Contribuire a tutelare, conservare e valorizzare le collezioni artistiche e i luoghi che le custodiscono significa credere nell’importanza e nel valore del patrimonio culturale per la società. È essenziale, ora più che mai, l’impegno ciascuno nella salvaguardia del Patrimonio artistico, bene dell’Umanità tutta facendo ciascuno la propria parte nel sostenerlo attraverso il rispetto e, quando si ravvisano illeciti, nel denunciare la violazione delle norme di tutela. In questi termini si esprime l’art. 9 della Costituzione, principio fondamentale che deve essere recepito come orientamento per tutta la legislazione italiana sul patrimonio scientifico, ambientale e culturale.
L’art. 9 della Costituzione, nel testo definitivo approvato nella seduta del 22 dicembre 1947, resistendo ai persistenti e ripetuti tentativi di abolizione perpetrati, con il tempo si è rivelata una disposizione lungimirante. La stessa sua collocazione tra i “principi fondamentali” è particolarmente significativa, perché indica la tutela di tali beni come irrinunciabile per il nostro Paese: non solo quale direttiva per il legislatore e parametro di legittimità per la Corte costituzionale, ma anche quale norma precettiva, idonea a fondare le decisioni dei vari soggetti dell’ordinamento. La disposizione considera, in un unico enunciato, il passato, il presente ed il futuro: vi si trovano, invero, l’eredità del passato («il patrimonio storico e artistico»), il presente che ci circonda e costantemente muta («il paesaggio») e la creatività delle conquiste future («la cultura e la ricerca scientifica»). Onde insegna che è necessario preservare il passato per progettare saggiamente il futuro.
Impegno indispensabile nei confronti del Patrimonio italiano, così vasto, prezioso, e fragile. Nella condivisione di tale spirito anche le donazioni rivestono un ruolo importantissimo perché contribuiscono alla conservazione della bellezza, della cultura e della storia.
Febbraio 2025: torna al Museo di San Marco la Deposizione di Santa Trinita di Guido di Pietro Trosini, detto Beato Angelico
La Deposizione di Santa Trinita è uno di quei capisaldi dell’arte occidentale, e del Rinascimento fiorentino in particolare, presente in tutti i manuali di storia dell’arte. Il suo attuale restauro è quindi un vero evento, soprattutto per il magnifico risultato che fa risplendere ancor più i colori, la luce, i volumi, la prospettiva, il paesaggio, le raffinate figure che compongono questo capolavoro assoluto. Come sempre il restauro è un lavoro che vede collaborare molte figure e molte professionalità. Un grazie particolare va ai restauratori Lucia Biondi e Roberto Buda, ad Angelo Tartuferi direttore dei lavori, e naturalmente a Simonetta Brandolini d’Adda, vera mecenate ed anima dei Friends of Florence.”
Il Beato Angelico affida a una scena teatrale di rara potenza e intensità la rappresentazione della Deposizione del Cristo nella Pala di Santa Trinita dopo un lungo e complesso lavoro di restauro realizzato da Lucia Biondi.
Questa nuova restituzione conferma la preziosa collaborazione tra la Direzione regionale Musei nazionali della Toscana del Ministero della Cultura e la Fondazione Friends of Florence che negli anni ha reso possibile con il suo sostegno, tra gli altri, il nuovo allestimento della Sala del Beato Angelico, che custodisce la più ricca collezione al mondo di opere su tavola dell’artista, tra i massimi maestri del primo Rinascimento fiorentino, e di alcuni dei suoi capolavori come la Pala di Bosco ai Frati.
La Deposizione sarà visibile nella Sala del Beato Angelico fino a settembre 2025 quando sarà tra le opere protagoniste della grande mostra “Angelico”, la prima dedicata all’artista da Firenze dopo oltre settant’anni dalla prima monografica del 1955, attesa a Palazzo Strozzi e al Museo di San Marco e curata da Carl Brandon Strehlke con Angelo Tartuferi e Stefano Casciu.
Un percorso irripetibile, con prestiti provenienti dai più importanti musei e istituzioni al mondo, grazie alla collaborazione tra la Fondazione Palazzo Strozzi, la Direzione regionale Musei nazionali Toscana del Ministero della Cultura e il Museo di San Marco, che ospiterà le sezioni dedicate agli inizi dell’Angelico e alle miniature, oltre ad offrire il percorso tra i celebri affreschi del Frate pittore.
L’opera
La Deposizione, commissionata tra il 1429 e il 1432 da Palla Strozzi in onore di suo padre Onofrio per la Sagrestia della Chiesa di S. Trinita (all’epoca Cappella Strozzi), trasformata in cappella di famiglia, rappresenta uno dei primi capisaldi della produzione artistica matura del Beato Angelico, che lo stesso Vasari ebbe modo di menzionare nelle Vite, ricordando come “mise tanta diligenza che si può, fra le migliori cose che mai facesse, annoverare”.
Della formazione di Guido di Pietro Trosini, detto Beato Angelico, originario di Vicchio Mugello tra il 1395-1400, non si conosce perchè le sue prime opere di pittura sono andate perdute. Dell’attività giovanile restano probabilmente il Trittico di San Pietro martire e la Madonna con Bambino e santi, entrambe al Museo di San Marco a Firenze.
Caratteristica dell’arte dell’Angelico è il cromatismo delicato e l’uso di una illuminazione piena. La critica più qualificata concordando nella sua adesione all’arte di Masaccio (evidente nel dipinto l’Imposizione del nome del Battista) in paio con orientamenti più arcaici in ragione delle opere da realizzare e a seconda dei committenti, ravvisa proprio in questo equilibrio tra passato e presente l’originalità della sua pittura.
Prima della realizzazione degli affreschi del convento di San Marco a Firenze che avvenne tra il 1438-1446, l’Angelico esegue alcune opere considerate suoi capolavori: L’incoronazione che oggi si trova al Louvre, la Deposizione di Santa Trinità e il Trittico di Perugia, questi ultimi oggi al museo di San Marco.
Con quest’opera, Angelico scardina il modello tradizionale delle pale d’altare di impianto medievale, caratterizzate dall’accostamento di più tavole dipinte separatamente e divise da colonnine e guglie. Introducendo un nuovo modello di pala, improntata ad una visione unitaria dello spazio dipinto, all’interno del quale i personaggi e le storie narrate, oltre ad acquistare maggiore respiro in uno spazio dichiaratamente prospettico, assumono una dimensione più solenne e monumentale, con accenti teatrali.
Dopo l’avvio dell’opera da parte di un altro frate pittore, il camaldolese Lorenzo Monaco, che eseguì entro il 1425 le tre cuspidi e la predella, la commissione venne affidata dagli Strozzi al Beato Angelico, che riuscì a far dialogare straordinariamente il suo linguaggio moderno e innovativo con quello più tradizionale e ancora gotico di Lorenzo Monaco, dando unità alla pala.
L’opera presenta i toni di una vera e propria scena teatrale, dove i ventotto personaggi si affollano in primo piano. La critica ha cercato di comprendere se tra i personaggi raffigurati dall’Angelico sono riconoscibili i ritratti di personaggi del tempo, in particolare dei committenti della famiglia Strozzi.
Il centro della scena è occupato dal corpo di Cristo deposto dalla croce, sostenuto da alcuni personaggi che si affannano sulle due scale per sorreggerlo, affiancati dalle Marie piangenti. In primo piano colpisce la figura inginocchiata di un giovane in abiti contemporanei, identificato col Beato Alessio Strozzi, che sembra svolgere il ruolo di intermediario tra l’osservatore e l’evento sacro.
Altro elemento di novità, che il restauro ha contribuito a mettere maggiormente in risalto, è dato dal paesaggio sullo sfondo, con le colline della campagna toscana e una città turrita, Gerusalemme, che allude anche a Firenze. Un paesaggio illuminato da una luce chiara e intensa che avvolge tutti i personaggi, dando risalto alle vesti rifinite in oro. Splendido il prato fiorito e lussureggiante in primo piano.
L’intervento conservativo
“Se restaurare le opere di grandi artisti è sempre impegnativo per il carico di responsabilità che questo comporta, nel caso del lavoro sulla Deposizione di Santa Trinita di Beato Angelico la posta in gioco era molto alta e la finalità del progetto assai ambiziosa – racconta la restauratrice Lucia Biondi – ma ho potuto contare sul sostegno del profondo legame stabilito con Angelico, di cui ho restaurato anche il Giudizio Finale e la Pala di Bosco ai Frati, sempre nel Museo di San Marco”.

Il lungo e delicato restauro durato due anni ha recuperato con l’intervento di pulitura i valori di trasparenza e luminosità della pittura dell’Angelico, che appariva appiattita e opaca, diminuita nei volumi e nella prospettiva. La visione dell’artista, ricca di sottigliezze di luce e colore e di grande sensibilità per il dato naturale, trova un vertice nel suggestivo paesaggio che fa da sfondo alla scena sacra, che prima del restauro era del tutto privo di profondità.
Il minuzioso intervento di ritocco pittorico ha ricucito le numerose, piccole mancanze, causate dalle vecchie vernici che avevano letteralmente strappato le stesure più sottili, e le abrasioni delle antiche puliture.
La verniciatura finale è stata studiata appositamente per saturare la pittura e non appesantirla con un’eccessiva lucentezza, in modo da enfatizzare la leggerezza e la trasparenza delle campiture.

Sono state svolte anche indagini diagnostiche per cercare di comprendere meglio il rapporto tra le parti dipinte da Lorenzo Monaco (cuspidi e predella) ed il completamento dell’Angelico, con la scena principale e i pilastri laterali con le figure dei Santi, ma molto resta ancora da spiegare.