Il film documentario "Le chiavi di una storia – La comunità dell'Isolotto" di Federico Micali, sull’incredibile racconto della Comunità dell’Isolotto di Firenze, dalla contestazione del ‘68 alle attenzioni mediatiche da tutto il mondo con documenti rari d’archivio, è stato proiettato a Roma martedì 17 ottobre alle ore 19.00 al Cinema Farnese in Campo de’ Fiori.
La storia dell’esperienza fiorentina è stato lo spunto per parlare di comunità e marginalità dei quartieri, con uno sguardo particolare alle situazioni romane: guardare al passato per trovare nuove idee.
Ne hanno parlato Federico Micali, Alberto Severi, Giovanni Caudo e Flavia De Gregorio, con la moderazione di Francesca Severi.
Federico Micali, classe 1971, si è affermato grazie ai film documenti in cui sapientemente coniuga realtà e finzione sempre privilegiando la verità storica, a lui si devono opere quali “Looking For Negroni” (coprodotto da Rai Cinema), il documentario “Firenze sotto vetro” (con Pablo Benedetti) e soprattutto il film “L’Universale” (ispirato alla storia del popolare cinema di Firenze), con Francesco Turbanti, Matilda Lutz, Claudio Bigagli e Maurizio Lombardi.
La sua filmografia comprende molti documentari che hanno avuto un’ampia diffusione cinematografica ed editoriale: tra questi “Genova senza risposte” (girato durante il G8 di Genova del 2001 e distribuito in pellicola 35mm), “Firenze Città aperta” (sul social forum europeo del 2002), “Nunca Mais” (il film sul disastro ecologico della petroliera Prestigie in Galizia), “99 Amaranto” (su Livorno e il suo riflesso nel calcio di Cristiano Lucarelli) e “L’Ultima Zingarata, con la partecipazione di Mario Monicelli e Gastone Moschin.
Le chiavi di una storia – La comunità dell’Isolotto
Il film racconta la storia della Comunità attraverso una serie di testimonianze e l’uso di materiali di repertorio – molti dei quali mai utilizzati fino ad oggi – conservati presso l’archivio della Comunità stessa.
C’è stato un momento in cui il quartiere popolare dell’Isolotto di Firenze è stato al centro dell’attenzione mediatica mondiale: la contestazione del ’68 si era allargata per la prima volta alla chiesa dove un’intera comunità stava praticando le idee del Concilio Vaticano secondo, per una chiesa aperta e senza potere.
E l’Isolotto, quartiere popolare ed operaio nato solo pochi anni prima, era il luogo perfetto in cui coltivare legami nuovi e obiettivi comuni. Ma questi ideali trovarono una forte opposizione da parte dei vertici ecclesiastici, tanto da far decretare l’estromissione del parroco (Enzo Mazzi) e provocare una reazione del quartiere capace di iniziare un’inedita esperienza di autogestione orizzontale, e attenta alle disuguaglianze del mondo. Un’esperienza comunitaria cominciata in chiesa e proseguita nella piazza per oltre trent’anni, ed arrivata fino ad oggi, fuori dal “dominio del sacro”, e arricchita da molteplici iniziative sociali.
Era il 1954 quando furono consegnatele le chiavi di circa mille appartamenti realizzati nell’ambito di un progetto che interessava la riva sinistra dell’Arno, di fronte al parco delle Cascine: nasce così il quartiere dell’Isolotto di Firenze, la “città-satellite”, come definita dal sindaco La Pira. In un terreno fino ad allora abbandonato le nuove case furono assegnate a gruppi eterogenei di persone: profughi dell'Istria, impiegati, operai della Galileo e altre fabbriche fiorentine, sfollati e sfrattati, immigrati dal sud Italia.
Principio cardine di questo nuovo quartiere era la diversità, quella stessa diversità su cui si erigerà la storica comunità dell'Isolotto che si è battuta per veder riconosciuti i diritti di tutti, guidata dal "prete ribelle" Don Mazzi (Enzo per la comunità).
In un racconto corale, la voce degli stessi protagonisti, ritmata dalle immagini di repertorio, ci riporta indietro nel tempo e ci fa rivivere i momenti cardine che hanno infiammato il decennio degli anni '60, le lotte di chi ha combattuto per cambiare e trasformare le istituzioni e aprire un dibattito politico e sociale sul fare comunità.
Il docufilm “Le chiavi di una storia – La comunità dell’Isolotto”, presentato in prima nazionale al 63° Festival dei Popoli ha incontrato molto interesse nella critica e nel pubblico tanto da essere avviato ad una serie di proiezioni (recentemente hanno superato le 70). In seguito alla calorosa accoglienza del pubblico internazionale ricevuta durante l’anteprima, il film è in fase di traduzione in inglese, spagnolo e catalano per future proiezioni in tutta Europa.
Le chiavi della storia della Comunità dell’Isolotto? un’identità per il bene comune
Negli anni 1990-2000 la comunità accolse le riflessioni del pensiero femminista nelle sue molteplici declinazioni, comprese quelle della ricerca teologica.
In occasione del Social Forum Europeo del 2002 la comunità volle credere nella partecipazione e nell’accoglienza, contrastando la paura ad un anno dai fatti di Genova. In Piazza Santa Croce don Enzo Mazzi, insieme ad altri, diede il benvenuto a migliaia di persone arrivate da ogni dove. Fece proprie alcune importanti battaglie per i diritti fondamentali della persona umana, esprimendo concreta vicinanza a Pier Giorgio Welby e a Beppino Englaro.
Dopo la morte di Enzo Mazzi nel 2011 e di Sergio Gomiti nel 2020, la Comunità ha continuato a ritrovarsi ogni domenica per l’assemblea eucaristica non più nella piazza dell’Isolotto, lasciata nel 2005 dopo quasi 40 anni, ma alle ex-baracche verdi di via degli Aceri, anche sede dell’Archivio Storico della Comunità, dichiarato nel 2004 di “particolare interesse storico” dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Facendo rete con altre realtà gestisce la sede delle ex-baracche verdi come “bene comune” e, prendendo stimolo dal messaggio del Vangelo e di ogni altra fonte di saggezza, cerca una società in cui abiti la fratellanza, la solidarietà, l’inclusione e i diritti di tutte le persone, la nonviolenza, la pace, la sobrietà e la salvaguardia del pianeta.
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2023-10-18 11:41:47
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