Come si fa a concludere il processo per il delitto di Ida e Nino Agostino con le condanne solo per i mafiosi?
Sono anni che sentiamo dire ad organi della Magistratura che per scoprire le collusioni Istituzionali ci vorrebbe un “pentito di stato”!
Ma scusate e cosa sono Gioacchino GENCHI, Michele RICCIO, Carlo PULICI, Saverio MASI e tantissimi altri magari meno noti tra cui lo scrivente, che hanno subito denunce, arresti, destituzioni, interrogatori, persecuzioni Giudiziari a tutti i livelli solo per cercare di screditarli e calunniarli?
Questi sono uomini che sono stati “massacrati” e che non definirei “pentiti di Stato” ma “onesti di Stato” e che per il sol fatto di aver denunciato un sistema che difende i collusi e i complici delle Istituzioni in relazione alle stragi e gli omicidi eclatanti dove avrebbero partecipato uomini dello Stato che hanno “ritardato e omesso” atti e azioni che avrebbero dovuto essere obbligatori per legge e nessuno dei loro colleghi li ha mai inquisiti o perseguiti.
Quello che oggi fate con l’inquisizione di qualche Magistrato che andava arrestato in tempi in cui accadeva i fatti, non vi assolve!
Nino Agostino era un mio collega come lo erano tutti quelli che hanno sacrificato la loro vita, credendo di servire uno Stato che combatteva mafia e loro collusi e che, invece, ci andava a “braccetto“.
Non vi permetto, oggi, di continuare a condannare solo i mafiosi proteggendo chi non deve essere protetto e che non è stato mai inquisito.
Chi è l’uomo a capo della Criminalpol Nazionale che ha voluto l’arresto di PIETRO SCOTTO impedendo a GENCHI di continuare ad indagarlo per scoprire i collusi di Stato?
Per caso è lo stesso che si mandò a chiamare Al Ministero il Dott. Rino GERMANA‘ prima di essere trasferito a Mazzara del Vallo dove subì l’attentato da parte di Brusca, Bagarella e Matteo Messina Denaro?
DI SEGUITO VI RIPORTO PARTE DELLA TESTIMONIANZA DI GENCHI AL PROCESSO PER L’OMICIDIO DI IDA E NINO AGOSTINO NEL CASO VI SIETE DIMENTICATI DI TALE DEPOSIZIONE:
gli approfondimenti mancati e la porta sbattuta in faccia a La Barbera
L’ex consulente informatico però non riuscì a raggiungere una conclusione sulla spiegazione dei contatti fra l’utenza di Scotto e quella del Castello Utveggio perché se ne andò sbattendo la porta dal gruppo di indagine sulla strage di via d’Amelio dopo una forte discussione con il capo della Squadra Mobile Arnaldo La Barbera proprio in merito alle indagini.
-Lasciai bruscamente il gruppo di indagine nei primi di maggio del 1993 quando arrivò una direttiva da parte del ministero degli Interni, dall’allora direttore della Crminalpol, di chiudere le indagini, avviare il fermo di Pietro Scotto, che era oggetto di indagini dai buoni risultati (venne condannato in Corte d’Assise nel primo processo sulla strage e poi assolto, ndr). L’indicazione era provvedere al fermo di Pietro Scotto. E’ stato, oserei dire, criminale, bloccare questa attività d’indagine accelerando questo fermo-,
ha spiegato Genchi sostenendo che si sarebbero potuti fare ulteriori accertamenti su Scotto che avrebbero potuto ampliare determinati scenari.
“Il dottor Arnaldo La Barbera (che era d’accordo con l’accelerazione del fermo, ndr) mi disse chiaramente ‘tu sarai promosso per merito straordinario e io pure, abbiamo la carriera assicurata’ perché si faceva forte del fatto che erano state depositate le motivazioni della sentenza del Maxi-processo, in cui si addebitava tutto a Cosa Nostra col teorema della cupola. Ci fu uno scontro durissimo con La Barbera per questo”,
ha spiegato Genchi. Una lite che fece interrompere il lungo rapporto professionale e di amicizia intercorso tra i due.
“Il rapporto con La Barbera non era solo professionale, era un rapporto di profonda amicizia, aveva trasferito la residenza a casa mia”,
ha ricordato l’avvocato Genchi.
“Io ho condiviso tutta la mia carriera, la mia esistenza per quell’indagine in cui mi sono trovato catapultato su due stragi che ho vissuto in prima persona. Questo mi portò a una riflessione durissima. Io ho avuto la percezione netta che si volessero accelerare le indagini in una certa direzione per non svolgerle nella direzione dell’effettiva individuazione dei responsabili”.
Il teste ha spiegato che quella tra lui e La Barbera
“non era una divergenza investigativa. La Barbera mi disse chiaramente ‘la chiudiamo qua, facciamo il sacco’”.
Non a caso La Barbera, che poi si scoprirà essere appartenente ai servizi segreti (nome in codice “Rutilius”) fu una delle menti che orchestrò il depistaggio delle indagini sulla strage di via d’Amelio. Ad ogni modo, ha raccontato Genchi,
“quel giorno, il 5 maggio 1993, finì la mia carriera nella Polizia di Stato”…
SUBITO le vere indagini sui veri responsabili con i rinvii a giudizio per chi è ancora in vita da parte delle Istituzioni, facendo un giusto processo dove sono inclusi tutti gli episodi che vanno dalle stragi, agli omicidi, ai falsi suicidi, alle mancate catture di capi mafia, alle mancate perquisizioni e tanto, tantissimo altro, che sono tutti episodi collegati e collegabili e nessuno mai lo ha fatto.
Fate immediatamente il vostro dovere nel nome dei morti che gridano vera giustizia e verità non distorta per coprire i collusi di Stato.