Il mio pensiero sullo speciale di ‘Porta a Porta‘ l’ho già espresso su Speciale ‘Porta a Porta’ sulle vittime di mafia. Oggi approfondiamo una parte più interessante, quella di Nino Di Matteo.
Parlando della mafia ancora esistente dopo la morte di Matteo Messina Denaro, il sostituto procuratore della DNA Nino Di Matteo risponde così:
“Lo dico sulla base dell’esperienza e della conoscenza della storia della mafia, di cosa nostra in particolare. Che è una storia fatta di corsi e di ricorsi in cui i periodi di attacco frontale alle istituzioni si sono alternati con periodi in cui la mafia ha preferito adottare delle tecniche e delle strategie diverse di sommersione, di minore clamore, così come viviamo da molti anni questa fase. Ma ripeto, non mi sento di poter dire che cosa nostra per sempre abbia abbandonato la strategia stragista. Ci sono ancora dei cinquantenni, dei sessantenni che sono stati condannati anche per le stragi del ’92 e del ’93 che non credo che si rassegnino a morire in carcere. Non voglio fare e non sarebbe serio fare previsioni. Ma ripeto, la storia ci dovrebbe insegnare un po’ di prudenza nell’affermare che per sempre la mafia delle stragi è finita.”
Parlando di quando si è occupato della morte del dirigente del PCI Pio La Torre:
“Mi ha colpito molto un dato, naturalmente ho studiato l’attività politica dell’onorevole La Torre. Una relazione in particolare mi ha colpito, la relazione di minoranza della Commissione parlamentare antimafia del 1976 primo firmatario Pio La Torre, in cui c’erano i nomi, i cognomi, i fatti, le prove, le circostanze delle collusioni tra gli allora nastri nascenti corleonesi e il potere siciliano politico, imprenditoriale e finanziario. E quei nomi ancora non erano nelle sentenze della magistratura ma neppure nei rapporti di polizia e carabinieri. Ecco lì ho capito una cosa, ho capito, così come è stato per Piersanti Mattarella da parte democristiana, che c’erano uomini politici che stavano veramente in prima linea, che sapevano con la loro azione di denuncia precedere l’azione della magistratura. E mi lasci dire una cosa. Oggi questa politica antimafiosa da un po’ di tempo a questa parte è scomparsa. Oggi quando c’è la possibilità di indagare una situazione di rapporti eventuali tra la mafia e la politica tra la mafia e il potere, assistiamo a due tipi di reazione. Da una parte c’è chi grida al complotto della magistratura; dall’altra parte, e forse mi preoccupa di più, c’è chi afferma sempre ‘Aspettiamo le sentenze definitive della magistratura’. Questo può diventare un alibi perché confonde due tipi di responsabilità: quella penale e quella politica che dovrebbero essere indipendenti. Di fronte a fatti e situazioni accertati io penso che la responsabilità politica, questo ci hanno insegnato La Torre e Mattarella, dovrebbe scattare prima e prescindere dell’affermazione definitiva della responsabilità penale.”
Parlando della sentenza sul processo della Trattativa Stato-Mafia afferma così:
“Mentre ci sono le stragi, una parte dello Stato cerca Riina per capire cosa volesse per far cessare quella strategia appena iniziata e questo è un dato innegabile. Ma questo non lo dice soltanto la sentenza di condanna né quella di assoluzione né la Cassazione: per primo questa versione l’ha data il generale Mori che ha detto di essere andato da Ciancimino e avere pronunciato queste parole: ‘Non si può parlare con questa gente? Cosa è questo muro contro muro tra lo Stato e la mafia? Cosa vogliono questi per far cessare le stragi?’ e ha anche detto che al successivo incontro Ciancimino disse che avevano accettato il dialogo. Noi sappiamo, dal pentito Brusca e da altri, che Riina era molto contento di questa interlocuzione diretta con lo Stato. E questo avveniva nel ’92 e nel ’93 cosa nostra ha organizzato ed eseguito delle stragi assolutamente anomale nella storia dell’organizzazione mafiosa: quelle di Roma, Firenze d Milano. I vertici importanti dello Stato, ricordo in quel momento per esempio il presidente della commissione antimafia dell’epoca che era un grande esperto in materia, parlò di bombe del dialogo. Questi dono dati di fatto. Quelle interlocuzioni non fecero cessare le stragi. Le stragi continuarono”.
immagini prese dal web
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«Credo che l’opinione pubblica abbia non soltanto il diritto ma, oserei dire, il dovere di essere informata sui processi che sono stati celebrati e che non vengono raccontati dalla grande stampa. L’opinione pubblica deve essere informata e chi ha un ruolo all’interno dello Stato, della magistratura e delle forze di polizia, ha il dovere di non fermarsi.»
Nino Di Matteo
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