L’autrice, Valèrie Perrin lavora da sempre nel mondo dell’arte e per anni è stata fotografa di scena delle più importanti produzioni cinematografiche francesi, tra cui quelle del marito Claude Leoluch. Il suo talento nel cogliere attraverso l’obiettivo situazioni, atmosfere, emozioni le ha fatto conquistare numerosi premi.
La storia narrata ha dell’incredibile perché non rinuncia alla dettagliata osservazione delle vicende che si intrecciano in un vorticoso viaggio nella vita di più personaggi che prendono forma, ciascuno con le proprie caratteristiche, all’interno del racconto, del tutto funzionali all’economia della storia.
La protagonista indiscussa è Violette, donna dall’infanzia difficile, catapultata in un matrimonio con Philippe Toussaint, giovane avvenente, con una vita psicologica tormentata, soverchiato dalla presenza ingombrante di una famiglia eccessivamente borghese, in cui campeggia la figura della madre, sempre troppo influente sulla sua crescita di uomo.
La storia si dipana nelle pagine come una matassa da sbrogliare, tanto da essere usati tanti flashback e anticipazioni che rendono il racconto avvincente, ma nello stesso tempo, ancorato alla difficoltà di capire gli avvenimenti, come è difficile nella vita, molto spesso, comprendere gli accadimenti.
Un tragico lutto, la morte della figlioletta, in una circostanza oscura, sconvolge la coppia tanto che ne segna anche la fine defìnitiva di un rapporto stanco e macchiato dai numerosi tradimenti di Philippe.
Mi chiederete perché “Cambiare l’acqua ai fiori?”
Perché la vita di Violette sarà dedicata a fare la guardiana di un cimitero della Borgogna, dove è seppellita la figlioletta ed è proprio lei, che cambia l’acqua ai fiori delle tante tombe che riconosce una da una, cataloga, annotando ogni particolare, i funerali.
Ed è sempre in questo posto che trova un nuovo amore, non solo nella pazienza universale della dedizione all’eterno, ma anche nell’incontro con un uomo che la riporterà alla vita.
Il libro è una fucina di sentimenti contrastanti, ma reali ed intensi, un crogiuolo di emozioni che rendono inappagante la lettura anche quando si arriva alla fine del romanzo.
Come una lama sottile si scava nel profondo fino ad arrivare spesso all’Inferno che i personaggi hanno dentro di loro. Non saprei dire a quale genere appartenga perché sono tante le sfumature della storia tale da potersi considerare la storia nella storia e le tante storie nelle storie, dunque un thriller, come un romanzo d’amore o uno psicologico.
Una speculazione psicologica, intima, che entra nelle vite per farne intravedere il chiaro scuro, lo sconcio, il patologico, ma anche l’amore, quello di una madre, di una moglie, spogliata della sua identità che ritrova se stessa, nella barcollante fede delle immutate stagioni, pur avendo un macigno sul cuore e nella bellezza di una vita che costruisce, giorno dopo giorno, sulle macerie dei dolori e delle mancanze subìte.
In questo libro c’è l’odio, ma anche l’amore, la vergogna, ma anche il coraggio, il perverso, ma anche l’ingenuità.
Una grande fetta dell’animo umano, confuso, incompleto, sofferente, ma destinato a superare ogni cosa con l’abitudine del vivere.
Cambiare l’acqua ai fiori raccoglie il significato dello scorrere dell’esistenza che si ferma ad ascoltare le piccole cose, i piccoli gesti, che contribuiscono a ridare la spinta vitale, che solo le abitudini possono cementificare nei periodi di disagio e di mancanza di vita.
Da sfondo la società borghese francese e l’atmosfera noir, tipica dei romanzi francesi come anche della cinematografia.
Credo, infatti, che questo libro potrebbe diventare una fantastica pellicola cinematografica.
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2020-06-03 15:50:46
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