Con questa ultima parte riprendiamo subito il concetto interrotto sul clientelismo. «Il clientelismo c’è sempre stato, secondo me nella nostra tradizione ci sarà. L’importante è che non sia un clientelismo che escluda la possibilità agli altri di fare carriera o di trovare un posto di lavoro», ha affermato Michele Iorio.
Lei cosa intende per clientelismo politico?
«Sarebbe il rapporto tra l’interesse dei cittadini o dei singoli cittadini con l’interesse pubblico o con chi gestisce l’interesse pubblico. C’è e ci sarà, probabilmente ci sarà sempre».
È una cosa positiva per la politica o è una cosa negativa?
«Ma io non la vedo positiva per la politica. La politica dovrebbe essere esente da questa malattia, anche se bisogna riconoscere che sotto varie forme e sotto diverse forme, anche nelle altre democrazie, sotto sotto il clientelismo c’è. Magari lo fanno i potentati di altro genere, non politico. Ma, comunque, il clientelismo c’è».
Nella sua lunga gestione politica ci sono stati esempi di clientelismo?
«Il clientelismo ha sempre coinvolto tutti, non credo che nessuno possa dichiararsi completamente esente da questa tentazione. È innata nel politico che si misura con i voti, si misura con il consenso, difficilmente riesce a misurarsi con le proprie capacità. A volte ci sono politici capaci, persone impegnate nella politica capaci che non riescono a trasmettere questa capacità all’opinione pubblica e dal punto di vista elettorale non riescono ad essere premiati. Poi c’è quel rapporto tra l’elettore e l’eletto che ti porta, in qualche modo, a creare le condizioni per il clientelismo. Probabilmente non dovrebbe esserci, bisogna fare in modo che sia gestito nel miglior modo possibile. Io non lo so se l’ho gestito nel miglior modo possibile, ma ho cercato di non vivere di clientelismo, fino a quando ho potuto».
C’è una affermazione fatta da un ex magistrato della DDA di Campobasso: “Il Molise è una piccola Regione, si conoscono tutti ed ognuno pensa il proprio turno. Oggi tocca a me e domani potrebbe toccare a te”. Lei condivide questa analisi?
«È una condizione umana. Il fatto di essere una piccola Regione ci mette in una condizione particolare rispetto ad altre realtà, anche dal punto di vista dell’efficacia del clientelismo ai fini della rielezione. “Oggi tocca a me, domani tocca a te” mi sembra un po’ esagerato ma, comunque, è un dato di fatto. Sicuramente».
Se ci fosse la possibilità di rivivere i suoi anni di potere cosa farebbe di diverso?
«L’esperienza che ho maturato mi servirebbe per cambiare molti atteggiamenti».
I suoi o quelli dei suoi uomini?
«I miei e quelli dei miei uomini. Innanzitutto quelli dei miei uomini».
Come giudica i governatori che sono stati eletti dopo di lei?
«Hanno avuto la presunzione di essere diventati tuttologi da un giorno all’altro e di non avere avuto rispetto di quanto è stato fatto in precedenza. Penso che siano state due condizioni che hanno caratterizzato entrambi i presidenti».
L’attuale Presidente Toma è politicamente adatto a governare questa Regione?
«Non lo so. Credo che stia sbagliando, questo sì. Non è questione di essere personalmente o non personalmente adatto».
Perché sta sbagliando?
«Perché ha interpretato il suo ruolo, dal mio punto di vista, in maniera sbagliata quanto quello precedente. Non rispettando le cose fatte e, soprattutto, le cose che si stavano facendo, per dimostrare di essere diverso e migliore. Almeno così ha ritenuto. Ha cercato, addirittura, di allontanarsi dalla tradizione dei governi di centro-destra precedenti ed è entrato in una fase di auto-esaltazione. E credo che possa diventare per lui un rischio».
Che intende? Potrebbe terminare prima il suo mandato?
«Potrebbe essere un rischio perché con questo atteggiamento non si riesce a governare a lungo. D’altronde siamo già alla quarta edizione dell’azzeramento della giunta, in due anni».
Uno spettacolo degno per i cittadini molisani?
«No».
Cosa meritano i molisani?
«Qualcosa di diverso. Il rammarico è che si potrebbe fare, ma per farlo ci vuole capacità di ragionare, di condividere. Tanta umiltà, tanta disponibilità al dialogo. Credo che la politica sia un’arte molto complicata».
Il consigliere di maggioranza Massimiliano Scarabeo ha affermato che dietro alle decisioni di Toma ci sono dei mandanti. Lei si sente tirato in ballo?
«No, credo di essere proprio escluso nella maniera più assoluta. Mi sono battuto, come non mai, per dichiarare quella una pagina scura della politica molisana».
Lei condivide il pensiero di Scarabeo? Ci sono o non ci sono questi mandanti?
«Nella politica i mandanti ci sono sempre. Che ci sia qualcuno che trae giovamento da questa condizione è sicuro, altrimenti non sarebbe stato fatto».
Lei conosce i mandanti? Ha una sua opinione?
«È un po’ difficile. Il Presidente ha detto che lo ha fatto per dare la responsabilità agli assessori di votare il bilancio e mi attengo alle sue motivazioni, che sono veramente poca cosa rispetto all’enormità di quello che è stato fatto».
Qual è l’enormità?
«Enormità significa ledere il principio di retroattività delle leggi elettorali. Secondo me quello è uno dei principi che ha retto il nostro Paese, i nostri parlamenti. Addirittura quando sono state cambiate le leggi, in attesa delle nuove elezioni, nel Molise si è voluta seguire una strada molto diversa, per togliere di mezzo qualche fastidio».
A maggio si attende la decisione del Tar Molise. Lei cosa aggiunge?
«C’è una sola via, annullare quello che è stato fatto e far ripetere tutta la procedura. Se posso esprimermi per la mia esperienza credo non sia possibile giustificare il perché un consiglio regionale è stato convocato in quel modo».
Possiamo spiegare meglio?
«Cioè perché quattro consiglieri regionali non sono stati convocati nel consiglio che doveva disporre la loro fuoriuscita. Di questo stiamo parlando».
Lei è stato, politicamente, molto vicino all’ex cavaliere Berlusconi. Per lei resta un punto di riferimento? Anche dopo la sua condanna definitiva per frode fiscale?
«Di Berlusconi non ho condiviso sempre tutto, però devo dire che, per me, è stato un riferimento molto importante in una fase politica in cui avevo, in qualche modo, abbracciato un’idea che purtroppo è rimasta un’idea».
Che tipo di idea?
«Avere nel Paese due schieramenti democratici, che potessero alternarsi. Dopo il peregrinare che ho fatto, personalmente, in tutte le forme di pseudo DC che c’è stata dopo la caduta della Democrazia Cristiana, a cominciare dell’Udc, dal Ccd, insomma tutto quel cammino tortuoso delle aree democristiane, l’approdo con Berlusconi l’ho visto politicamente soddisfacente, sul piano dell’impegno, dei programmi, devo dire dell’innovazione».
Indipendentemente dalla P2, da Mangano, dalle accuse, dalle condanne…
«Le accuse, le condanne… devo dire che l’esperienza che ho vissuto direttamente con lui, pur avendo un rapporto di amicizia e una certa frequentazione, non ho mai avuto l’impressione di trovarmi di fronte a un personaggio che potesse essere legato alle accuse che ha ricevuto nelle varie fasi della sua vita politica».
Lei è stato all’interno di quel partito. Il fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri (“il mediatore del patto di protezione tra Berlusconi e Cosa nostra”), ha scontato una pena definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Bisogna aggiungere la condanna in primo grado per la Trattativa Stato-mafia, senza dimenticare la sottrazione dei libri antichi. Lei cosa ha pensato e cosa ne pensa?
«Ho avuto dei pensieri “sarà vero, non sarà vero”, mi è rimasto sempre qualche dubbio. Però, in ogni caso, conosco anche la storia e so che non sempre la lettura degli avvenimenti giudiziari definisce al meglio percorsi politici o storici di un certo livello. Guardiamo ad Andreotti (prescritto per mafia, nda) come ad altre personalità che pure in qualche modo, soprattutto nell’area siciliana, sono stati coinvolti da questioni. La storia di Falcone è assolutamente importante per capire come ci si muove in ambienti in cui, a volte, si può essere accusati di tutto e del contrario di tutto. Personalmente ho cercato di non fare queste considerazioni trasferendole nella quotidianità, ho visto un partito che mi piaceva, persone degne di esserci. Insomma, per quello che ho conosciuto, con Berlusconi c’è stata anche la soddisfazione di un rapporto personale di un certo livello».
La politica deve stare lontana dalle mafie o, come disse un ex ministro della Repubblica, “bisogna convivere con la mafia”?
«La politica deve rimanere lontana dalla mafia. E per rimanere lontana dalla mafia non deve essere una politica sponsorizzata né dai mafiosi né dagli antimafiosi, altrimenti diventa tutta una giostra e non si capisce nulla. Forse le cose di oggi le leggeremo tra 150 anni».
Secondo lei le mafie hanno messo piede in Molise?
«Se vuole una battuta scherzosa, qualcuno diceva che nel Molise no, perché la nostra è molto più potente della mafia».
Sembra di sentir parlare Andreotti. Questa è una battura andreottiana…
«Diciamo così. Comunque non credo, in Molise non credo. Non ci sono state molte occasioni e molti movimenti economici da interessare la mafia, intesa come organizzazione».
Il Molise, è per lei, un’Isola Felice?
«Fino ad ora credo e spero di sì, anche se non so fino a che punto».
Perché dice così?
«C’è sempre da tenere gli occhi aperti. Non sarà la mafia principale, ma altre mafie che possono, in qualche modo, fare un boccone del Molise, siamo talmente pochi… Diciamo che… ecco, bisogna riflettere molto bene quando si affaccia il problema delle riforme elettorali. Se pensiamo all’ultima riforma elettorale…»
Pensiamoci.
«È una riforma elettorale che ha favorito la capacità di chi riesce a fare più liste. E chi riesce a fare più liste, al di là degli ideali, delle posizioni sociali, tradizionali, gestisce il potere. Non solo si è creata la condizione per cui, con il 22, 23% dei voti, questa legge elettorale affida la maggioranza assoluta in Regione, ma addirittura lega il voto alle singole persone che compongono le liste e, indissolubilmente, va al Presidente. Non c’è il voto disgiunto, non c’è nemmeno il ballottaggio. C’è un’elezione fatta a tavolino».
Ritornando all’Isola Felice, durante la sua gestione politica, nel Nucleo industriale Pozzilli-Venafro, due “prenditori”, i fratelli Ragosta, legati alla criminalità, acquistarono due aziende decotte (Rer e Fonderghisa). Parliamo di fondi europei, rifiuti, traffico di armi. E questo è solo uno dei tanti esempi legati alle presenze criminali nella nostra Regione. Perché si continua a dire che le mafie non sono mai arrivate?
«Che ci siano stati dei mafiosi interessati o qualcuno che ha riciclato del denaro in Molise credo che sia certo. Non si può certo dubitare. Non credo che socialmente il Molise sia come la Calabria e come la Sicilia, ecco. Tanto per parlarci chiaro».
È giusto avere in consiglio regionale un soggetto condannato definitivamente, in passato, poi riabilitato, per aver introdotto, da agente penitenziario, nel carcere di Campobasso delle armi cedute a dei gruppi criminali?
«È difficile rispondere, trattandosi di un amministratore con cui ho lavorato in più occasioni, con il quale ancora sto lavorando in consiglio regionale. In un Paese, che è la culla del diritto, quando c’è la riabilitazione… Allora a che serve la riabilitazione? Poi le considerazioni devono farle i partiti che candidano la gente. Tutti hanno responsabilità».
Ma esistono questi “filtri” all’interno dei partiti?
«No, non esistono più. Su questo non c’è dubbio. Però è difficile correggerlo con l’impossibilità a candidarsi, soprattutto quando c’è l’istituto della riabilitazione. Se non ci fosse, allora, il problema si risolve da solo. Ma essendoci come si fa ad evitarlo? Abbiamo sufficienti leggi che, in qualche modo, regolamentano i sistemi elettorali, parlo di quelle costituzionali».
Lei pensa ad una nuova ricandidatura per le prossime regionali, ovviamente come Presidente?
«Mi crea qualche imbarazzo rispondere. Continuo e continuerò a fare politica, su questo non c’è dubbio. Se dovesse essere necessario mi impegnerò anche la prossima volta, tutto sommato potevo chiudere la mia carriera politica in modo soddisfacente, però le dico con sincerità sono…
È a disposizione?
«Sono a disposizione, vedremo come andranno le cose».
PRIMA PARTE. Sanità in Molise. Parla Iorio: «Bisogna reinventarla. Forse ho qualche responsabilità»
SECONDA PARTE. Iorio: «Il clientelismo c’è sempre stato»
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2020-04-30 08:46:45
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