Rispondere ai bisogni e ai diritti delle popolazioni che versano in stati di necessità è un impegno delle tante organizzazioni umanitarie che si appellano ai governi affinchè aumentino i finanziamenti per la cooperazione internazionale e ai privati perché forniscano aiuti attraverso le donazioni. In molte parti del mondo si muore per la fame e per le malattie oltre che per le guerre e la negazione dei diritti umani.
Sono proprio gli aiuti umanitari una preda sempre più allettante per la criminalità. La trasparenza e l’applicazione di metodi per rendere conto di quello che si fa (accountability) sono requisiti indispensabili a prescindere da chi gestisce gli aiuti.
Il rapporto “Unfulfilled Promises”, commissionato dai membri europei della Confederazione Caritas insieme a Caritas Colombia e Caritas Libano e pubblicato da Caritas Europa, riporta uno scenario inquietante.
Il rapporto Unfulfilled Promises
I risultati dell’indagine rivelano gravi inefficienze nel sistema di distribuzione degli aiuti umanitari.
Tra i principali donatori governativi, solo tre monitorano il flusso diretto dei loro fondi verso le ONG locali, e solo uno di essi riesce a destinare almeno il 25% dei finanziamenti alle organizzazioni locali. Questi dati mettono in luce un fallimento sistemico nella decentralizzazione degli aiuti umanitari. Nonostante gli impegni significativi, come quelli assunti durante il Vertice Umanitario Mondiale del 2016 con il “Grand Bargain” – un accordo che impegnava i principali donatori umanitari globali a destinare il 25% degli aiuti umanitari direttamente alle organizzazioni locali– nel 2022 solo l’1,2% degli aiuti è stato distribuito in questo modo, evidenziando una centralizzazione e un limitato potere decisionale locale.
In primo luogo, il rapporto valuta i progressi dei donatori governativi, delle agenzie delle Nazioni Unite e delle principali ONG internazionali nella decentralizzazione del sistema degli aiuti umanitari. L’indagine si concentra su dieci principali governi donatori, tra cui la Commissione europea, Canada, Francia, Germania, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia, Stati Uniti e Regno Unito, oltre a cinque grandi agenzie delle Nazioni Unite come UNHCR, UNICEF, UNRWA, WFP e WHO, e cinque importanti ONG internazionali, tra cui International Rescue Committee, Médecins Sans Frontières, Norwegian Refugee Council, Save the Children e World Vision International. A tal fine, è stato sviluppato un innovativo indice che classifica questi attori in base alla qualità del loro impegno a decentralizzare il sistema degli aiuti umanitari.
In secondo luogo, Il rapporto sottolinea l’importanza dell’azione umanitaria a guida locale nel raggiungere un numero crescente di persone bisognose e nel creare un sistema umanitario più efficace ed equo. Per comprendere appieno la prospettiva delle organizzazioni locali e i reali bisogni delle comunità, l’indagine ha condotto due casi studio attraverso interviste con organizzazioni locali in Libano e in Colombia, al fine di offrire una visione dettagliata delle sfide e delle opportunità.
I risultati dell’indagine
I risultati mostrano che, tra i principali donatori umanitari governativi, solo tre monitorano il flusso diretto dei loro fondi alle ONG locali, e la Francia è l’unico paese che raggiunge l’obiettivo di destinare il 25% dei finanziamenti a queste ultime.
Nel 2016 è stato lanciato il “Grand Bargain”, un accordo che mirava a destinare il 25% degli aiuti umanitari direttamente alle organizzazioni locali. Nel 2022, solo l’1,2% degli aiuti è stato distribuito in questo modo. Questo dato sottolinea come la maggior parte delle risorse e delle decisioni sia ancora gestita centralmente, con scarsa considerazione per le specificità e le capacità delle comunità locali di determinare autonomamente le proprie necessità.
L’indice mostra che esiste un divario tra impegni e pratica nell’azione umanitaria a livello locale: molte organizzazioni hanno impegni per la localizzazione, ma l’attuazione è debole e mancano meccanismi di responsabilità adeguati. La disponibilità di dati, la trasparenza e la tracciabilità dei finanziamenti sono carenti per la maggior parte degli attori, rendendo difficile seguire il flusso dei fondi e garantire che raggiungano effettivamente le organizzazioni locali.
Le organizzazioni internazionali, rispetto ai donatori governativi, mostrano una migliore disponibilità di dati, ma le loro prestazioni necessitano ancora di miglioramenti. Molte hanno adottato politiche per trasferire potere alle organizzazioni locali, ma il monitoraggio di queste politiche è limitato. Anche i tre attori più performanti (UNHCR, PAM, UNICEF) hanno ottenuto un massimo di soli 66 punti su 100, secondi dati raccolti attraverso un sondaggio di auto-percezione, relazioni fattuali e valutazioni delle organizzazioni umanitarie locali.
Le testimonianze raccolte nei casi di studio di Caritas Libano e Caritas Colombia confermano i risultati dell’indice, evidenziando che c’è ancora molto da fare per attuare pienamente l’agenda di localizzazione. Se per un verso, le organizzazioni locali chiedono finanziamenti più flessibili e a lungo termine, maggiore trasparenza e una voce nella definizione delle priorità per affrontare veramente le necessità delle comunità, per l’altro verso le Caritas rivolgono specifiche raccomandazioni a donatori, agenzie ONU e ONG affinchè monitorino l’ammontare e la qualità dei finanziamenti erogati alle organizzazioni locali.
Spesso le cronache giudiziarie portano alla ribalta il destino delle risorse finanziarie raccolte per gli aiuti umanitari, la loro efficacia e la loro concreta utilizzazione offrendo non solo spunti di riflessione ma precisi richiami al controllo sui rischi che si corrono quando tanto denaro scorre dove la frantumazione sociale in clan e la fragilità delle istituzioni genera corruzione e affarismo che purtroppo, non di rado, coinvolge anche le stesse organizzazioni umanitarie, complici di regimi e consorterie locali. Una vera e propria mafia con cui si arricchisce la criminalità che riesce a lucrare su uomini, donne e bambini che muoiono di fame.