quella volta.
Infiniti inviti a far parte di questo o quel gruppo. Ma solo per la stessa cosa: creare eventi.
A che servono gli spettacoli se chi li realizza non riesce a migliorare il comportamento di chi vi partecipa?
Ecco, La città invisibile è sorta per formare, non per creare eventi. E la formazione è un percorso delicato e difficile. La responsabilità è enorme. La durata lunga e talvolta destinata a brusche interruzioni.
La fatica di un evento che riesce a coinvolgere moltitudini è incomparabilmente inferiore a quella di chi lotta per suscitare un cambiamento nell'anima di un solo allievo.
Lasciamo gli eventi a più. Noi ci occupiamo di formare coscienze nuove.
Formare coscienze nuove: che cosa significa?
Vuol dire, innanzitutto, partire dalla propria coscienza, una coscienza che deve essere libera.
Significa avere coraggio di andare verso un ignoto. Perché per alcuni bambini la bellezza è l'ignoto. Per molti di questi piccoli eroi, la cultura è una forza che attrae ma spaventa, perché è troppo rivoluzionaria, troppo distante da ciò che sono abituati a vivere.
Per esempio: rivolgersi la parola con gentilezza, è un fatto che in molti ambienti persino in quelli più “quotati” costituisce un fatto nuovo. Avere pazienza e aspettare il proprio turno è una capacità che solo i veri ribelli acquisiscono. Infatti più sei arrabbiato con il mondo di qua, più hai la disponibilità a uscirne con una mentalità opposta.
Molti educatori si scoraggiano. A volte si sentono come lupi di mare costretti a un naufragio. Credevano di essere bravi e invece qua, dietro le barricate, ci si sente soli, spiazzati, e non si riesce a realizzare il proprio sogno.
Invece bisogna essere grati a Dio di questa fatica. Questo è il nostro progetto: lavorare nella frontiera delle frontiere, perché come diceva il buon De Andrè, dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. Per esempio oggi, nonostante la pioggia battente, a Librino sbocciavano rose.
La nostra visione
Un particolare e l'infinito. Chi riesce a collegare la barca che naviga e l'orizzonte che l'accoglie? La visione. Un donarsi che restituisce. Un ascolto senza alcuna idea preconcetta. Senza interesse di parte. Nessun adulto può concepire una visione autentica e immortale a meno di non rinunciare al cinismo dell'esperienza. Solo da bambini si può ricevere e donare una visione pura. Perché solo gli occhi di un bambino sanno spalancarsi sulla realtà più semplice e al tempo stesso misteriosa dell'esperienza. Ecco perché ci sforziamo di mantenere la visione dei bambini in ogni nostra azione formativa.
La visione richiede invocazione e ascolto. Il perché dell'infanzia. Il pianto a dirotto per la pena di un “no” incomprensibile e inaccettabile che spinge alla critica e alla lotta. E la vitalità gioiosa nel riappropriarsi del bene amato, o dello scopo irraggiungibile.
La visione de La città invisibile e della sua Scuola di vita e orchestra Falcone e Borsellino è paragonabile a un dialogo a fumetti che si scrive gattonando nella bellezza. Una coccola infinita all'intelligenza creativa. Per crescere immaginando e creando un mondo migliore. Che altri magari non vede.
Qual è il rischio più assoluto che corre la società?
È l'ignoranza.
In questo senso a rischiare di più sono i poveri, poiché la cultura e l'informazione sono beni di consumo che impongono un costo.
Dunque, la cultura offerta gratuitamente ai poveri, come fa La città invisibile, rende meno rischiosa la società, protegge i poveri dal rischio di cadere vittime di un potere basato sulla loro debolezza. Poiché se si è ignoranti oltre che poveri si è doppiamente poveri.
Coloro che invece hanno accesso alla ricchezza ma non si procurano la cultura finiranno per essere depredati da coloro che hanno ricchezza e cultura.
Ma, qualcuno si domanderà, la cultura non ha salvato Socrate, non ha salvato Galileo Galilei, Giordano Bruno, non ha impedito la morte di tanti giusti come Gandhi e Martin Luther King.
Sì è vero.
La cultura non serve a salvare la vita e spesso ti spinge a metterla a repentaglio.
Ma è proprio per la dilagante ignoranza che li circondava nelle rispettive epoche storiche che si sono dovuti sacrificare tali eroi della giustizia e della conoscenza.
Più cultura (cultura fondata sull'onestà) e meno eroi: questo sarebbe auspicabile.
Quando si ha la ventura di incontrare un cosiddetto scarto della società ricordiamoci che la sua sofferenza ci appartiene proprio come se fosse la nostra.
Perchè?
Se la sofferenza degli emarginati oggi ci appare distante e incapace di violare il nostro benessere, in realtà essa è l'ingrediente di quella realtà che ci circonda e ci influenza, nel bene o nel male.
La gente che non ha lavoro, quella che non ha una casa o che vive nell'ignoranza, che affronta una malattia o propria o di un figlio/a non si può schivare a lungo. Volendolo fare, prima o poi la loro sofferenza entrerà nella nostra vita.
La realtà non è divisibile in stanze di privilegiati e stanze di emarginati o di persone sofferenti. La realtà è una e dinamica allo stesso tempo.
Capire questo, accogliere questo principio nella nostra esistenza, capovolge tutte le prospettive e diventa persino fonte di cambiamento radicale.
Un cambiamento che i poteri forti e i nostri politici temono profondamente. Anche coloro che a parole si proclamano difensori dei deboli e poi nella pratica proteggono il proprio privilegio non meritato. O il posto di potere ottenuto per derivazione da una condizione sociale o per aver appoggiato il malaffare e la criminalità.
La fratellanza come antidoto alla violenza delle mafie
Le mafie criminali temono l'educazione più delle denunce. Perché il loro potere è un potere di tipo "culturale" più che armato. Si fonda sulla violenza come principio. I bambini vengono addestrati da piccoli alla violenza come legge del più forte.
Educare alla fratellanza, ai principi della civiltà e dei diritti, significa realizzare la più importante azione di contrasto alle mafie.
Un tesoro che il tempo non può scalfire e che è inesauribile perché si autogenera: l'unione fraterna tra gli uomini fondata su una comune origine e un comune destino. Quest’unità va oltre ogni differenza che le varie forme storiche di predominio hanno imposto.
Educare alla fratellanza in senso laico significa dimostrare i vantaggi concreti che si conseguono dal vivere secondo questo principio piuttosto che secondo l'odio e l'inimicizia.
Ma, ci si potrebbe chiedere: quando vi battete contro la mafia, quando contestate il potere corrotto, quando lottate per la giustizia non create in qualche misura nei bambini un esempio di "animosità" e di inimicizia?
No, di certo.
Infatti educare alla fratellanza non implica l’accettazione cieca di ogni condizione possibile, ma vuol dire, innanzitutto, dare gli strumenti di coscienza e di difesa dei valori sui quali la fratellanza poggia. Semmai è la tipologia di mezzi posti a difesa della fratellanza che sostanziano l'azione non violenta e la pongono sulle stesse coordinate dell'amore universale: mezzi di comunicazione e di ragione pratica che non debbono mancare di rispetto dell'altro ma essere un viatico alla concordia. La fermezza e la coerenza sono involucri metodologici di assoluta protezione nei confronti del male. La mafia e i poteri di corruzione temono fortemente questo modo di essere della gente, perché il loro potere si basa proprio su principi e progetti opposti. Educare alla fratellanza significa quindi condurre a pratiche di buona condotta: la cura dei deboli pur essendo deboli, dell'ambiente, degli animali indifesi, del bene comune, in altri termini significa superare la superbia e l'individualismo, praticare la comprensione reciproca.
Significa difendere con metodi non violenti il bello e il giusto.
Ecco a che cosa serve la nostra scuola: a innestare questa visione nella vita dei bambini e delle loro famiglie. Oggi abbiamo tutti bisogno di fratellanza e di amore universale. Ovunque si possa insegnarli, lo si deve fare coraggiosamente e instancabilmente. Da essi dipende la salvezza dell'umanità.
L’umiltà di questo compito agli occhi della nostra civiltà non rende giustizia del suo immenso valore.
Ai volontari e ai bambini offro sempre questo avviso: se cerchi la verità troverai polvere e tempeste, moltitudini di cecchini. E pane e acqua. Se cerchi denaro troverai molti più amici di quanto non te ne offra la verità. Ma il denaro può comprare cose mutevoli ed effimere. La verità invece può garantirti ogni cosa che resta e non si deteriora. Prima fra tutte la gioia di essere liberi.
Gli eserciti e i fenomeni da baraccone creati per giustificare imprese di ladrocinio non resteranno un solo giorno nella storia come invece accadrà al nome e alle gesta di piccoli “eroi” dell'amore vero.
L'amore autentico per la verità resta nella storia mentre le gesta di mafiosetti della cultura e del potere prima o poi saranno spazzati via dalla corrente del tempo.
Il momento storico che stiamo vivendo è quello che oggi Platone non esiterebbe a definire “Gorgiano”: la classe politica media è ignorante e tende come direbbe Trasimaco, a compiere il proprio utile.
Per uscire da questo blocco non basta acculturare i cittadini. Occorre fornire loro strumenti di riscatto sociale e di rivalsa economica tali da renderli autonomi dallo stato di sudditanza.
Lavoro e cultura sono per questo dispensati con il contagocce, poiché fortificano la vera democrazia
Il principio della competizione sul quale si basa ogni aspetto del nostro sistema educativo-scolastico e ogni attesa della nostra società, va scardinato e completamente sradicato dalla mente dei nostri ragazzi: solo così, solo con un proposta basata sulla fratellanza, riusciremo a superare le crisi della famiglia e della società. La Città invisibile ha questo grande obbiettivo: rinnovare spiritualmente e mentalmente la società educando alla condivisione del bene e delle regole nel rispetto di sé e degli altri, e lo fa attraverso la Scuola di vita e orchestra Falcone Borsellino.
Questa era storica è l’età del cannibalismo mediatico indifferentista e falsificante. Alla base di questo fenomeno vi è l'egoismo e la povertà spirituale delle forze che predominano nella società. Forze che sono espressione massima d'ignoranza.
Solo una civiltà di ribelli potrà farci rinascere da questa oscura epoca.
Il «piccolismo»
È questo il nostro modo di vivere il rapporto con il mondo dei bambini, un approccio basato sull'immedesimazione e su quella che noi definiamo “pedagogia dell'amore”.
Il piccolismo è fondato sul principio secondo cui ogni bambino è l'atto di ciò che da adulto sarà in potenza. Significa che la realizzazione dell'essere umano è inversamente proporzionale alla sua crescita. Di cosa vi stupite?
Non vi ricordate quando il piccolo principe di Saint Exupery afferma che da bambini sappiamo tutto solo che poi da grandi dimentichiamo?
Il piccolismo è, per l'appunto, la teoria filosofica sottesa al romanzo Il piccolo principe. Chi volesse approfondirne i dettagli potrà leggere qualcosa in più nei tanti libri che sto e stiamo scrivendo alla Città invisibile. Libri viventi che sono i Bambini dell'orchestra Falcone Borsellino.
Il piccolismo è un pensiero del Cielo, un pensiero che favorisce il Cielismo ovvero la conoscenza della grazia e dell’incanto di Dio, creatore dei bambini e dei loro sogni, senza i quali la terra sarebbe un posto terribile in cui vivere.
Laddove si spengono i sogni dei bambini si rifiuta la luce e si diventa tenebra.
Noi invece abbiamo ammirato molti firmamenti nelle idealità di cui i bambini sono intrisi. E il duro lavoro di questi dieci anni, le bastonate e le lotte per difenderli, è stato ampiamente ripagato, in ogni istante, dalla loro scintillante bellezza. Un bene talmente unico e prezioso che nessuna somma di denaro potrà mai acquistare.
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2020-01-24 11:20:49
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