I venti di guerra che spirano dall'Ucraina e che fanno temere sempre più un'escalation globale bellica tra le maggiori superpotenze mondiali torna ad imporre la necessità, la vitale necessità, di un impegno per il disarmo e la Pace. Mobilitazioni come quelle dei movimenti e delle reti pacifiste anche italiane diventano, in questo momento, ancora più importanti.
In occasione della Cop26 di Glasgow è stata lanciata un’iniziativa internazionale, a cui ha aderito la Rete Italiana Pace e Disarmo, per la riduzione delle emissioni militari di gas serra. «L’accordo di Parigi del 2015 ha lasciato il taglio delle emissioni militari di gas serra (GHG) alla discrezione dei singoli Paesi.
Le forze armate sono grandi produttori di tali emissioni e non dovrebbero essere escluse dagli obiettivi di riduzione dei gas serra. I Governi devono dimostrare il loro impegno nell’ambito degli accordi di Parigi fissando obiettivi di riduzione dei gas serra militari durante la COP26 – evidenzia la Rete – La spesa militare globale è aumentata del 2,6% nel 2020 fino a quasi 2.000 miliardi di dollari, nonostante un calo del PIL globale del 4,4% a causa della pandemia COVID-19. Tali aumenti della spesa militare rischiano di rispecchiare gli aumenti delle emissioni, oltre a distogliere i finanziamenti dallo sviluppo sostenibile, dalla mitigazione e dall’adattamento al cambiamento climatico».
«Le forze armate e le industrie che le sostengono non possono più essere considerate eccezionali e devono intraprendere azioni urgenti e significative per ridurre le loro emissioni di gas serra e l’impronta ambientale» è l’appello degli attivisti pacifisti. Perché questo avvenga la mobilitazione internazionale ha fissato alcuni obiettivi imprescindibili:
Fissare chiari obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra per le strutture militari che siano coerenti con l’obiettivo di 1,5 C specificato dall’Accordo di Parigi del 2015
Impegnarsi a meccanismi di reporting delle emissioni di gas serra che siano solidi, comparabili e trasparenti, basati sul protocollo GHG, e che siano verificati in modo indipendente
Stabilire chiari obiettivi per le Forze Armate per conservare l’energia, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e passare all’energia rinnovabile ecologicamente responsabile
Contenere chiari obiettivi di riduzione per l’industria tecnologica militare
Dare priorità alle iniziative di riduzione dei gas serra alla fonte e non fare affidamento su schemi per compensare le emissioni di gas serra
Pubblicare politiche, strategie e piani d’azione per la riduzione dei gas serra, con rapporti annuali di follow-up sulle prestazioni
Affrontare il modo in cui la riduzione delle spese e degli schieramenti militari e la modifica delle posizioni militari possono ridurre le emissioni
Impegnarsi a incorporare valutazioni climatiche e ambientali nel processo decisionale per tutti gli acquisti, le attività e le missioni
Evidenziare la relazione tra cambiamento climatico e degrado ambientale, e dimostrare un impegno a ridurre l’impatto ambientale complessivo di tutte le attività e missioni militari
Impegnarsi a ottimizzare la gestione delle infrastrutture militari per migliorare la cattura del carbonio e la biodiversità
Impegnarsi ad aumentare la formazione climatica e ambientale per i responsabili delle decisioni, anche su come le strutture militari possono mitigare il cambiamento climatico e il degrado ambientale
Dimostrare leadership, apertura e volontà di collaborare e scambiare informazioni sulle buone pratiche con le parti interessate non militari
Impegnarsi a stanziare le risorse appropriate per garantire che tutte le politiche di protezione del clima e dell’ambiente possano essere pienamente attuate
Il 4 novembre è stata rilanciata anche la mobilitazione per l’adesione italiana al Trattato di proibizione delle armi nucleari TPNW, sostenuta da Rete Italiana Pace e Disarmo e dalla Campagna Senzatomica. Che hanno scritto a tutti i parlamentari italiani «per sollecitare passi concreti in favore del disarmo nucleare».
«Attualmente si contano oltre 13.000 testate in tutto il mondo, di cui 2.000 in stato di massima allerta operativa, cioè pronte all’uso. Questa evidenza spinge anche la società civile italiana a lavorare “insieme agli/alle hibakusha – i sopravvissuti e le sopravvissute di Hiroshima e Nagasaki nonché tutte le persone che hanno subìto le conseguenze dei test nucleari” per evitare l’uso futuro di queste armi mettendole al bando “con l’obiettivo del loro smantellamento totale e la messa in atto di un sistema fondato su strumenti di verifica e controllo internazionali” – hanno sottolineato i promotori della mobilitazione – L’87% degli italiani è favorevole all’adesione dell’Italia al TPNW e un rimarchevole 74% vuole inoltre che le testate nucleari statunitensi attualmente presenti in Italia vengano rimosse dal nostro territorio».
Queste le proposte ai parlamentari:
«l’adesione all’Appello indirizzato ai Parlamentari di tutto il mondo da parte della Campagna ICAN: durante la XVII legislatura oltre 240 eletti avevano aderito all’ICAN Parliamentary Pledge; è ora giunto il momento che anche Deputati e Senatori della XVIII legislatura facciano sentire la propria voce. Il passo successivo riguarderà la presentazione di un documento parlamentare che riprenda la Mozione – la prima di un Parlamento di un Paese NATO – approvata alla Camera dei Deputati nel settembre 2017 e che già impegnava il Governo a “continuare a perseguire l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, attraverso un approccio progressivo e inclusivo al disarmo, […] valutando in questo contesto, […] la possibilità di aderire al trattato giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti alla loro totale eliminazione”.
Nell’ottica di “Italia, ripensaci” tutto ciò dovrebbe poi anche tradursi nel concreto e fattivo sostegno alla richiesta che il Governo italiano possa partecipare come “osservatore” (pur non avendo ancora né firmato né ratificato il Trattato) alla prima Conferenza del Stati parte del TPNW che si svolgerà a Vienna nel marzo del 2022».
Quella per il disarmo nucleare, sottolineano i promotori della campagna «Italia ripensaci», è una «mobilitazione diffusa che aumenterà in maniera decisiva se saranno numerosi i Deputati e Senatori che la sosterranno attraverso l’adesione all’ICAN Parliamentary Pledge e se i due rami del Parlamento si esprimeranno con Mozioni o Risoluzioni in favore del disarmo nucleare che esprimano aperture alla partecipazione italiana al percorso del TPNW».
Il 2 novembre la Rete Italiana Pace e Disarmo con un appello sul proprio sito web ha rilanciato anche la mobilitazione contro i «killer robots» a cui è possibile aderire dalla pagina web https://www.stopkillerrobots.org/now/
«Governi e aziende della difesa stanno rapidamente sviluppando sistemi di armi con una crescente autonomia utilizzando le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale. Questi “robot assassini” potrebbero essere usati in zone di conflitto, dalle forze di polizia e nel controllo delle frontiere. Una macchina non dovrebbe essere autorizzata a prendere una decisione sulla vita e sulla morte» è l’allarme lanciato davanti quel che appare impensabile: « droni e altre armi avanzate sono state sviluppate con la capacità di scegliere e attaccare i propri obiettivi – senza controllo umano».
«La sostituzione delle truppe con le macchine rende più facile la decisione di andare in guerra – e attraverso trasferimenti illegali e catture sul campo di battaglia, queste armi cadranno nelle mani di gruppi diversi da quelli che le hanno sviluppate. Per di più, queste tecnologie saranno usate nelle azioni di polizia, nel controllo delle frontiere, e per minacciare i diritti umani come il diritto di protesta, il diritto alla vita, il divieto di tortura e altri maltrattamenti» denunciano i promotori della campagna Stop killer robots che lanciano l’appello ad «agire in fretta prima di perdere un controllo umano significativo sull’uso della forza – con conseguenze devastanti».
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2022-02-04 19:00:05
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