Ci sono giorni in cui splende il sole, il calore avvolge. Poi, d’improvviso, scende una prima goccia, una seconda, una terza. E arriva la pioggia. Capita che il sole continui a splendere o, in pochi minuti, nubi nere coprire il cielo ed arrivare persino la grandine. Come improvvisi temporali estivi, come tuoni a ciel sereno arrivano certe notizie. E anche se intorno a noi il cielo continua ad ostinarsi a rimanere uguale, caldo e sole avvolgerci, piomba il freddo, scendono lacrime come pioggia copiosa, si rabbuia l’orizzonte. E di fronte ad uno schermo nero, anche di una pagina bianca dell’editor, la tastiera diventa pesante, ogni tasto premuto un macigno.
Splende il sole, il calore avvolge. Poi, d’improvviso, scende una prima goccia, una seconda, una terza. E arriva la pioggia. Capita che il sole continui a splendere o, in pochi minuti, nubi nere coprire il cielo. E anche se intorno a noi il cielo continua ad ostinarsi a rimanere uguale, caldo e sole avvolgerci, piomba il freddo, scendono lacrime come pioggia copiosa, si rabbuia l’orizzonte. Cade la pioggia, una pioggia che riga i volti e bagna i cuori. Questi sono giorni tristi per il mondo ambientalista, per la legalità, contro ogni consorteria, innamorato della propria terra devastata (e per questo da difendere e per cui lottare), per migliaia di persone di ogni età, generazioni unite nel dolore e che hanno perso una persona familiare, un amico, un punto di riferimento, un uomo entrato nel cuore di tutti. Giuseppe Di Bello, uomo delle istituzioni che ne ha onorato il senso più alto e nobile e straordinario attivista ambientalista, si è fatto conoscere in tante parti d’Italia, ha condiviso battaglie, denunce, ha subito le ingiustizie senza mai fermarsi, lasciarsi zittire, senza mai cedere. Una storia la sua che ricorda grandi eroi, combattenti straordinari, uomini di giustizia, come Michele Liguori e Roberto Mancini. E come loro ha subito l’isolamento, i boicottaggi, le incomprensioni, è stato spesso abbandonato e tradito. Sabato scorso Giuseppe è salito al cielo, il suo percorso terreno si è improvvisamente spezzato. L’onda di commozione e dolore che ha accomunato tante associazioni, comitati, movimenti, cittadini, da tante parti d’Italia, è la testimonianza della sua storia, di quel che ha seminato, del solco che ha tracciato nelle vite di tanti e nel suo instancabile attivismo, nelle sue tenaci lotte per denunciare quanto accade nella sua terra. Subendo prezzi altissimi per aver onorato la divisa che indossava.
«Tutto è nato nel gennaio 2010 quando sul territorio documentai modifiche dei territori e inquinamento di acque e terreni, cose che scoprii con frequenti sopralluoghi e frequentando il territorio, così come sul territorio stesso avevo contatti con chi lo frequenta e abita ogni giorno» raccontò in un’intervista quattro anni fa. «Mi affidai ad un laboratorio privato ed evidenziai quel che non andava: i ciottoli alla riva dei fiumi avevano cambiato colore, cosa che accade solo con rifiuti petroliferi»,
proseguì nel racconto, e subì la denuncia da parte delle alte sfere delle istituzioni locali. Sulla stampa locale fu raccolta la denuncia riportando che le notizie provenivano dalla polizia provinciale, «l’articolo riproduceva una parte sostanziale della mia comunicazione all’autorità giudiziaria» raccontò nel 2020. Fu sospeso dal servizio e si ritrovò in un’altra mansione per dieci anni. Le denunce ricevute portarono in primo grado alla condanna «a 2 mesi e 20 giorni, i contratti di lavoro stabiliscono che per condanne inferiori ad un anno non è possibile licenziare e a me per molto meno hanno distrutto dieci anni di lavoro» sottolineò nell’intervista Di Bello.
«La Cassazione ha annullato ogni mia condanna nel 2015 e nel 2017. Già nel 2015 fu sancito che non c’è stato nessun interesse mio personale e nessun danno alla Pubblica Amministrazione e nel 2017 che c’è stata una mia condotta apprezzabile per far conoscere una importante questione di rilevanza sociale – l’amaro racconto di Giuseppe – Se nel 2010 si fosse dato seguito alle mie comunicazioni si sarebbe arrivati prima evitando così molti gravi danni ambientali».
«Con l’arrivo dell’emergenza coronavirus provarono a convincermi a chiedere un periodo di ferie ma io mi sono rifiutato, mi sono così trovato ad essere re-integrato nella polizia provinciale dopo dieci anni» proseguì il racconto nell’intervista dell’estate 2020.
«Quando andai a fare analisi e campionamenti la stampa locale riportò la notizia, e che avevo trovato valori superiori anche di mille volte di cancerogeni, e ho ricevuto una comunicazione per milioni di euro con richiesta di risarcimento danni» e dopo alcuni sequestri oltre la richiesta di risarcimento danni «era stato proposto alla polizia provinciale di licenziarmi» raccontò Giuseppe Di Bello nell’intervista condividendo una «riflessione “nuda e cruda”, in maniera diretta e senza fronzoli» su cosa accade quando «la compromissione è così forte, tanto da non vedere l’avvelenamento di acque e terreni».
La testata giornalistica Basilicata24.it, che con Giuseppe Di Bello ha condiviso denunce e lotte, anni di attivismo ed impegno civico, lo ha ricordato con questa breve poesia del sociologo e giornalista Michele Finizio, cofondatore della testata stessa:
«Chi ha coraggio si commuove, piange, chiede scusa. Chi ha coraggio è gentile, altruista, solidale. Chi ha coraggio ha paura, resiste, scavalca, combatte. Chi ha coraggio soffre, tollera, comprende. I coraggiosi affrontano il dolore accogliendolo come un amico che rientra dalle baldorie. I coraggiosi baciano, abbracciano e amano come affamati d’amore. I coraggiosi ti portano addosso fino a quando ti rialzi e sono sempre lì ad aspettare la tua assenza: quando avrai nelle mani il timone della tua vita».