Nel freddo di Roma, all’alba d’inverno,
un uomo cammina, lo sguardo è eterno.
Portato al rogo, legato al destino,
sussurra all’universo un canto divino.
La mordacchia spegne la voce ribelle,
ma non il pensiero, che vola tra stelle.
Non teme le fiamme, non china il capo,
nel fuoco si scioglie, ma resta intatto.
“Siete più deboli voi, che condannate,”
dice al giudice che lo ha incatenato.
Perché la verità non si può spegnere,
brucia nel vento e continua a vivere.
Il cielo lo ascolta, la terra trema,
la mente dell’uomo si scioglie in poema.
E mentre le ceneri il vento disperde,
l’infinito lo accoglie, e il mondo si perde.
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