La riforma delle province era uno dei punti cardini del programma elettorale del Presidente della Regione Renato Schifani. Ma il Parlamento siciliano, dopo la richiesta del voto segreto da parte delle opposizioni più Gianfranco Miccichè (13 in totale e ne servivano sette per regolamento), ha votato in maniera contraria con ben 40 voti contrari e 25 favorevoli. Il governatore con la sua giunta era presente in aula, quando per la Finanziaria e quindi per la legge più importante della Regione il governatore era assente, per dimostrare la loro forza e invitare i loro deputati a fare altrettanto. Ma la missione è fallita miseramente.
Dalla diretta dei lavori d’aula si vede la sorpresa e lo sgomento del Presidente dell’Assemblea Gaetano Galvagno, in quota fratelli d’Italia, che esclama “imbarazzante”. La votazione è avvenuta solamente dopo pochi minuto dall’inizio della discussione sul punto all’ordine del giorno. Subito dopo la votazione contraria all’articolo 1, e che quindi affossa tutta la legge, il presidente Galvagno si è fatto sostituire dal suo vice Nuccio Di Paola, in quota ai 5 stelle, ed insieme al governatore Schifani, il vicepresidente della Regione Luca Sammartino e il coordinatore siciliano di Forza Italia Marcello Caruso si sono riuniti immediatamente a Palazzo d’Orleans. Facendo qualche conto i voti che sono mancati alla maggioranza sono stati 13. Si vocifera siano suddivisi tra fdi, FI e Lega da parte di qualcuno che pare sia rimasto a bocca asciutta dalla spartizione della Sanità e sulle eventuali candidature alle provinciali. Voci di corridoio affermano, però, che pure il Pd sembra abbia avuto qualche franco tiratore. Da qui si è mostrata la spaccatura all’interno della maggioranza con le opposizioni che chiedevano le dimissioni immediate.
Il governatore ha fatto capire fin da subito che non si sarebbe dimesso. E quindi nella mattinata di ieri ha avuto un vertice con il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno a Palazzo dei Normanni. Alla fine è stata resa pubblica una nota dal presidente dell’Ars dove afferma che
“continua ad emergere un solido rapporto tra le due istituzioni, a differenza di quanto è accaduto, spesso, nel passato più o meno recente. A proposito del voto di ieri sulle Province si è convenuto sul fatto che la mancanza dei voti necessari per l’approvazione del disegno di legge fosse imputabile a più forze politiche e non a un solo gruppo parlamentare. Sia il presidente Schifani che il presidente Galvagno hanno espresso il proprio rammarico per il fatto che i deputati che hanno votato contro il ddl non abbiamo manifestato il loro intendimento prima del voto d’Aula, fornendo invece ampie rassicurazioni al presidente della Regione, poi smentite dai fatti. I due presidenti hanno anche concordato sul fatto che incidenti di questo tipo non sono più accettabili a maggior ragione su temi che rappresentano i pilastri del programma di governo. Il presidente Schifani ha comunicato al presidente Galvagno che, nel caso in cui fatti del genere dovessero ripetersi, verranno assunte decisioni politicamente importanti”.
Fin da subito dopo le votazioni non sono mancate le reazioni.
Per Stefano Pellegrino, presidente dei deputati di Forza Italia:
“I siciliani hanno perso oggi una grande opportunità per ridare dignità e rappresentanza istituzionale alle ex Province, che ormai da anni, dopo una scelta scellerata del governo Crocetta, versano in stato di gravissima crisi in termini di servizi per i cittadini e i territori. Non può che dispiacere che una norma di alto valore istituzionale sia stata bocciata, trincerandosi dietro scuse false come quella che si sarebbe trattato di una mossa pre-elettorale. Ad essere uscita oggi sconfitta da Sala d’Ercole è la democrazia e la rappresentanza democratica dei siciliani, che dovranno continuare a subire i danni della cancellazione degli enti di area vasta”
Per Giorgio Assenza, capogruppo di FDI all’Ars:
“Quella scritta oggi da quest’aula non è una bella pagina. A questo punto occorre riflettere seriamente sull’opportunità di mantenere il voto segreto su qualsiasi ambito. Assumo l’impegno di proporre una norma che tenda a modificare questa vergogna e questa assurdità . Con questo sistema, infatti, chi non ha il coraggio di mettere la faccia sulle proprie scelte si trincera dietro al voto segreto. A questo punto bisogna fare cessare l’era dei commissari alle ex Province. Esiste una legge in vigore che prevede le elezioni di secondo livello, si proceda con quanto previsto. Dobbiamo ripristinare un minimo di democrazia in questi enti procedendo con il sistema elettorale previsto dalla legge Delrio”
Per i democristiani Totò Cuffaro, Carmelo Pace e Ignazio Abbate:
“Nel programma di Schifani è scritto a chiare lettere che i protagonisti del voto devono essere i cittadini e questo è quello che prevedeva la riforma bocciata oggi, che tornerà presto in aula”.
Per Cateno De Luca, leader di Sud chiama Nord:
“la bocciatura del disegno di legge sul voto diretto nelle Province in Sicilia rappresenta l’ennesima sconfitta, per il governo di Renato Schifani, nel giro di pochi giorni. L’Assemblea, con il voto segreto richiesto dal nostro gruppo e che ha visto 25 favorevoli e 40 contrari, al mantenimento dell’art. 1 della norma, ha bocciato la norma sulla elezione diretta per le province mettendo in evidenza una maggioranza che è andata sotto. Avevamo invitato il presidente Schifani a un confronto costruttivo su un anno di attività, ma purtroppo la sua presenza oggi sembra essere stata ancora una volta sfortunata per la sua stessa maggioranza. Lo avevamo detto all’inizio dei lavori che la sua presenza Presidente non avrebbe portato bene. È evidente che l’atteggiamento intimidatorio del presidente Schifani non ha sortito gli effetti sperati. La sua presenza in aula sembra aver contribuito alla disgregazione della sua stessa maggioranza. È giunto il momento di voltare pagina e di scegliere un presidente degno di questo nome. Alla luce di quanto è successo il presidente Schifani non può che dimettersi. C’è di mezzo la credibilità della Sicilia. D’altronde lui stesso aveva affermato entrando in aula che si sarebbe dimesso in caso di voto negativo, sia coerente e si dimetta”.
Per i pentastellati Antonio De Luca e Nuccio Di Paola:
“Lo schiaffone a Schifani sulle Province si è sentito fino a Roma e non può non avere conseguenze. Questo governo deve andare a casa. Si tratta di un risultato anche più clamoroso di quello che immaginavo, anche se avevo sottolineato che questo ddl non era condiviso nemmeno dalla sua maggioranza ma Schifani ha avuto l’arroganza di presentarsi in aula e prendere in diretta questa sonora batosta sulla legge che porta la sua firma. Ora tragga le dovute conseguenze e si dimetta, anche perché questa è l’ennesima dimostrazione che questo governo non ha più maggioranza né in aula né fuori da essa. ll Parlamento regionale ha sfiduciato palesemente per la seconda volta il presidente Schifani presente in aula. La prima volta con il disegno di legge che salvava gli ineleggibili, ed oggi con l’altro suo cavallo di battaglia ovvero la restaurazione delle province regionali e delle relative poltrone. Se fossi il Presidente Schifani trarrei le dovute considerazioni da questa ennesima bocciatura. La maggioranza di destra non esiste più e non rappresenta i siciliani”.
Per i dem:
“Ad una settimana dal tonfo sul ddl salva ineleggibili il centrodestra si sgretola nuovamente sulla riforma delle Province. L’immagine del governo che fugge dall’aula subito dopo il ko è la rappresentazione plastica di una maggioranza totalmente allo sbando. Il voto di oggi all’Ars era una morte annunciata. Adesso bisogna pensare alle elezioni di secondo livello nelle Province. La maggioranza è rimasta vittima delle sue stesse forzature”. Giambona ha aggiunto: “La maggioranza oramai va sistematicamente sotto in tutte le votazioni. Bisogna prendere atto che questo Parlamento ha un’altra maggioranza che sicuramente non è a sostegno del governatore siciliano”. Cracolici spiega: “Il centrodestra pensa che vincere le elezioni voglia dire comandare, su questa strada saranno sempre sconfitti. Quando si smarrisce il senso della funzione istituzionale c’è chi pensa di poter fare quello che vuole, così come è successo all’Ars con la bocciatura della riforma delle province: un ddl che, come più volte abbiamo detto, non aveva né capo né coda. Nel centrodestra c’è uno scontro per il comando e non sulle soluzioni da dare ai problemi della Sicilia. O questa maggioranza si ferma e capisce che ha il ‘dovere di governare la Regione’ e non il ‘diritto di comandarla’, o andremo tutti a sbattere perché lo scontro politico si inasprirà sempre di più”.
Per Gianfranco Miccichè
“Era scontato che finisse così”
immagine di copertina presa online
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