Il nostro campionato italiano di calcio ha rappresentato per lunghi e proficui periodi, la migliore risorsa disponibile sotto molteplici punti di vista: il forgiare talenti purissimi per ogni decade, incrementare la presenza delle famiglie negli stadi, permettere ai vari imprenditori nostrani di creare soprattutto negli anni d’oro ’80/’90 un’egemonia che ci ha permesso di spadroneggiare in lungo e largo.
I migliori anni conditi da ogni tipologia di benessere, dove le squadre con più hype potevano permettersi i migliori giocatori sia nazionali che internazionali, tanto da competere alla pari con le corazzate europee per vincere le competizioni più importanti.
La Juve di Boniperti, Trapattoni e del ciclo Lippi, il Milan di Berlusconi e degli olandesi, il Napoli di Maradona, l’Inter di Moratti, dei tedeschi e poi di Ronaldo, la Fiorentina di Cecchi Gori e Batistuta, la Lazio di Cragnotti, Signori e Nesta, la Roma di Sensi e dell’astro nascente Francesco Totti, Il Parma di Tanzi e Crespo.
Le potenze del nostro calcio del ventennio sopracitato, hanno rappresentato il nostro fiore all’occhiello, gratificando e dando innumerevoli benefici a tutto il sistema.
Con l’avvento degli anni ‘2000 questo meccanismo perfetto è imploso su se stesso, l’appetibilità del nostro calcio è andata a scemare inesorabilmente. La Serie A ha iniziato a perdere quelle qualità che, fino a poco tempo prima, l’ avevano resa un autentico paradiso per presidenti, allenatori, giocatori, tifosi e addetti ai lavori.
Questo declassamento del nostro calcio ha generato molte perdite, tra cui una in particolare che ha sempre infiammato il cuore e la passione di qualsiasi tifoso medio: il goleador di provincia.
Parliamo di giocatori italiani che si sono consacrati in squadre medio-piccole, partendo dalle categorie inferiori che, a suon di goal e tanta gavetta, li ha portati ad entrare nella storia dei loro club. Città come Bergamo, Brescia, Genova, Bologna, Piacenza, Livorno, Siena, Verona, Palermo, Udine, Cagliari, hanno vissuto anni gloriosi grazie ai goal dei loro bomber, che portavano a compimento gli obiettivi stagionali e che culminavano in salvezze disperate o clamorose qualificazioni nelle coppe europee.
Tra questi ne spiccano alcuni di assoluta rilevanza: Cristiano Doni trascinatore dell’Atalanta per anni, Roberto Baggio che ,nonostante l’età avanzata, in quel di Brescia pennellava calcio come un artista contemporaneo, Cristiano Lucarelli con il suo Livorno, Totò Di Natale nell’Udinese (rifiutò pure la Juventus per restare ad Udine), Marco Di Vaio nel Bologna, Sergio Pellissier nel Chievo Verona.
Adesso del goleador di provincia ne è rimasto solo il nostalgico ricordo, attualmente Francesco Caputo ad Empoli e Fabio Quagliarella fino a pochi mesi fa alla Sampdoria, sono gli ultimi rimasti di una categoria tanto amata da chi segue animatamente questo sport.
Con il declino del nostro calcio e lo spostamento del potere economico all’estero, i giovani talenti che passano da queste piccole piazze sostano solo di passaggio, nell’attesa che una big italiana o estera si presenti con proposte d’ingaggio elevatissime, così da cercare la completa maturazione tecnica e tattica verso altri lidi.
Nel mostrare questa ormai inevitabile estinzione, il noto cantautore Cesare Cremonini, attraverso la frase di una sua famosa canzone sintetizza: “Da quando Baggio non gioca più non è più domenica“.