31 gennaio 1945
Miei cari,
nelle mie ultime ore è più vivo che mai il mio affetto per voi e voglio dedicarvi queste ultime righe. Il nostro comune nemico vuol fare di me solo un triste ricordo per voi, per tutti coloro che mi conoscono e mi vogliono bene. Mi hanno condannato a morte, mi vogliono uccidere.
Anche nelle mie ultime ore non sono venuto a meno nella mia idea, anzi è più forte e voglio che anche voi siate forti nella sventura che il destino ci ha riservato. Datevi coraggio, sopportate con serenità tutto ciò sperando che un giorno vi siano ricompensate le vostre sofferenze. Muoio, ma vorrei che la mia vita non fosse sprecata inutilmente, vorrei che la grande lotta per la quale muoio avesse un giorno il suo evento. Termino per sempre salutandovi e chiedendovi perdono di tutto ciò che ha potuto rattristarvi.
Addio papà, mamma, Ines, Anita, salutatemi Elio il giorno che lui potrà ritornare.
Addio per sempre.
Bruno
(B. Frittaion, 31 gennaio 1945, in: Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia, http://www.ultimelettere.it)
Bruno Frittaion nasce il 13 ottobre 1925 a San Daniele del Friuli (Udine). Frequenta la scuola di avviamento professionale e già nel 1939 entra in contatto con l’organizzazione clandestina comunista. Dopo l’armistizio entra a far parte delle Brigate Garibaldi. Oggetto di delazione, il 15 dicembre 1944 viene arrestato dalle SS italiane. Condotto nelle carceri di Udine, è sottoposto a interrogatori, torture e infine condannato a morte. Verrà fucilato il 1º febbraio 1945, a Tarcento (Ud).
La storia del corpo delle SS italiane è ancora oggi poco conosciuta e approfondita: si ricordano a tale riguardo in particolare i saggi dello storico Lazzero Ricciotti e dell’ex partigiano Primo de Lazzari. Si tratta di soldati quasi tutti volontari, in un numero che oscillava presumibilmente tra i diciotto e i ventimila. L’esistenza di SS italiane fu voluta da Mussolini dopo la sua liberazione dalla prigionia sul Gran Sasso. Questa milizia armata agiva al comando di ufficiali germanici: tutti i gradi superiori erano tedeschi, i nomi dei volontari venivano inviati a Berlino e gli stessi ordini venivano comunicati in lingua tedesca. Il loro giuramento rivelava il totale ossequio al nazismo: «Sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler supremo comandante dell’esercito tedesco». Spesso all’opera negli eccidi dei civili e negli scontri con i partigiani, rappresentano un’altra delle pagine inquietanti della Repubblica Sociale.
Le Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (8 settembre 1943 – 25 aprile 1945) sono state pubblicate per la prima volta nel gennaio 1952 da Einaudi, a cura di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli. Nei successivi cinquant’anni ci sono state ben 15 tra riedizioni e ristampe, fino all’edizione del 2002, curata da Gustavo Zagrebelsky. 112 lettere, selezionate tra le centinaia scritte da uomini, donne e giovani arrestati, torturati e mandati a morte durante la lotta di Liberazione.
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2020-04-16 12:11:53
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