La riforma sull’autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?
Sono molto contraria. Perché credo nel principio di solidarietà nazionale e che i diritti dei cittadini e delle cittadine e in generale delle persone debbano essere gli stessi in tutta Italia.
Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?
Fortemente negativa.
C’è chi dice che per primi, questa legge, l’ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?
La ritengo un’analisi superficiale, che viene spesso utilizzata in modo strumentale.
Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?
Credo che per avvicinare i servizi ai cittadini servano investimenti, per la sanità pubblica, per il sistema di welfare, per il diritto alla casa, la scuola, il lavoro. Non credo serva dividere tra regioni di serie A e di serie B e quindi tra cittadini che avranno dei servizi e coloro che invece non li avranno. Detto questo, ritengo che si possa discutere di tutto e anche di una riforma delle autonomie, ma sempre nell’ambito di un sistema equilibrato di ripartizione delle competenze e delle prerogative tra Stato e autonomie locali. Non mi piace per niente, invece, l’idea che ciascuna regione possa scegliere e contrattare le materie della propria autonomia, come un menu alla carta.
Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?
No, non credo che si corra questo rischio. Anzi, credo che la battaglia contro questa riforma sbagliata vada fatta, insieme alle forze politiche e sociali che la contestano, proprio nell’interesse dei bisogni dei cittadini, che invece il Governo continua ad ignorare. È falso dire che lo stravolgimento di cui si fa portatrice la legge Calderoli sia previsto dalla Costituzione. La Costituzione, modificata sul punto dalla riforma del Titolo V, prevede la possibilità di conferire a singole Regioni “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, ma non che questa possibilità possa stravolgere il riparto di competenze stabilito dall’articolo 117 della Costituzione, che nel caso può essere modificato solo con legge costituzionale.
Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull’autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?
Penso che che abbiano fatto bene, nell’interesse dei cittadini e delle comunità che rappresentano.
Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c’è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c’è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d’Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?
Dipende da come saranno definiti i Lep e da cosa ci sarà dentro. Questa sarebbe stata la prima cosa da fare ed è grave che invece non si sia fatto.
C’è chi afferma, però, che con l’autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno…
Per alcune Regioni ce ne saranno di meno. E in ogni caso quella che già adesso vediamo è una riduzione delle risorse che lo Stato trasferisce alle Regioni per le loro competenze.
Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?
No, certamente i Lep da soli non bastano. Ai Lep vanno agganciate per prima cosa delle risorse e delle modalità di attuazione che consentano il loro effettivo raggiungimento.
Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?
Finirà per creare tanti diversi servizi sanitari, quelli delle regioni ricche e quelli delle regioni povere. Accentuando disuguaglianze che invece andrebbero eliminate.
Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?
Sì, molti aspetti critici, che ho anche cercato di mettere in evidenza nelle risposte precedenti. In generale il rischio è quello di spaccare il Paese, di far venir meno il ruolo del Parlamento, di non avere più una Repubblica ma tante piccole autonomie locali, che non potranno certo essere all’altezza di obiettivi che riguardano la dimensione nazionale, europea e globale. È falso che le istanze regionali e territoriali possono realizzarsi al meglio con un’autonomia differenziata che, una volta concessa, non potrà più essere messa in discussione se non con il consenso della Regione stessa. È come accettare che un pezzo di Stato se ne vada per conto suo e su importanti e numerose materie (fino a 23 materie) sia autorizzato a decidere quello che vuole, prendendosi un pezzo del bilancio dello Stato.
Per questo, giustamente, si è parlato di autonomia espropriativa. Come segnalato anche dalle più importanti organizzazioni sociali, oltre al caos normativo, gli effetti diretti sulla distribuzione delle risorse pubbliche a livello sociale e territoriale e quelli indiretti sul debito pubblico e privato saranno insostenibili. A dirlo sono le osservazioni formulate da istituzioni indipendenti come l’Ufficio Parlamentare di Bilancio e la Banca d’Italia e perfino la Commissione UE lo ha segnalato.
A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?
Il vero scopo andrebbe chiesto a chi l’ha proposta e approvata. Il risultato sarà che chi già ha di più continuerà ad avere di più, mentre chi è in difficoltà verrà lasciato sempre più indietro. Grazie al referendum però non è ancora detta l’ultima parola e soprattutto sarà possibile una grande e partecipata discussione pubblica, che coinvolgerà tutte le cittadine e tutti i cittadini.
Una discussione contro un’idea distorta di regionalismo, ma anche una discussione sui servizi e i diritti che la Repubblica deve assicurare a tutti e a tutte. Sarà una discussione sul diritto alla salute, sull’istruzione, sui diritti e sull’uguaglianza. Anche stavolta saranno comunque due visioni del mondo a confrontarsi, spero senza toni propagandisti, tra chi crede che sia meglio andare avanti da soli anche a scapito del vicino e chi invece crede in sistema di servizi pubblici e in un modello solidale dove si cresce tutti insieme.
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