La sentenza di primo grado.
2.1. La Corte di assise di Palermo, con sentenza emessa in data 20 aprile 2018 all'esito del dibattimento di primo grado, ha:
– dichiarato Leoluca Biagio Bagarella e Antonino Cinà colpevoli del reato di minaccia aggravata e continuata, commesso in Palermo, Roma e altrove dal 1992 in poi, e come loro ascritto al capo A) della rubrica;
– dichiarato, altresì, Giuseppe De Donno, Mario Mori e Antonio Subranni colpevoli del reato loro ascritto al medesimo capo A) della rubrica, esclusa la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 2 cod. pen., limitatamente alle condotte contestate come commesse sino al 1993; ha assolto, ai sensi dell'art. 530 cod. pen. pen., gli imputati dal reato ascritto al capo A) della rubrica per le condotte contestate come commesse successivamente al 1993 per non avere commesso il fatto;
– dichiarato Marcello Dell'Utri colpevole del reato ascrittogli al capo A) della rubrica, limitatamente alle condotte contestate come commesse nei confronti del Governo presieduto da Silvio Berlusconi (e, dunque, successive all'I l maggio 1994) e ha assolto l'imputato per le condotte contestate come commesse nei confronti dei Governi precedenti a quello presieduto da Silvio Berlusconi per non avere commesso il fatto; condannato Leoluca Biagio Bagarella alla pena di anni ventotto di reclusione; Antonino Cinà, Marcello Dell'Utri, Mario Mori e Antonio Subranni ciascuno alla pena di anni dodici di reclusione; Giuseppe De Donno Massimo e
Ciancimino ciascuno alla pena di anni otto di reclusione;
– condannato tutti gli imputati al pagamento delle spese processuali e alle pene accessorie di legge (dell'interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e dell'interdizione legale durante l'espiazione della pena);
– condannato gli imputati, in solido tra loro, al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, Presidenza del Consiglio dei ministri (liquidati in complessivi euro 10.000.000,00), e in favore delle altre parti civili Presidenza della Regione Siciliana, Comune di Palermo, "Centro studi e iniziative culturali Pio La Torre" e "Libera Associazione, nomi e numeri contro le mafie", nella misura da liquidarsi dal competente giudice civile; dichiarato, ai sensi degli artt. 157 e segg. cod. pen., 69, 129 e 531 cod. pen. pen., di non doversi procedere nei confronti di Giovanni Brusca, previa concessione della circostanza attenuante speciale prevista dall'art. 8 D.L. 13 maggio 1991 n. 152 (attualmente art. 416 bis. 1, terzo comma, cod. pen.), perché il reato contestato era estinto per intervenuta prescrizione e nei confronti di Salvatore Riina perché il reato contestato era estinto per morte del reo.
2.2. La Corte di assise di Palermo, in particolare, ha accertato che una prima interlocuzione tra gli esponenti del R.O.S. e gli esponenti apicali di "cosa nostra" ebbe inizio subito dopo l'omicidio Lima, nell'estate del 1992 e, dunque, sotto il Governo Amato, ma che il delitto di cui all'art. 338 cod. pen. si sarebbe consumato nel novembre del 1993, quando la minaccia mafiosa sarebbe pervenuta a conoscenza del Ministro di grazia e giustizia dell'epoca, Giovanni Conso, che si sarebbe determinato a lasciar decadere, senza rinnovarli, 334 provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 41-bis, secondo comma, ord. pen. dai vertici del D.A.P. (C.d. 41-bis delegati).
Una seconda interlocuzione o «trattativa», nel corso della quale sarebbe stato «veicolato» il «ricatto mafioso» sarebbe intervenuta, invece, nel 1994, una volta insediatosi il Governo Berlusconi e, in particolare, in due incontri di Mangano con Dell'Utri, il primo tra giugno e luglio del 1994 e il secondo nel dicembre 1994.
La Corte di assise di Palermo ha, inoltre, ritenuto che rispondono a titolo di concorso di persone nel reato di violenza o minaccia a un corpo politico pluriaggravato, sia gli esponenti di vertice di "cosa nostra", per avere formulato e inoltrato al Governo della Repubblica richieste finalizzate al conseguimento di benefici a favore dell'organizzazione mafiosa, in cambio della cessazione della strategia violenta, sia gli ufficiali dei carabinieri del R.O.S. nonché, Dell'Utri, per avere svolto il ruolo di istigatori e/o agevolatori, sollecitando o aiutando i "boss" mafiosi a formulare e inoltrare le richieste predette.
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2023-11-18 07:45:12
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