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Arresto Messina Denaro, parla Ravidà: «Ho paura che possa accadere qualcosa di brutto in questo Paese»

by Paolo De Chiara
20 Gennaio 2023
in L'Opinione
Reading Time: 15 mins read
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- «L'arresto di Messina Denaro è una sceneggiata»

- Matteo Messina Denaro, parla Sonia Alfano: «La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia»

- Dopo l'arresto di Messina Denaro: «Faccia i nomi delle coperture politiche ed istituzionali che hanno garantito la sua latitanza»

 

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«L'arresto di Matteo Messina Denaro è strano, per determinati episodi che mi hanno lasciato perplesso». Dopo le parole di Sonia Alfano (“La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia”) e di Luciano Traina (“L’arresto di Messina Denaro è una sceneggiata”) abbiamo raccolto il punto di vista di Mario Ravidà, già commissario della Polizia di Stato.

 

Ma quali sono queste perplessità? «Baiardo è un mago, il nuovo mago Otelma. È andato a specificare anche le modalità di questo arresto, ha detto che si farà una arresto eclatante, specifica, parla di “regalino” in cambio della fuoriuscita dal carcere perché “sono giovani ed è giusto che escano”.

 

A chi si riferiva Baiardo, personaggio molto vicino ai mafiosi Graviano?

«Ma si riferiva a Berlusconi, è chiaro…»

 

Qual era il riferimento ai “giovani” in carcere?

«Si riferiva ai Graviano, perché è un uomo dei Graviano. Quello che risulta strano in questa storia è che un mafioso una cosa del genere non l'avrebbe mai detta. C'è qualcosa che sfugge e che non si capisce bene.»

 

Cosa sfugge?

«Hanno voluto far sapere all'esterno questo arresto eclatante che si doveva fare, che poi è successo con le modalità e i tempi che dice Baiardo. Ed è molto strano. Poi anche il modo con cui è stato preso…»

 

Può spiegare meglio?

«Era da solo, senza nessuno che faceva da scorta. Un boss di quel calibro non cammina così.»

 

Ritorniamo a Baiardo, perché certe cose non si possono dire?

«In Cosa nostra non funziona così.»

 

Qual è, allora, la ratio? Perché vengono pronunciate queste parole da Baiardo?

«Per un ulteriore ricatto.»

 

Cioè?

«Per dire “signori miei, noi diremo tutto. Come stiamo dicendo ora dell’arresto, se non ci accordate tutto

quello che abbiamo chiesto da tempo, perché vogliamo uscire dalla galera, noi diremo tutto. Siamo in grado di dire questo ed altro”. E allora c’è qualcosa dietro che, in questo momento, qualcuno deve avere paura.»

 

VIDEO ALL’INTERNO. Leggi anche: La «profezia» su Matteo Messina Denaro: «Tutto previsto»

 

In che senso?

«Se il Governo dovesse prendere posizione, cioè non accettare nessun tipo di accordo, per quanto riguarda l'abolizione dell’ergastolo ostativo, o perlomeno di trovare quelle condizioni che possono permettere l’uscita dal carcere, anche in permesso una volta ogni tanto, allora qualcosa può succedere, anche di brutto. Purtroppo. Speriamo che questo non possa accadere mai e che ci sia la fermezza da parte governativa, affinché si esce dal carcere quando finisce la pena. E se hai l’ergastolo ostativo te lo devi fare tutto. Se ciò non dovesse accadere ci troveremo di fronte al fallimento della lotta alla mafia che, forse, non c'è mai stata realmente.»

 

Che significa “può succedere qualcosa di brutto”?

«Il periodo stragista è finito nel momento in cui si arrestano gli stragisti, appunto i Graviano, Riina. E va in atto il patto, l'accordo, la trattativa che, come da sentenza, è stata riconosciuta. In uno Stato serio, che dice di non essere mai sceso a patti e di non aver avuto accordi, si dovrebbe suscitare, come dice Di Matteo, nell'opinione pubblica e in quelli che sono ai vertici delle istituzioni un risentimento. È morta gente. Non dobbiamo dimenticare che dopo la trattativa hanno fatto altre tre stragi e stavamo facendo un'altra strage eclatante di 500 carabinieri che, fortunatamente, non ha mai funzionato quel telecomando (Roma, Stadio Olimpico, gennaio 1994, nda).»

 

Non è finito il periodo stragista?

«Potrebbe ripetersi. Potrebbero cominciare a vendicarsi, come ha fatto Riina. Se non escono dal carcere temo possa succedere qualcosa di brutto, perché questi si vendicano. Non solo soli, fuori hanno ancora tutto il clan.»

 

È normale quel tipo di arresto? È normale non vedere le manette ai polsi di Matteo Messina Denaro?

«L’arresto di un latitante non si fa in questo modo. Specialmente se stiamo parlando del numero uno di Cosa nostra. Un arresto del genere lo fanno due o tre persone, in borghese. Poi altri cinque o sei persone danno la copertura nel momento in cui tu operi. In quel contesto c’erano cento uomini, hanno circondato tutto. E che dovevano fare? Quando prendevamo i latitanti, quando prendevamo i terroristi eravamo in due o tre. Li mettevamo in macchina e scappavamo subito.»

 

 

Ma le manette?

«Anche quello può essere frutto di un accordo. Non esiste che un boss del genere non abbia le manette. È stato anche rischioso da parte dei carabinieri portarlo senza manette. Accanto a lui ci sono persone armate, con la pistola nella fondina. In qualsiasi momento avrebbe potuto allungare la mano e prendere la pistola del militare. Ma non esiste proprio. Per una questione di sicurezza le manette si devono mettere.»

 

Quindi lei non condivide l'affermazione di qualcuno, tra cui il Procuratore di Palermo, che dice: “noi siamo uno Stato democratico e non ci abbassiamo al loro livello”?

«Assolutamente no, non la condivido sulla base della mia esperienza. Non è questione di abbassarsi al loro livello. È una questione di sicurezza. Se hai degli uomini che stanno operando con il Capo di Cosa nostra, uno stragista, uno che ha sciolto bambini nell'acido, che ha ammazzato bambini a Firenze, la bambina di 9 anni, vi preoccupate di non mettere le manette perchè non ci abbassiamo al loro livello? Ma tu devi tutelare, prima di tutto, gli uomini che stanno operando. E, quindi, è giusto che metti le manette a un criminale. E te lo porti con le manette.»

 

Chi decide se mettere o non mettere le manette?

«Il responsabile delle operazioni, colui che ha condotto le operazioni. Il più alto in grado dei carabinieri che stavano operando in quel momento.»

Ma perché Messina Denaro era senza manette?

«Sembrava che lo stavano accompagnando dal taxi, come dice Salvatore Borsellino. Il dottore De Lucia (procuratore di Palermo, nda) avrebbe detto che noi siamo uno Stato democratico, quindi dobbiamo fare vedere che siamo superiori a loro.

Ma per un personaggio del genere, che ha commesso stragi e quant'altro, la democrazia si mette da parte. Non è che lo dovevo frustare ma facevo il mio dovere di mettere le manette. Un timbro dello Stato.

Far vedere all'opinione pubblica la forza di un pezzo dello Stato, in questo caso i carabinieri che lo hanno ammanettato dopo trent'anni. Anche se è una sceneggiata».

Luciano Traina, WordNews.it, 19 gennaio 2023 - Clicca qui per leggere l'intervista integrale

 

Condivide l'affermazione di Luciano Traina (WordNews.it, 19 gennaio 2023): “L’arresto di Matteo Messina Denaro è una sceneggiata”?

«Sì, condivido. Per le forze in campo. A certi livelli non si opera così. Almeno abbiamo operato sempre così. Nel massimo silenzio e nella massima discrezione.»

 

 

 

 

NEI PROSSIMI GIORNI la TESTIMONIANZA DI MARIO RAVIDA’ sul “PALAZZO SCOMPARSO” in via D’Amelio dopo la Strage del 19 luglio del 1992.  

LEGGI ANCHE: 

- Viva l'Italia garantista (a corrente alternata)

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- «Ho partecipato alla cattura di Brusca, ma non credo più nello Stato»

- «In via D'Amelio ho visto l'inferno»

- Premio Nazionale Speciale Lea Garofalo 2022 a Luciano Traina

 

- Sonia Alfano: «Mio padre Beppe non è inferiore alle altre vittime di mafia»

- Un giornalista coraggioso

- Ma era ancora il Capo di Cosa nostra?

 

- La «profezia» su Matteo Messina Denaro: «Tutto previsto»

 

– Il pentito: «Matteo Messina Denaro è un pezzo di merda. Voglio parlare con Di Matteo»

 

- C'è un patto tra Stato e mafia? Per l'On. Aiello: «Non si vogliono guastare gli equilibri»

- Cimarosa: «I figli non possono pagare gli errori dei padri»

- «Le persone sono più coraggiose a Castelvetrano»

- «Abbiamo bisogno della vera Antimafia, non quella da passerella»

 

- Ci restano le monete

- La sagra dell'ipocrisia

 

- A cosa serve commemorare?

- 30 anni dopo: la benedizione sui candidati dei condannati per mafia

- Un Paese al contrario

 

L'INTERVISTA a Salvatore Borsellino

PRIMA PARTE. «Borsellino: «gli assassini di mio fratello sono dentro lo Stato»

SECONDA PARTE. «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»

TERZA PARTE. Borsellino «L'Agenda Rossa è stata nascosta. E' diventata arma di ricatto» 

 

L'INTERVISTA al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»

 

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Paolo De Chiara

FONDATORE e DIRETTORE WordNews.it - direttore@wordnews.it Giornalista Professionista, iscritto all’OdG Molise. Scrittore e sceneggiatore italiano. È nato a Isernia, nel 1979. In Molise ha lavorato con gran parte degli organi di informazione (carta stampata e televisione), dirigendo riviste periodiche di informazione, cultura e politica. Si dedica con passione, a livello nazionale, alla diffusione della Cultura della Legalità all’interno delle scuole. LIBRI: - Nel 2012 ha pubblicato «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta» (Falco Ed., Cosenza); - nel 2013 «Il Veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici» (Falco Ed., Cosenza, vincitore del Premio Nazionale di Giornalismo ‘Ilaria Rambaldi’ 2014); - nel 2014 «Testimoni di Giustizia. Uomini e donne che hanno sfidato le mafie» (Perrone Ed., Roma); - nel 2018 «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la schifosa 'ndrangheta» (nuova versione aggiornata, Treditre Ed.); - nel 2019 «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano» (Romanzi Italiani, finalista del Premio Internazionale “Michelangelo Buonarrori”, 2019). Dal romanzo «Io ho denunciato», nel settembre del 2019, è stato tratto un corto e un medio-metraggio (CinemaSet, vincitore Premio Legalità, Fiumicino 2019). È autore del soggetto e della sceneggiatura del corto e del medio-metraggio «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano», 2019 (Premio Starlight international Cinema Award, 77^ Mostra del Cinema di Venezia, settembre 2020). - nel 2022 «UNA FIMMINA CALABRESE» (Bonfirraro Editore). - nel 2023 «UNA VITA CONTRO LA CAMORRA» (Bonfirraro Editore). - Ha collaborato con CANAL+ per la realizzazione del documentario Mafia: la trahison des femmes, Speciàl Investigation (MagnetoPresse). Il documentario è andato in onda in Francia nel gennaio del 2014. Premio "Giorgio Mazzanti", San Salvo, 31 luglio 2025. Premio giornalistico letterario "Piersanti Mattarella", Roma, 30 novembre 2024. Premio Adriatico, «Un mare che unisce», Giornalista molisano dell’anno, Guardiagrele (Chieti), dicembre 2019. Premio Valarioti-Impastato, Rosarno (RC), maggio 2022. Premio Carlo Alberto Dalla Chiesa, San Pietro Apostolo (Catanzaro), agosto 2022. FONDATORE e PRESIDENTE di Dioghenes APS - Associazione Antimafie e Antiusura (dioghenesaps.it) - Ideatore, nel 2022, del Premio nazionale Lea Garofalo (giunto alla IV edizione). - Ideatore, nel 2025, del Premio nazionale Letterario e Giornalistico Pier Paolo Pasolini - www.dioghenesaps.com -- paolodechiara.blog

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