Giorgio Napolitano sicuramente, nel bene o nel male, ha rappresentato una parte della storia della nostra Repubblica.
Parlamentare dal 1953 al 1996 ha saltato solo la IV legislatura.
Sicuramente si ha il giusto rispetto per la morte. Come già fatto con Silvio Berlusconi non ci va di partecipare all'elogio incondizionato, solo perché morto. Il presidente emerito è stato al centro di non poche polemiche, sia dal punto di vista politico sia per le azioni che ha fatto. L'ala più a destra del PCI è entrato diverse volte in contrasto con Enrico Berlinguer. Inoltre è stato firmatario di leggi dichiarati incostituzionali pure dalla Corte Costituzionale. Ci vogliamo soffermare sul suo conflitto con la magistratura, quando a capo del Csm intervenne per attaccare tutti quei magistrati “contro corrente”; impossibile dimenticare quando, da Presidente della Repubblica, fece distruggere le sue intercettazioni telefoniche in ambito del processo “Trattativa Stato-mafia”.
A luglio 2012 Napolitano attaccò la procura di Palermo – appunto nell'ambito dell'indagine “Trattativa” allora condotta dai magistrati Nino Di Matteo, Antonio Ingroia, Lia Sava e Francesco Del Bene – quando venne intercettato al telefono con l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, già indagato per falsa testimonianza su una sua deposizione al processo per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995 a Mezzojuso. Sta di fatto che quelle conversazione vengono registrate e finirono sui giornali. Nell'aprile del 2013, Giorgio Napolitano ottenne la distruzione di tutte le sue intercettazioni.
Ciò che, a questo punto, ci siamo sempre chiesti e continueremo a chiederci è il perché di questa premurosa distruzione. Cosa c'era di così importante? E perché tanto accanimento con la procura di Palermo?
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2023-09-23 16:00:47
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