L’Unione Europea, nata dalle ceneri di due guerre mondiali, avrebbe dovuto incarnare l’ideale più ambizioso del Novecento: un continente unito, pacifico, solidale e federato, capace di superare i nazionalismi e di difendere la pace come valore assoluto. Questo era il cuore pulsante del Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni in esilio, mentre l’Europa affondava nella barbarie del fascismo e della guerra.
Oggi, quel sogno appare tradito.
Il Parlamento Europeo, organo che dovrebbe rappresentare la coscienza politica dell’Unione, è sempre più spesso complice silenzioso – o peggio, attore attivo – dei conflitti armati, delle politiche belliche e degli interessi geopolitici delle potenze atlantiche. Lo dimostrano due scenari che stanno devastando interi popoli e interrogando la coscienza collettiva: l’Ucraina e Gaza.
Ucraina: il conflitto che ha spaccato l’Europa
Dall’invasione russa del febbraio 2022, l’UE ha preso una posizione netta a sostegno dell’Ucraina. Decine di miliardi di euro in aiuti militari, economici e logistici sono stati inviati da Bruxelles. Un sostegno motivato dalla difesa della sovranità e del diritto internazionale, ma che ha visto una crescente militarizzazione del dibattito europeo.
Il Parlamento ha votato a favore di missioni armate, dell’invio di armi sempre più sofisticate e persino della possibilità di usare il denaro del PNRR per sostenere la produzione bellica. Una scelta che ha suscitato divisioni tra gli Stati membri e crescenti dubbi tra le società civili.
Nessuno mette in discussione l’illegalità dell’invasione russa, ma è legittimo domandarsi se una risposta fondata sulla corsa agli armamenti e sulla delega alla NATO sia coerente con i valori fondanti dell’Europa. La diplomazia è rimasta ai margini, mentre le logiche del conflitto hanno prevalso sulla costruzione della pace.
Gaza: il silenzio complice davanti al genocidio
Se l’Ucraina ha diviso, la guerra in Palestina ha smascherato un’ipocrisia drammatica. Dal 7 ottobre 2023, la reazione militare israeliana dopo l’attacco di Hamas ha scatenato una catastrofe umanitaria a Gaza, con oltre 35.000 morti, tra cui migliaia di bambini. Ospedali distrutti, scuole bombardate, campi profughi rasi al suolo.
Eppure, le istituzioni europee hanno scelto una prudenza disumana, spesso giustificando o minimizzando l’azione israeliana, in nome della “lotta al terrorismo”. Il Parlamento europeo ha impiegato mesi per approvare risoluzioni ambigue e non vincolanti, evitando accuratamente parole come “genocidio”, “occupazione” o “violazione dei diritti umani”.
Solo una parte minoritaria dei parlamentari ha espresso solidarietà alla popolazione palestinese e chiesto l’embargo sulle armi verso Israele. Il resto ha preferito non disturbare le relazioni strategiche ed economiche con Tel Aviv, tradendo il principio fondamentale del diritto internazionale: la protezione dei civili.
L’Europa al bivio: sicurezza o civiltà?
In nome della sicurezza e della stabilità, l’UE ha accettato di militarizzare i confini con Frontex, rafforzare accordi con regimi autoritari per fermare i migranti e investire sempre più nella difesa comune. Ma tutto questo ha un costo: l’arretramento dell’etica politica europea.
Il Manifesto di Ventotene non auspicava un’Europa forte solo militarmente, ma un’Europa moralmente autorevole, capace di guidare la pace, difendere i diritti umani e contrastare le ingiustizie globali. Oggi l’UE sembra più simile a una fortezza armata che a una comunità di popoli solidali.
Ripartire dai principi
È urgente rimettere al centro il senso profondo del progetto europeo, che nasce per superare le guerre, non per finanziarle. Il Parlamento europeo deve ritrovare la sua funzione alta, farsi portavoce delle coscienze, non dei lobbisti bellici o dei blocchi di potere.
L’Europa dei popoli non può essere l’Europa delle bombe, né della neutralità complice. Serve una nuova generazione politica capace di riprendere in mano Ventotene, non come retorica da anniversario, ma come bussola per orientare il futuro.
E in questo, i cittadini europei – giovani soprattutto – hanno un ruolo fondamentale. La storia insegna che la pace non è mai un regalo del potere, ma una conquista della partecipazione e della memoria.