Secondo Wanda Ferro, sottosegretario all’Interno
“dall’inizio dell’anno fino a luglio c’è stato, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, un aumento di oltre il 140% dei beni confiscati alla criminalità organizzata e destinati a fini sociali. L’obiettivo del governo è di continuare a colpire le organizzazioni criminali anche attraverso la sottrazione dei beni accumulati illecitamente per trasformarli in presidi dello Stato o per realizzare attività sociale, anche attraverso l’assegnazione diretta alle realtà del terzo settore.
Con il Ministro Piantedosi abbiamo potenziato la struttura dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati guidata dal prefetto Bruno Corda che era sotto organico e ben venga anche un protocollo d’intesa con Confcooperative.
Il ruolo delle cooperative nella gestione e nella valorizzazione di questi beni è, infatti, importante. Le cooperative si sono fatte carico di un fardello gravoso e rappresentano una fetta importante del nostro Paese.”
Secondo Gaetano Mancini, vicepresidente di Confcooperative con delega ai beni confiscati,
“Abbiamo 200 cooperative impegnate nella gestione dei beni confiscati che occupano 3 mila persone e fatturano 100 milioni. Vogliamo agire con sempre maggiore determinazione, ma per farlo dobbiamo affinare i nostri strumenti, accrescere il dialogo c tra istituzioni e il mondo economico e sociale e, infine, velocizzare le assegnazioni, per le quali al momento occorrono in media 5 anni dalla confisca.
Come si evince dalla relazione sull’attività dell’Agenzia per l’anno 2022 dei 1412 beni proposti al terzo settore, 1126, cioè bel l’80%, sono rimasti inoptati. Dobbiamo chiederci cosa possiamo fare di più e meglio. Possiamo agire ricorrendo alla disciplina applicabile ai lavoratori delle aziende in crisi e prevedere un capitolo di spesa dentro il fondo unico giustizia, mirato al rilancio di aziende confiscate, costruito da risorse previste dai fondi rimasti largamente inutilizzati.”
Secondo Bruno Corda, direttore dell”Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata,
“Vogliamo cogliere le vostre proposte, non mancano i fondi ma bisogna lavorare sulla progettualità. Esiste una norma che prevede un finanziamento di 48 milioni da parte del Mise, ma ne sono stati usati solo 34. la priorità dell’Agenzia è quella di destinare i beni a chi, all’interno delle stesse aziende, è in grado di portare avanti, ma che le difficoltà nei processi di concessione non mancano.
Non bisogna essere approssimativi, serve progettare il futuro delle aziende e serve assicurarsi che non continuino i legami con il soggetto mafioso.”
Ma, andando ai numeri, ad oggi sono oltre 40.000 i beni, tra immobili e aziende, confiscate ma solo circa la metà sono stati riassegnati. 5 beni su 10, infatti, rimangono ancora da destinare.
Inoltre, oltre alle ritorsioni che subiscono chi li gestisce, molti vengono abbandonati o, in alcuni casi, si cerca pure di venderli questi beni e questa è la più grande sconfitta che ci possa essere.
Tornando ai numeri il maggior numeri di beni immobili confiscati è proprio in Sicilia, 6906, segue la Calabria con 2908 beni, la Campania con 2747 beni, la Puglia con 1535 e la Lombardia con 1242. Le aziende confiscate sono invece 4384 di cui il 34% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all’affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse; inoltre il 66% sono ancora in gestione presso l’ANBSC (Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata).