Torniamo a parlare di Emanuele Mancuso, nome di spicco della famiglia Mancuso di Limbadi, una delle cosche più potenti della provincia di Vibo Valentia, ma soprattutto una delle famiglie ndranghetiste più potenti al mondo.
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Figlio del boss Pantaleone detto l'«Ingegnere», dopo essere stato arrestato nel 2018 nell’operazione Nemea, Emanuele Mancuso ha deciso di chiudere con la 'ndrangheta e di collaborare con la giustizia dopo la nascita della figlia.
«Ho deciso di collaborare con la giustizia proprio in prossimità della sua nascita anche con la speranza di offrirgli un futuro diverso, lontano dal contesto sociale e criminale di mia appartenenza.»
Nato e cresciuto nella famiglia, è divenuto in breve tempo un 'ndranghetista di prim'ordine. Poi l’arresto, il suo diventare padre, la scelta di cambiare vita. E' il primo collaboratore del clan Mancuso, un fatto eccezionale nell'ambiente mafioso calabrese: è il collaboratore di giustizia chiave del maxi processo Rinascita Scott in corso a Lamezia Terme.
Mancuso parla di delitti, di traffico di droga, di collusioni tra pezzi deviati delle istituzioni. Dopo la sua collaborazione la madre, la sorella e il padre, hanno cercato, con ogni mezzo, di farlo desistere e di farlo tornare “a casa”: non sono mancate vessazioni, ricatti (come ampiamente documentato dalla DDA di Catanzaro). Per farlo desistere dalla collaborazione hanno utilizzato sua figlia.
Anche la sua ex compagna, madre della bambina, ha provato in ogni modo di porre fine a tale “tradimento”: perché per la famiglia Mancuso lui è un traditore, un ribelle imperdonabile che può essere solamente allontanato. E certamente mai perdonato.
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Le preoccupazioni del Mancuso sono sempre state per sua figlia. Attualmente la bambina, anche lei in regime di protezione, a seguito di un decreto definitivo del Tribunale per i minorenni di Catanzaro è stata affidata ai servizi sociali territorialmente competenti ed ha facoltà di incontri con il padre secondo il calendario disposto dai servizi sociali.
Emanuele Mancuso torna a chiedere protezione e tutela per sua figlia minorenne che, si legge nel testo, riesce a vedere per un tempo irrisorio e in una situazione assolutamente – a suo dire – insostenibile per creare un rapporto padre-figlia.
In alto il comunicato stampa firmato da Emanuele Mancuso
Torna anche a parlare della persistente frequentazione della ex compagna con i Mancuso che non si sarebbe mai interrotta.
«Questo comunicato è in linea molto sintetica su questi sevizi sociali. Ho giurato tanto su mia figlia. Ecco quello che farò: andrò Procura per Procura, Tribunale per Tribunale a legarmi con le corde. Non è possibile che questa gente non venga arrestata, sono anni che me ne combinano una al secondo. Scrivono cose che veramente fanno rabbrividire, veramente cose scioccanti. Hanno scritto che la gravidanza di Nensy era iniziata quando ero in carcere, primo è decontestualizzata dalla prescrizione nella quale il tribunale aveva demandato ai servizi sociali , perchè i servizi sociali hanno detto tu relazionami esclusivamente sul rapporto padre-figlia. quindi non so con quale motivo hanno sganciato questa bomba». Queste sono le parole di Emanuele Mancuso che abbiamo raccolto nelle scorse ore. «Poi scrivono nella lettera una cosa che fa riflettere: povera mamma, con il compagno la relazione è durata poco. Ma cosa mi rappresenta scrivere una cosa del genere. Si capisce che qui c'è qualcosa di talmente di grosso che non lo sa neanche la Procura.»
La bambina quanti anni ha?
«Quattro.»
Da quanto tempo è sotto regime di protezione?
«Tre anni.»
Ha scritto nel suo comunicato che vi vedete una volta a settimana?
«Ma non è manco cosi, non è proprio cosi. Allora il Tribunale non si è comportato male, cioè il Tribunale dice io demando il servizio sociale a organizzare gli incontri col padre in modo tale che si costruisca un rapporto, molto più intenso di quello che c'era prima, ma prima il rapporto era buono e pure adesso. Però dice deve incentivarsi questo rapporto padre-figlia. Prima facevo tre ore e mezza, quattro ore. Quindi demanda al servizio sociale a stabilire le modalità e gli orari, la durata e tutto. E il servizio centrale è stato demandato di concerto con il servizio di organizzare gli spostamenti della piccola o i miei secondo un calendario che potesse escludere le mie testimonianze. Io non testimonio per me, io testimonio per lo Stato. Questi che cosa fanno? Io ogni volta che mi arriva un'udienza se è mia personale non ci vado, per favorire il rapporto tra me e la bambina. Se, invece, è un'udienza dove devo testimoniare non posso rinunciare. Cosa ho fatto in due circostanze? Ho chiesto al NOP (Nucleo Operativo di Protezione, nda) competente, sia mio che dove stava la bambina, di poter spostare l'incontro con la bambina in virtù di un impegno giudiziario per il quale non potevo rinunciare. I NOP me lo accettano, i servizi sociali mi dicono non esiste, e non lo hanno scritto nella relazione che non ho visto la bambina per colpa loro. Da quando è andata in questa casa famiglia mi hanno fatto due/tre liste di cose che servivano. Ovviamente sono stato io a chiederlo, anche di partecipare per le spese per la bambina perchè voglio dimostrare che a me interessa la vita della bambina. Non è che prende lei il mio contributo.»
La bambina è in una casa famiglia, in una struttura protetta, con la madre o da sola?
«Con la madre. Non hanno scritto una relazione che il padre ha portato di tutto per la bambina. Una relazione dove scrivi che il padre è responsabile e si occupa del benessere della bambina la vuoi scrivere? Non lo hanno mai scritto. Questi servizi sociali sono veramente una cosa fuori dal normale. Sono arrivato, basta. Oggi dovevo andarci e gli ho scritto una carta. Io non voglio più avere a che fare, sono arrivati al limite. Se vede le modalità dell'incontro sono da Pacciani il mostro di Firenze: 40 minuti in una stanza di 3,5 mq, tutta sporca, con l'assistente che parla al telefono, mi fa stare con la mascherina obbligatoria. Non posso nemmeno giocare a nascondino con la bambina. E più che favorire il rapporto la bambina si spaventa. Questo è il premio che mi hanno dato perchè ho collaborato con la giustizia. I miei compagni che sono usciti dopo quattro anni di carcere tornano a casa e non sono stanno con i figli ma li indottrinano a comportarsi in un certo modo. A me mi hanno dato la ricompensa perchè ho collaborato. Questa è la verità.»
La sua bambina frequenta ancora la famiglia di origine?
«Per me si. Sapete come funziona per i collaboratori di giustizia, soprattutto nelle famiglie come la mia? Iniziano subito con la delegittimazione: pazzo, drogato, questo e quello. Come fanno con i giornalisti, con i testimoni, con tutti quando sono persone scomode. Mi hanno detto "signor Mancuso, dimostri che lei non ha mai fatto uso". Io dimostro quello che volete. Mi faccio tirare i peli ogni sei mesi: non c'è nè alcool, nè droga. Niente. Più di una volta ho fatto persino istanze alla procura, e Gratteri lo scrive, ma se questo qua è stato in carcere, ma se questo qua è agli arresti domiciliari, ma se fa di tutto per dimostrare ti fa pure le istanze che vuole andare a sorpresa ancora oggi gli scrivete ste cose? Per il bene della bambina ci vado, il lavoro me lo sono trovato, le analisi le faccio sempre. Quale revisione critica delle proprie scelte ha fatto sta donna? Se con una bambina di un anno e mezzo se ne va nei centri commerciali a rubare e viene arrestata. Mia figlia deve stare con una donna che va nei centri commerciali a rubare? Ma veramente stiamo scherzando? Ci sono cose che fanno rabbrividire.»
A cosa si riferisce?
«A Catanzaro le sentenze se le compravano, non da un giorno ma da anni. I miei famigliari andavano con le valigette in tribunale per comprarsi le sentenze.»
Cosa vorrebbe chiedere ai servizi sociali?
«Ormai con i servizi criminali non avrò più niente a che fare. Li ho denunciati, già diverse volte. Chiedo di restare nello stesso paese con mia figlia per vivere la quotidianità con mia figlia, come la vivono tutti i papà. Mi sono venduto tutta la famiglia per lo Stato e non ci ho guadagnato nulla. Questo è il ringraziamento che mi riserva lo Stato. Ed io non posso stare tutto il giorno a piangermi addosso.»
Lei aveva chiesto alla sua ex compagna di entrare nel regime di protezione e di chiudere con la malavita e con la sua famiglia?
«Questa qua (la madre di sua figlia, nda) è furba, furba furba. Poi è gestita dalla mia famiglia. L'ho pregata, ho detto "Nensy, vedi che prendi 20 anni di carcere, non scherzare, ce ne andiamo abbiamo due diplomi io, due diplomi tu, ci amiamo da dieci anni, ci cresciamo la bambina e ci ricostruiamo una vita". No, mi ha detto, se collabori no. Devi fare l'uomo e non devi collaborare. E infatti così è stato. Quattro anni li ha presi in un processo, ha commesso un furto sotto protezione. La minaccia col coltello della bambina, è stata arrestata. Rischia minimo nove anni di carcere più quattro li ha già presi, più tutti gli altri. Non vuole collaborare, io l'ho pregata. Mi ha minacciato.»
Una posizione molto chiara.
«Lei non si muoverà mai. Le donne sono quelle, senza offesa, sono le più terribili, sono proprio il bastone, non si muovono, rimangono ferme.»
Ovviamente, la nostra convinzione è un'altra. Ci sono tante donne che hanno dimostrato il contrario.
Da quanto tempo non vi vedete con la bambina?
«Una quindicina di giorni.»
Il prossimo passo che intende fare?
«A me hanno limitato la responsabilità genitoriale per due aspetti, che dicevano che ero agli arresti domiciliari anche se ero autorizzato a uscire tre ore al giorno, in più ero autorizzato a effettuare attività lavorativa. Adesso sono una persona libera perché ho scontato quattro anni, più uno cinque e ne ho presi due anni e tre in Corte di Appello. Aesso sono libero da un mese e mezzo. Il presunto percorso di affrancazione lo ho fatto già tre volte, quindi sono apposto. Farò proteste pubbliche, mi lego davanti al Tribunale dei Minori e faccio il macello questa volta, nel rispetto della legge ovviamente. Questa situazione non l'accetto più, assolutamente. Per mia figlia. Tra dieci anni mia figlia mi dice "papà, hai collaborato per che cosa? Per chiudermi in una casa famiglia e vedermi quaranti minuti? Se vede quella casa famiglia si mette le mani nei capelli.»
Vorrei rifare con lei un passaggio sull'avvocato della sua ex compagna. Noi lo abbiamo anche intervistato.
«Ho letto l'intervista, è micidiale quella intervista. Pochi giornalisti l'avrebbero fatta con quelle modalità. Un avvocato del genere che dice che la famiglia Mancuso non esiste è veramente un pellegrino. Dal 1980 esistono sentenze passate in giudicato che parlano di storie di mammasantissima.»
PER APPROFONDIMENTI: «Io sul libro paga della cosca Mancuso? Soltanto illazioni»
«L'avvocato difende il mio papà, i miei fratelli, è pure mezzo parente di mia zia, della Del Vecchio, difendeva pure Massimiliano di Grillo quello della bomba di Matteo Vinci. E' chiaro che i miei familiari si recano al suo studio per le carte della bambina, e ogni volta che c'è un'udienza dei minorenni lui chiama a casa mia, chiama prima a casa mia e poi la madre. Il Capitano, nell'informativa, scrive che lui è un canale informativo, un ruolo attivo all'interno del clan. L'ho denunciato già quattro o cinque volte, l'ho denunciato anche al consiglio dell'Ordine.»
Lei è il primo dei collaboratori del clan Mancuso in assoluto, è cosi?
«Primo come famigliare e primo come affiliato, anche se io non sono stato mai affiliato.»
Non è stato mai affiliato lei?
«No, l'ho detto in udienza pubblica. Assolutamente no.»
Dopo di lei ci sono state altre collaborazioni? E' ancora potente il clan Mancuso?
«Collaborazioni della mia famiglia nessuna ancora. Oltre la mia nessuna. Hanno collaborato dei ragazzetti di Vibo, ma solo Bartolomeo Arena era importante, ma neanche del clan Mancuso era, sono ragazzetti. La mia famiglia ha sui 700-800 affiliati. Rinascita Scott manco la prende la mia famiglia, la sfiora.»
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2022-03-11 17:15:12
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