L’azione del 7 ottobre 2023 ha causato 1.400 vittime
La reazione schifosa e spropositata di Israele ha portato alla morte di 50mila persone, tra cui 20mila bambini.
Il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato all’unanimità l’espansione dell’offensiva militare nella Striscia di Gaza. Una decisione che arriva dopo mesi di bombardamenti indiscriminati, ospedali rasi al suolo, bambini massacrati, popolazione civile annientata.
A Gaza si muore sotto le bombe, sotto i crolli, sotto la fame.
Si muore anche sotto l’indifferenza.
La catastrofe umanitaria è un disastro morale, uno sprofondo della coscienza collettiva. Ed è ancora più inquietante se a perpetrare tutto questo è uno Stato nato sulle ceneri della Shoah.
Israele, che dovrebbe essere il custode della memoria dell’Olocausto, ha smarrito il senso della propria origine. Il grido universale del “mai più” è stato seppellito sotto le macerie.
Che cosa avete imparato da quell’orrore?
Dopo il genocidio, dopo Auschwitz, dopo le marce della morte, non doveva più accadere. E invece oggi accade. 50.000 morti. Per la metà donne e bambini.
E uno Stato che pretende impunità, spalleggiato da una comunità internazionale complice o codarda.
Chi denuncia tutto questo non è antisemita. È umano.
È fedele alla lezione dei sopravvissuti dei campi di sterminio. È fedele a Primo Levi, che ci ha lasciato in eredità parole pesanti come macigni: “È avvenuto, quindi può accadere di nuovo.”
Il paradosso tragico è che oggi l’orrore lo infligge proprio chi lo ha conosciuto. Non serve la camera a gas: bastano l’accerchiamento, la privazione di acqua, cibo, cure, libertà.
Bastano le bombe. Bastano i silenzi.
Se uno Stato nato per proteggere un popolo perseguitato diventa oggi il carnefice di un altro popolo, allora la memoria è stata trasformata in arma, e il diritto all’autodifesa in strumento di vendetta permanente.
Oggi più che mai, non tacere è un dovere.
Per Gaza. Per la verità.
Per la dignità di chi non ha più voce. E anche per il rispetto di quella Storia tragica che dovrebbe averci resi tutti, indistintamente, più giusti.
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