Laddove la democrazia rappresenta il pluralismo, l’autoritarismo caratterizza la repressione. Quattro sono gli elementi che conferiscono ad uno Stato un’organizzazione autoritaria: un pluralismo politico limitato; un potere esecutivo vago nell’esercizio delle sue funzioni e pronto ad espandersi in caso di “crisi”; la creazione, talvolta retorica ed emotiva, di un nemico spesso immaginario contro cui destinare atti politici ingiustificabili in politica estera.
In politica interna i governi di ispirazione autoritaria promuovono una sistematica repressione degli oppositori al governo centrale.
Fino al 1924, scriveva Piero Calamandrei, resse «la generosa illusione della libertà che si difende da sé, come una forza di natura. Non fu «viltà o debolezza, fu disorientamento ed errore di gente onesta e civile» davanti all’insediarsi di «un’anemia critica», di una «stomachevole uniformità di tutti i giornali», di una «ributtante retorica, tracotante e menzognera, penetrata come un contagio», che aveva «reso insopportabile alle persone di buon gusto perfino il titolo di certi giornali».
Nello stesso disorientamento ed errore si rischia di cadere oggi davanti ai continui spostamenti di soglia che erodono in molti modi lo spazio democratico: con la criminalizzazione del conflitto, l’incattivimento dei linguaggi, la compressione della libertà di espressione e manifestazione; con un’ideologia della sorveglianza che si vorrebbe pervasiva in scuole, università, esercizi pubblici e luoghi di lavoro; con un’ipertrofia punitiva che introduce ogni giorno nuovi reati e fattispecie di reato, per un totale di 417 anni di carcere aggiunti nell’ordinamento giuridico penale nei soli primi due anni di governo dell’attuale maggioranza.
Preoccupa la palese insofferenza dell’esecutivo nei confronti dei limiti che la Costituzione pone all’esercizio del potere; la costruzione di riforme lesive della democrazia parlamentare, della Presidenza della Repubblica, del bilanciamento e della separazione dei poteri, dell’autonomia della Magistratura; l’uso reiterato della decretazione d’urgenza e di norme eccezionali come pratica di governo, fino a superare, con l’introduzione di 84 decreti legge, la precedente legislatura, dove tuttavia due governi (Conte II e Draghi) si sono trovati ad affrontare la crisi pandemica.
Lo scivolamento da uno stato di emergenza temporaneo a uno stato di eccezione strutturale avviene sulla scorta di una raffigurazione mediatica che crea nemici e capri espiatori tra le persone meno tutelate ed enfatizza la percezione del rischio, giustificando e rendendo senso comune una politica di riduzione dei diritti e degli spazi di agibilità.
Chi ha sempre creduto in uno Stato di diritto e si è sempre attivato per l’affermazione dei diritti umani senza non può restare indifferente.
Per questo docenti universitari, giuristi, scienziati, filosofi e intellettuali hanno dato avvio a uno spazio aperto e permanente di riflessione, analisi e testimonianza sulla progressione verso forme autoritarie in Italia, viste nel contesto europeo e internazionale.
L’Osservatorio sull’autoritarismo nasce, dunque, dalla volontà di centocinquanta intellettuali, studiosi e docenti italiani e stranieri (da Giorgio Parisi a Jean-Claude Monod, da Nancy Fraser a Judith Butler, da James Galbraith a Gustavo Zagrebelsky) di attivare uno spazio di monitoraggio ed analisi in luoghi di incontro, fisici e virtuali, che, nelle principali sedi universitarie, si traduca in giornate di studio aperte alla cittadinanza per custodire e diffondere i fondamenti della cultura democratica in una Italia che, secondo l’ultimo rapporto di “Liberties” (Civil Liberties Union For Europe) si colloca tra i cinque paesi europei «demolitori dello Stato di diritto» insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia. I luoghi deputati a ospitare le iniziative dell’Osservatorio serviranno per un agire insieme finalizzato alla comprensione utile a fermare il processo di svuotamento della democrazia costituzionale e al progressivo attacco alle libertà di espressione e di manifestazione.
Lo scorso 31 marzo, in risposta alla proposta ricevuta, in qualità di docente del Dipartimento di Scienze forensi dell’Università di Siena, ho aderito anch’io all’Osservatorio condividendo la concreta assunzione dell’ impegno di contrastare la risorgente diffusa «anemia critica» che l’Osservatorio si propone di contribuire a mettere in luce e analizzare gli spostamenti di soglia che giorno dopo giorno erodono lo spazio democratico, coltivando scambi di pensiero analitico con chi, nel contesto europeo e internazionale, studia l’avanzare di governi che si dicono democratici mentre svuotano la democrazia dall’interno.
Le tappe iniziali saranno tre giornate di studio in diverse città: la prima si svolgerà a Firenze, all’Istituto Universitario Europeo, il 12 settembre 2025, e verterà su «Democrazia e autoritarismo al tempo dell’intelligenza artificiale», la seconda, all’Università La Sapienza di Roma, avrà come filo conduttore «La crisi della democrazia rappresentativa, i fondamenti normativi della post-democrazia e la manipolazione della memoria storica nelle forme di populismo autoritario»; la terza, ospitata dall’Università Statale di Milano, analizzerà «Il rapporto tra sovranità e diritti umani, la crisi dello Stato di diritto e il progetto di svuotamento della democrazia costituzionale».
Non si tratta di iniziative accademiche, e nemmeno militanti – per quello ci sono già le reti di associazioni – ma giornate di studio in uno spazio aperto di riflessione, testimonianza, acquisizione di saperi, progettualità, denuncia politica nel dialogo con le istituzioni europee e internazionali che vigilano sul rispetto dello Stato di diritto perché, per riprendere Calamandrei, la democrazia costituzionale non si difende da sé, ma ci offre gli strumenti normativi per difenderla.
La speranza è che questi incontri si diffondano rapidamente in altre università italiane, da nord a sud, costruendo una rete diffusa e interrelata di saperi sul corrompimento autoritario dei linguaggi, sul restringimento delle libertà di opinione e manifestazione, sulla criminalizzazione del conflitto e sui moltissimi altri sguardi necessari a promuovere una costellazione di impegno e conoscenza a salvaguardia della democrazia parlamentare, del bilanciamento e della separazione dei poteri, dell’autonomia della Magistratura, ma anche di quello che si può descrivere come un progressivo incattivimento del linguaggi pubblici, che indebolisce la fiducia dei cittadini dalle istituzioni e li allontana ulteriormente dall’esercizio della partecipazione.
L’obiettivo che con la mia adesione sostengo è giungere a sintesi condivise, progettualità, denuncia politica e, quando necessario, giudiziale, nel dialogo con le istituzioni democratiche europee e internazionali che vigilano sullo Stato di diritto contro l’erosione dei principi costituzionali di eguaglianza e solidarietà, contro la distruzione del welfare e delle garanzie del lavoro, contro l’incrudelimento delle politiche migratorie e di accoglienza, contro l’attuale politica di progressivo restringimento degli spazi di libertà e partecipazione attiva.