“Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro”.
Questo scriveva Niccolò Machiavelli, il fondatore della scienza politica moderna, al suo amico Francesco Vettori il 10 dicembre 1513.
Ebbene, nella luminosa mattinata di lunedì 2 giugno, grazie ad una felice intuizione del Sig. Prefetto di Cremona, Dott. Antonio Giannelli, anche una parte della cittadinanza cremonese – Autorità civili e militari, comunità civile, comunità studentesca – è entrata in uno scrittoio del tutto particolare, il Salone dei Quadri del Palazzo Comunale, per spogliarsi della veste cotidiana, piena di fango e loto, e mettersi panni reali e curiali, pascendosi di un cibo che ha nutrito menti, animi, coscienze: la lezione magistrale del Prof. Maurizio Viroli, filosofo e saggista italiano, professore emerito di Teoria politica alla Princeton University. Durante il settennato di Carlo Azeglio Ciampi, il Prof. Viroli, ordinario presso l’Università del Texas ad Austin e l’Università della Svizzera Italiana a Lugano, ha servito la Presidenza della Repubblica Italiana.
Con una spiccata padronanza dei mezzi espressivi, un parlare chiaro, lineare e preciso, una eccezionale abilità espositiva, il Professore ha articolato il suo speech con una logica serrata e coinvolgente, riuscendo ad assolvere perfettamente quelle che Cicerone individuava come le tre principali funzioni dell’arte oratoria: docere, delectare, flectere o movere.
Densi i contenuti di Filosofia politica e Storia del pensiero politico che il Professore ha veicolato ad una numerosa platea attenta, curiosa, interessata, motivata, “non sentendo alcuna noia”, proprio come scrive Machiavelli nella Lettera a Vettori. Un pubblico eterogeneo che è stato ugualmente “delectato” e “mosso” a pensare, riflettere, meditare.
Ad esempio, ci siamo mai interrogati sul perché non esista un monumento che celebri la nostra Repubblica? Eppure, come afferma Piero Calamandrei, la Repubblica è stata voluta, frutto di un lavoro paziente, quale prolungata prova di coscienza civile.
Abbiamo la Repubblica, certamente, ma siamo certi di avere la mentalità repubblicana? Di nutrire sentimenti repubblicani? Domande scomode quelle poste dal Prof. Viroli, che interpellano le coscienze, di tutti e di ciascuno.
Un viaggio nella Storia per discernere ciò che è vero Bene da ciò che Bene non è, nonostante gli ingannevoli lustrini – colonie estive, bonifiche di paludi, opere assistenziali – del Male: i fatti perpetrati dai Totalitarismi del ‘900 parlano da sé. Quel “fascismo culturale” non è mai stato bonificato e i dati allarmanti che avallano una rinnovata ammirazione degli estremismi, soprattutto da parte dei giovani, ne sono una preoccupante conferma.
I cittadini in Italia sono sovrani, vero, ma esercitano realmente questa sovranità?
Perché ci sia una “vera” Repubblica devono essere soddisfatte quattro condizioni:
- il bene comune deve prevalere sugli interessi privati;
- le leggi devono essere più forti degli uomini, di tutti gli uomini, soprattutto dei potenti;
- i cittadini, soprattutto chi è investito di responsabilità civili, devono avere coscienza dei doveri, inderogabili, proprio come recita l’art. 2 della nostra Carta costituzionale;
- i cittadini devono amare la Patria in modo giusto.
Se la Repubblica diventa proprietà privata di alcuni singoli uomini – attraverso potenti armi pericolose come il denaro e la demagogia – allora questa muore. Le Repubbliche, infatti, possono morire: ne sono testimonianza la Repubblica romana, veneziana, napoletana.
Come si fa allora a difendere la Repubblica? A salvarla e non farla naufragare?
Àncora di salvezza, unico mezzo di difesa della Repubblica è la nostra Costituzione! Assolvendo il compito di cittadini veri, che abbiano vivo il senso del dovere.
Difendere la Patria, che non coincide con un territorio, ma è sinonimo di senso di amore, è un dovere “sacro”: la sacralità non è vincolata necessariamente al senso religioso, ma implica la possibilità che salvare e difendere la patria possano esigere il sacrificio della vita stessa.
Pertanto, la vera Repubblica non è una realtà esistente, data, ma un ideale da realizzare, con un rinnovato sentimento di amor patrio. Dove (ri)trovare tale sentimento? Dove (ri)scoprirlo?
Non è una chimera! Assolutamente! Lo si può ritrovare, riscoprire nella nostra stessa tradizione culturale, nelle pagine memorabili dei Grandi scrittori e pensatori, i Maestri del pensiero democratico: a partire dalla Pro Cluentio di Cicerone per arrivare ai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio di Niccolò Machiavelli, quindi, agli scritti di Giuseppe Mazzini, Carlo Cattaneo, Piero Calamandrei, Carlo Rosselli, Benedetto Croce, ma anche nei programmatici discorsi del Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Ebbene rivestiti condecentemente, la mattina del 2 giugno abbiamo avuto il privilegio di entrare nelle antique corti di questi antiqui huomini, dove, da loro ricevuti amorevolmente, ci siamo nutriti di vero cibo dell’anima, della mente e dello spirito, sentendo profondamente risuonare il sentimento di amor patrio in quell’emozionante coro degli schiavi ebrei nel Nabucco di Giuseppe Verdi.