Proprio per motivi commerciali, ma con visto diplomatico, Perlasca si trova a Budapest l’8 settembre ’43. Alla data dell’Armistizio, rifiuta di aderire alla Repubblica Sociale, dichiarando la sua fedeltà al Re e venendo perciò internato in un campo riservato ai diplomatici.
Riesce a fuggire e cerca riparo presso l’ambasciata spagnola a Budapest, in quanto la città è ora sotto il controllo delle Croci Frecciate, i nazisti ungheresi. Ottenuto un passaporto spagnolo col nome di Jorge Perlasca, vista la sua partecipazione alla Guerra Civil, inizia a collaborare con l’ambasciatore, il quale è però costretto a tornare in Spagna: in quel momento, Perlasca sceglie di presentarsi come suo sostituto e di agire di conseguenza.
In questa veste fittizia e facendo leva su una legge spagnola del ’24, Giorgio/Jorge riesce a salvare più di 5mila ebrei ungheresi.
Tornato in Italia una volta finita la guerra, redige un memoriale che consegna alle autorità, da cui non avrà alcuna risposta, e per decenni non racconta nulla nemmeno alla sua famiglia. La sua storia è riscoperta solo nel 1987, quando delle superstiti riescono a rintracciarlo e divulgano le sue gesta.
In Italia la vicenda di Perlasca ottiene visibilità soltanto nel ’91, pochi mesi prima della sua morte, avvenuta il giorno di Ferragosto del 1992.
Nel ’97, il suo memoriale è stato infine pubblicato.
Per approfondire:
G. Perlasca, L’Impostore, Il Mulino, Bologna, 1997.
E. Deaglio, La banalità del bene. Storia di Giorgio Perlasca, Feltrinelli, Milano, 1991.
uploads/images/image_750x422_61f7dfa1d0fa6.jpg
2022-01-31 16:37:51
13