GIURAMENTO E MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (9 luglio 1978)
Onorevoli senatori, onorevoli deputati, signori delegati regionali!
Nella mia tormentata vita mi sono trovato più volte di fronte a situazioni difficili e le ho sempre affrontate con animo sereno, perché sapevo che sarei stato solo io a pagare, solo con la mia fede politica e con la mia coscienza. Adesso, invece, so che le conseguenze di ogni mio atto si rifletteranno sullo Stato, sulla nazione intera. Da qui il mio doveroso proposito di osservare lealmente e scupolosamente il giuramento di fedeltà alla Costituzione, pronunciato dinanzi a voi, rappresentanti del popolo sovrano. Dovrò essere il tutore delle garanzie e dei diritti costituzionali dei cittadini.
Dovrò difendere l'unità e l'indipendenza della nazione nel rispetto degli impegni internazionali e delle sue alleanze, liberamente contratte. Dobbiamo prepararci ad inserire sempre più l'Italia nella comunità più vasta che è l'Europa, avviata alla sua unificazione con il parlamento europeo, che l'anno prossimo sarà eletto a suffragio diretto.
L'Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame.
Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello a tutti i popoli della terra. Questa la strada, la strada della pace che noi dobbiamo seguire. Ma dobbiamo operare perché, pur nel necessario e civile raffronto fra tutte le ideologie politiche, espressione di una vera democrazia, la concordia si realizzi nel nostro paese. Farò quanto mi sarà possibile, senza tuttavia mai valicare i poteri tassativamente prescrittimi dalla Costituzione, perché l'unità nazionale, di cui la mia elezione è una espressione, si consolidi e si rafforzi.
Questa unità è necessaria e, se per disavventura si spezzasse, giorni tristi attenderebbero il nostro paese. Non dimentichiamo, onorevoli deputati, onorevoli senatori, signori delegati regionali, che se il nostro paese è riuscito a risalire dall'abisso in cui fu gettato dalla dittatura fascista e da una folle guerra, lo si deve anche, e soprattutto, all'unità nazionale realizzata allora da tutte le forze democratiche. È con questa unità nazionale che tutte le riforme, cui aspira da anni la classe lavoratrice, potranno essere attuate. Questo è compito del Parlamento.
Bisogna sia assicurato il lavoro ad ogni cittadino. La disoccupazione è un male tremendo che porta anche alla disperazione. Questo, chi vi parla, può dire per personale esperienza acquisita quando in esilio ha dovuto fare l'operaio per vivere onestamente. La disoccupazione giovanile deve soprattutto preoccuparci, se non vogliamo che migliaia di giovani, privi di lavoro, diventino degli emarginati nella società, vadano alla deriva e, disperati, si facciano strumenti dei violenti o diventino succubi di corruttori senza scrupoli.
Bisogna risolvere il problema della casa, perché ogni famiglia possa avere una dimora dignitosa, dove poter trovare un sereno riposo dopo una giornata di duro lavoro.
Deve essere tutelata la salute di ogni cittadino, come prescrive la Costituzione. Anche la scuola conosce una crisi che deve essere superata. L'istruzione deve essere davvero universale, accessibile a tutti, ai ricchi di intelligenza e di volontà di studiare, ma poveri di mezzi.
L'Italia ha bisogno di avanzare in tutti i campi del sapere, per reggere il confronto con le esigenze della nuova civiltà che si profila. Gli articoli della Carta costituzionale che si riferiscono all'insegnamento e alla promozione della cultura, della ricerca scientifica e tecnica, non possono essere disattesi. Il dettato costituzionale, che valorizza le autonomie locali e introduce le regioni, è stato attuato. Ne è derivata una vasta partecipazione popolare che deve essere incoraggiata. Questo diciamo, perché vogliamo che la libertà, riconquistata dopo lunga e dura lotta, si consolidi nel nostro paese. E vada la nostra fraterna solidarietà a quanti in ogni parte del mondo sono iniquamente perseguitati per le loro idee. Certo noi abbiamo sempre considerato la libertà un bene prezioso, inalienabile.
Tutta la nostra giovinezza abbiamo gettato nella lotta, senza badare a rinunce per riconquistare la libertà perduta. Ma se a me, socialista da sempre, offrissero la più radicale delle riforme sociali a prezzo della libertà, io la rifiuterei, perché la libertà non può mai essere barattata. Tuttavia essa diviene una fragile conquista e sarà pienamente goduta solo da una minoranza, se non riceverà il suo contenuto naturale che è la giustizia sociale.
Ripeto quello che ho già detto in altre sedi: libertà e giustizia sociale costituiscono un binomio inscindibile, l'un termine presuppone l'altro: non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà, come non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale. Di qui le riforme cui ho accennato poc'anzi.
Ed è solo in questo modo che ogni italiano sentirà sua la Repubblica, la sentirà madre e non matrigna. Bisogna cioè che la Repubblica sia giusta e incorrotta, forte e umana: forte con tutti i colpevoli, umana con i deboli e i diseredati.
Così l'hanno voluta coloro che la conquistarono dopo venti anni di lotta contro il fascismo e due anni di guerra di liberazione, e se così sarà oggi, ogni cittadino sarà pronto a difenderla contro chiunque tentasse di minacciarla con la violenza. Contro questa violenza nessun cedimento. Dobbiamo difendere la Repubblica con fermezza, costi quel che costi alla nostra persona. Siamo decisi avversari della violenza, perché siamo strenui difensori della democrazia e della vita di ogni cittadino. Basta con questa violenza che turba il vivere civile del nostro popolo, basta con questa violenza consumata quasi ogni giorno contro pacifici cittadini e forze dell'ordine, cui va la nostra solidarietà. Ed alla nostra mente si presenta la dolorosa immagine di un amico a noi tanto caro, di un uomo onesto, di un politico dal forte ingegno e dalla vasta cultura: Aldo Moro. Quale vuoto ha lasciato nel suo partito e in questa Assemblea! Se non fosse stato crudelmente assassinato, lui, non io, parlerebbe oggi da questo seggio a voi. Ci conforta la constatazione che il popolo italiano ha saputo prontamente reagire con compostezza democratica, ma anche con ferma decisione, a questi criminali atti di violenza. Ne prendano atto gli stranieri, spesso non giusti nel giudicare il popolo italiano.
Quale altro popolo saprebbe rispondere e resistere ad una bufera di violenza quale quella scatenatasi sul nostro paese come ha saputo e sa rispondere il popolo italiano? […] Non posso, in ultimo, non ricordare i patrioti con i quali ho condiviso le galere del tribunale speciale, i rischi della lotta antifascista e della Resistenza. Non posso non ricordare che la mia coscienza di uomo libero si è formata alla scuola del movimento operaio di Savona e che si è rinvigorita guardando sempre ai luminosi esempi di Giacomo Matteotti, di Giovanni Amendola e Piero Gobetti, di Carlo Rosselli, di don Minzoni e di Antonio Gramsci, mio indimenticabile compagno di carcere.
Ricordo questo con orgoglio, non per ridestare antichi risentimenti, perché sui risentimenti nulla di positivo si costruisce, né in morale, né in politica. Ma da oggi io cesserò di essere uomo di parte. Intendo essere solo il Presidente della Repubblica di tutti gli italiani, fratello a tutti nell'amore di patria e nell'aspirazione costante alla libertà e alla giustizia.
Onorevoli senatori, onorevoli deputati, signori delegati regionali, viva la Repubblica, viva l'Italia!
Il 9 luglio 1978, alle ore 11,30 il Presidente Sandro Pertini, accompagnato dal Presidente della Camera Pietro Ingrao e dal Vicepresidente vicario del Senato, Edoardo, entrò nell'aula della Camera dove si teneva la seduta comune. L'Assemblea, in piedi, rivolgeva vivissimi e prolungati applausi a Sandro Pettini che subito dopo, secondo quanto prevede l'art. 91 della Costituzione, pronunciava la formula del giuramento: «Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare lealmente la Costituzione». Subito dopo pronunciò il messaggio.
Incontro in videoconferenza alla Camera con il Presidente Zelensky, l'intervento del Presidente Draghi
Presidente Zelensky,
Presidente Casellati,
Presidente Fico,
caro ambasciatore dell’Ucraina,
Senatrici e senatori,
Deputate e deputati,
A nome del Governo e mio personale, voglio ringraziare il Presidente Zelensky per la sua straordinaria testimonianza.
Dall’inizio della guerra, l’Italia ha ammirato il coraggio, la determinazione, il patriottismo del Presidente Zelensky e dei cittadini ucraini. Il vostro popolo è diventato il vostro esercito, lei ha detto.
L’arroganza del Governo russo si è scontrata con la dignità del popolo ucraino, che è riuscito a frenare le mire espansionistiche di Mosca e a imporre costi altissimi all’esercito invasore.
La resistenza di Mariupol, Kharkiv, Odessa – e di tutti i luoghi su cui si abbatte la ferocia del Presidente Putin – è eroica.
Oggi l’Ucraina non difende soltanto se stessa.
Difende la nostra pace, la nostra libertà, la nostra sicurezza
Difende quell’ordine multilaterale basato sulle regole e sui diritti che abbiamo faticosamente costruito dal dopoguerra in poi.
L’Italia vi è profondamente grata.
La solidarietà mostrata dagli italiani verso il popolo ucraino è enorme.
Penso agli aiuti sanitari, alimentari, e di ogni genere che i nostri concittadini hanno inviato da subito verso l’Ucraina.
E penso all’accoglienza dei rifugiati – oltre 60.000 dall’inizio della guerra, la maggior parte dei quali donne e minori.
Gli italiani hanno spalancato le porte delle proprie case e delle scuole ai profughi ucraini, con quel senso di accoglienza che è l’orgoglio del nostro Paese.
Continueremo a farlo, grazie al lavoro incessante e alla grande professionalità delle Regioni, dei Comuni, della Protezione Civile, degli enti religiosi, di tutti i volontari.
Perché davanti all’inciviltà l’Italia non intende girarsi dall’altra parte.
Il Governo e il Parlamento sono in prima fila nel sostegno all’Ucraina.
Sin da subito, abbiamo offerto aiuti finanziari e umanitari e abbiamo risposto, insieme ai partner europei, alle richieste del Governo ucraino di assistenza per difendersi dall’invasione russa.
Siamo pronti a fare ancora di più.
Abbiamo attivato corridoi speciali per i minori orfani e ci siamo impegnati in particolare per il trasferimento di persone fragili e malate.
Voglio ringraziare di nuovo il Parlamento – la maggioranza e il principale partito di opposizione – per aver approvato queste misure con unità e convinzione.
Nel decreto approvato venerdì, abbiamo poi stanziato nuovi fondi per finanziare lo sforzo di accoglienza verso i cittadini ucraini.
Vogliamo aiutare i rifugiati non solo ad avere una casa, ma anche a trovare un lavoro e a integrarsi nella nostra società.
Come hanno fatto i 236.000 ucraini che già vivono in Italia, a cui va ancora una volta tutta la mia vicinanza.
Le sanzioni che abbiamo concordato insieme ai nostri partner europei e del G7 hanno l’obiettivo di indurre il Governo russo a cessare le ostilità e a sedersi con serietà, soprattutto con sincerità, al tavolo dei negoziati.
Davanti alla Russia che ci voleva divisi, ci siamo mostrati uniti – come Unione Europea e come Alleanza Atlantica.
Finora, queste sanzioni hanno colpito duramente l’economia e i mercati finanziari della Russia, e i patrimoni personali delle persone più vicine al Presidente Putin.
In Italia abbiamo congelato beni per oltre ottocento milioni di euro agli oligarchi colpiti dai provvedimenti dell’Unione Europea.
Siamo anche impegnati per diversificare le nostre fonti di approvigionamento energetico, così da superare in tempi molto rapidi la nostra dipendenza dalla Russia.
Allo stesso tempo, vogliamo disegnare un percorso di maggiore vicinanza dell’Ucraina all’Europa.
Nelle scorse settimane è stato sottolineato come il processo di ingresso nell’Unione Europea sia lungo, fatto di riforme necessarie a garantire un’integrazione funzionante.
Voglio dire al Presidente Zelensky che l’Italia è al fianco dell’Ucraina in questo processo.
L’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione Europea.
Quando l’orrore e la violenza sembrano avere il sopravvento, proprio allora dobbiamo difendere i diritti umani e civili, i valori democratici.
A chi scappa dalla guerra, dobbiamo offrire accoglienza.
Di fronte ai massacri, dobbiamo rispondere con gli aiuti, anche militari, alla resistenza.
Al crescente isolamento del Presidente Putin, dobbiamo opporre l’unità della comunità internazionale.
L’Ucraina ha il diritto di essere sicura, libera, democratica.
L’Italia – il Governo, il Parlamento, e tutti i cittadini – sono con voi, Presidente Zelensky.
Grazie.
A voi, cari lettori, le conclusioni…
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2022-03-23 19:54:33
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