Giovani “pirati” crescono arrivando a consolidarsi in lobbies incuranti delle conseguenze civili e penali connesse alle violazioni della proprietà intellettuale. La questione della violazione della proprietà intellettuale sembra sfuggire alle agende di governo malgrado sia fonte di una preoccupazione globale che richiederebbe cooperazione efficace.
Nel mondo interconnesso di oggi, la facilità di condivisione di informazioni e idee attraverso i confini ha conseguenze di segno opposto.
Se per un verso consente una maggiore collaborazione e innovazione, per l’altro crea anche opportunità di furto e violazione della proprietà intellettuale. La criminalità relativa alla proprietà intellettuale è un fenomeno grave e si è affermata a livello internazionale con collegamenti alla poli-criminalità organizzata.
La produzione e la distribuzione di prodotti contraffatti è legata ai gruppi della criminalità organizzata internazionale nonché ad attività criminali di più ampia portata, tra cui la frode, l’evasione fiscale, il cybercrime e la tratta di esseri umani. (fonte: Valutazione delle minacce dei reati contro la proprieta’ intellettuale, giugno 2019, Europol-EUIPO)
L’Italia non ha mai brillato per la tutela del diritto di proprietà intellettuale. Già nel 2018 a Johannesburg l‘International Property Rights Index – l’Indice internazionale sulla tutela della proprietà intellettuale che considera come viene tutelata la proprietà intellettuale in più di 125 paesi – posizionava il bel Paese al 50° posto. Nel 2023 l’Italia ha superato Paesi quali Ghana, Panama, Nepal e Filippine, dietro i quali si trovava nel 2022. Tuttavia, resta un fanalino di coda in Europa.
Come denunciato dagli osservatori in materia stride, in valori assoluti, che un membro del G7 mostri simili risultati a un esame a quella che, de facto, è un check up dell’innovazione tecnologica del nostro sistema economico
L’intensità delle violazioni all’interno delle nuove generazioni è veramente allarmante.
Tre i settori più colpiti: l’abbigliamento, il tech e l’intrattenimento online. Circa 1 ragazzo su 3 (33%) ammette, infatti, di aver comprato almeno una volta un vestito, un paio di scarpe o un accessorio di marca falso. Oltre 4 su 10 (42%) hanno fatto lo stesso con i prodotti tecnologici “cloni” degli originali.
Ma online le cose vanno anche peggio. Ad esempio, a ben 2 giovani su 3 (66%) è capitato di guardare film, serie tv o eventi sportivi usando siti pirata. E anche quando si paga, non sempre si rispettano le condizioni d’utilizzo: 1 su 2 (50%) è solito usare password condivise con persone al di fuori del nucleo familiare per accedere ai servizi di streaming, come Netflix o Spotify. Non mancano poi quelli che a pagare non ci pensano proprio: 3 su 10 (30%) utilizzano app e software “craccati” per evitare di sottoscrivere un abbonamento.
L’unica nota lieta è che, per fortuna, sembra essere al tramonto l’era del decoder che permette di vedere gratis i canali satellitari o a pagamento, il cosiddetto “pezzotto”: l’11% l’ha sperimentato in famiglia, ma quasi la metà di questi lo ha presto abbandonato, cosicché oggi solo un esiguo 6% lo possiede ancora.
A tratteggiare questo identikit è il portale Skuola.net, che ha intervistato 2.500 giovani tra gli 11 ed i 25 anni, nell’ambito di “No Fake, Be Real”, un'iniziativa sostenuta dall’EUIPO, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale.
Se quanto appena illustrato non bastasse, l’indagine mostra anche come, per una parte consistente degli intervistati, l’attacco al diritto d’autore e alle opere d’ingegno sia una costante. E se nel caso del vestiario e della tecnologia, mediamente “solo” per 1 su 10 è un’abitudine cercare prodotti contraffatti, per quanto riguarda lo streaming illegale o in violazione dei termini di contratto previsti dalle varie piattaforme la quota si impenna, comprendo un terzo del campione (33%).
Molto spesso, ciò che sembra mancare è la piena consapevolezza delle conseguenze di questi comportamenti. Da un lato, infatti, quasi 1 su 3 (31%) cede alla tentazione del risparmio pur cosciente di eventuali possibili conseguenze. Ma è ancora più preoccupante la quota di coloro – 1 su 5 (20%) – che non si rendono conto di alimentare sacche di illegalità e di danneggiare nel contempo i fautori di quei contenuti o di quei prodotti tanto amati.
Una sottovalutazione che, all’atto pratico, si può tradurre persino in una sorta di effetto emulazione. Nonché nell'esposizione a rischi onestamente evitabili. Alcuni esempi? Ben il 20% ha acquistato le credenziali degli account condivisi da sconosciuti, mentre il 24% ha condiviso ad altri le proprie, aprendo quindi a una diffusione non controllata di dati personali.
Per converso, conforta che c’è una metà di giovani (49%) che evita di prendere le scorciatoie di cui si è parlato sinora proprio perché ben conscia che, facendolo, entrerebbe nel circolo vizioso. Occorre intensificare la sensibilizzazione sul tema.
Come tenta di fare la EUIPO, che favorisce la realizzazione di iniziative di sensibilizzazione nei paesi dell’Unione. Tra cui spicca “No Fake, Be Real”, un progetto didattico che ha lo scopo di coinvolgere le nuove generazioni attorno al concetto di proprietà intellettuale, facendolo nei luoghi che frequentano tutti i giorni, dalle piattaforme online a i banchi di scuola. Puntando sui docenti, mettendo loro a disposizione un kit didattico per sviluppare questi temi nell’ambito delle ore di Educazione civica. Cercando, in questo modo, di trasmettere una cultura della proprietà intellettuale a 360 gradi, puntando sul concetto che i prodotti contraffatti o i servizi online pirata possono arrecare problemi di salute e sicurezza, oltre che conseguenze di natura legale e danni al settore produttivo.
Di questi temi, infatti, di solito non si parla molto nei contesti educativi formali: solo il 21% degli intervistati li ha approfonditi a scuola. Per il 46% è invece proprio tabula rasa: nemmeno da autodidatta hanno avuto l’occasione di interessarsi della questione.
Quelle descritte sono iniziative meritorie ma, a lume dei dati sopra riportati, bisogna fare di più.
Occorre impegno della sensibilizzazione mediatica ma soprattutto nella formazione coordinata e capillare: la merce contraffatta è prodotta nella totale illegalità: evasione fiscale, lavoro nero e lavoro minorile, uso di materie prime vietate o frutto di ricettazione.
uploads/images/image_750x422_65bd169c8008d.jpg
2024-02-02 18:55:47
119