“Una storia in chiaroscuro” non è solo un romanzo. È un atto d’accusa in forma letteraria. È un racconto di formazione, una cronaca familiare e, allo stesso tempo, una denuncia sociale che ci riporta a un’Italia marginale, dolente, mai del tutto raccontata. Nina Giordano, con una scrittura insieme raffinata e implacabile, dà voce a chi la voce non l’ha mai avuta.
Al centro della narrazione c’è Sissi , una donna che attraversa il romanzo ricostruendo – passo dopo passo – il mistero che ha segnato la sua infanzia: la morte del padre Giovanni , vittima silenziosa di un sistema che intreccia mafia, povertà, emigrazione e tradizione familiare. Accanto a lei, Lena , madre resiliente, simbolo di quella generazione di donne che hanno retto il peso della miseria, del silenzio e della vergogna, senza mai piegarsi del tutto.
Il romanzo si apre come una vicenda privata, ma presto si allarga fino a diventare un affresco collettivo , capace di ripristinare la dimensione storica dell’emigrazione italiana in Sud America, in particolare in Argentina. Qui, tra le pagine, Giordano ricostruisce con precisione e pathos il dramma degli emigrati trattati come merce umana, incastrati in una rete di interessi che ha arricchito pochi e distrutto molti.
Il personaggio dello zio Ciccio , figura torbida e archetipica, incarna quella criminalità sommersa e familista che si alimenta di omertà e ricatto emotivo. È la mafia che si traveste da benefattrice, che controlla i destini altrui con il sorriso, lasciando alle vittime solo il peso della vergogna.
Lo stile dell’autrice è molto accessibile, lirico nei passaggi più intimi e duro quando serve. Le parole di Nina Giordano sembrano farsi carne nelle voci di chi ha perso tutto eppure continua a resistere. C’è una tensione etica costante, una scrittura civile che non si limita a raccontare ma interroga, pungola, invita alla responsabilità.
La scelta di un’ambientazione che si muove tra Sicilia, Roma, Nord Italia e l’Argentina dà al romanzo un respiro internazionale, pur mantenendo fortissimo l’ancoraggio alle radici italiane. La trama è costruita come un mosaico: lettere, testimonianze, ricordi, diario. Ogni frammento si incastra fino a comporre un quadro finale che commuove e, soprattutto, fa pensare.
“Una storia in chiaroscuro” è un libro necessario. Perché mette in luce ciò che è stato volutamente lasciato nell’ombra. Perché fa giustizia, almeno narrativa, a chi è stato dimenticato. E perché ci ricorda, con sobrietà e forza, che la verità non può restare sepolta per sempre.
Un romanzo che va letto, discusso, fatto circolare. Perché parla di noi.