Mi sono imbattuto in un post in cui si parlava di Scuola, con la S maiuscola, quella che dovrebbe aiutare i giovani di oggi a diventare uomini domani. Mi ha fatto pensare davvero questo pensiero che voglio condividerlo.
"Leggendo la bozza delle LInee guida per la ripresa della Scuola a settembre resto stupefatta – scrive Rita Spinelli -. "La lezione in videoconferenza agevola il ricorso a metodologie didattiche più centrate sul protagonismo degli alunni, consente la costruzione di percorsi interdisciplinari nonché di capovolgere la struttura della lezione, da momento di semplice trasmissione dei contenuti ad agorà di confronto, di rielaborazione condivisa e di costruzione collettiva della conoscenza.”
Già leggere un testo del genere dovrebbe far pensare, o meglio, dovrebbe far ripensare a chi lo ha scritto a cosa ha scritto… mi spiego meglio: quando andavo a scuola “io”, c’erano delle regole non scritte di educazione, rispetto che ogni alunno applicava appena entrato in classe. La maestra o il professore di turno spiegavano i concetti e a pelle capivano chi aveva capito o chi non aveva capito: lo si leggeva in faccia!
Questo era la prassi, questa “è la prassi” per una scuola che vuole educare i nostri giovani a diventare gli uomini di domani. Dietro a un “non ho capito” c’è un mondo, magari un disagio a casa, oppure in classe che solo con il contatto umano si può capire, interpretare e porre rimedio. Parlo così perché ho avuto due genitori insegnanti e ho vissuto molto la scuola sia dal punto di vista degli alunni che degli insegnanti.
«Mi sento offesa come docente – continua Rita -, pensando che, a quanto pare, la mia lezione in presenza viene ritenuta una "semplice trasmissione di contenuti"… ma di quale realtà stiamo parlando? Poi pretendiamo che chi è esterno al mondo della scuola possa apprezzare il nostro lavoro, se poi è dall'interno che lo sviliamo non riconoscendone la complessità e la profondità?
Affrontare nel miglior modo possibile un'emergenza, impiegare tutte le risorse disponibili per far proseguire il cammino formativo dei ragazzi, innestare circoli virtuosi trasformando le difficoltà in nuove opportunità è quello che come docente ho cercato di fare durante l'emergenza, vivendo insieme agli allievi un periodo storico senza precedenti.
Il futuro ci riserverà nuovi scenari e ci viene chiesto, come ad altri segmenti della società, di stringere i denti, di fare il meglio che possiamo, di rinnovare l'approccio didattico – del resto non potrebbe essere diversamente – ma non sminuiamo il nostro lavoro. Quella "lezione in presenza" che ci ha permesso di guardare negli occhi i figli di questa società, di coglierne gli umori, di condividere le ansie, il tremolio della voce, di "sistemare gli attrezzi", il goniometro, la riga… di scambiare il banco con la cattedra per capovolgere i ruoli, di cantare "tanti auguri" e scrivere con i gessetti colorati o con le penna smart le firme della classe a fine anno. Lezione in presenza – insostituibile – perché ha accompagnato l'apprendimento assorbendo gli umori (di tutti i tipi) della classe. Un canovaccio, un intreccio, un dare e avere in cui si costruivano i ponti, le strade, i pilastri per raggiungere Traguardi di Competenze.
La "mera trasmissione di contenuti" appartiene ad altre epoche – forse a realtà circoscritte e, come tali, da non assumere come riferimenti in Linee guida nazionali – è più pertinente a definire dei "documentari registrati.
Ecco, scusate lo sfogo ma mi sento sempre più incompresa…»
La Scuola, non è questo, non deve essere questo. La Scuola deve essere emozione, calore, gioia, dolore, interazione, progetti, condivisione… e tutto questo non può essere fatto a distanza, ma deve essere fatto facendo tornare l’umanità all’interno del connubio scuola-studente affinché possa apprendere e crescere con il passare delle classi.
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2020-08-08 15:51:50
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