Crolla il soffitto di una stanza del reparto di Chirurgia dell’ospedale «San Pio» di Vasto, una scheggia ferisce un paziente al labbro. Questa in sintesi la notizia del 29 maggio: «il giorno dopo, a digiuno, sono tornato in ospedale per l’intervento, ma l’operazione è saltata per mancanza di anestesisti. Mi hanno fatto una flebo antidolore. Dopo 2 giorni, stremato dal dolore e dal digiuno, ho ottenuto dai chirurghi l’urgenza. Alle 19 mi hanno operato. Venerdì 29, ancora sotto l’effetto dell’anestesia, verso le 16, ho sentito un forte boato. Un attimo dopo mi sono piovuti in faccia e negli occhi calcinacci e polvere. Ho pensato a un terremoto». La stessa ASL Lanciano-Vasto-Chieti ha reso noto il 3 giugno che, durante i rilievi tecnici, «è scoppiata una delle tubazioni dell'impianto di riscaldamento, causando l'allagamento di diversi locali, esteso fino alla cappella e alla sala della Risonanza magnetica in Radiologia».
L’emergenza covid19 forse comincia ad essere alle spalle ed ecco tornare la «normalità» precedente. Una normalità che, per la sanità abruzzese, è animata da tagli, debiti mai sanati, familiari di bambini con autismo costretti a forti proteste e anche a rivolgersi ai tribunali per il rispetto dei loro diritti, mobilitazioni cittadine per difendere ospedali in tutte e quattro le province e l’eredità di sanitopoli – come abbiamo raccontato il 14 marzo (https://www.wordnews.it/sanita-il-coronavirus-e-dilagato-nella-macelleria-dei-tagli ) e dieci giorni dopo (https://www.wordnews.it/coronavirus-in-abruzzo-sanita-allo-stremo-e-denunce-di-scarsa-sicurezza-degli-operatori ) – mai superata e i cui costi continuano a gravare sui cittadini e le strutture sanitarie.
La sanità abruzzese è un «pandemonio», sintetizzò amaramente l’Unione Sindacale di Base tre mesi fa e nei mesi scorsi Azione Civile (il movimento fondato e presieduto dall’ex pm e oggi avvocato antimafia Antonio Ingroia) ha espresso sconcerto e rabbia per le condizioni della sanità abruzzese: «ospedali in affanno, operatori costretti a turni massacranti e mancanza dei dispositivi di protezione indispensabili» la sintesi del 29 marzo di quest’anno e già l’11 novembre dell’anno scorso ha sottolineato come «ci sono migliaia e migliaia di cittadini lontanissimi da ogni ospedale, disabili e malati costretti a sacrifici immani per cure sempre più a rischio, malati oncologici gravissimi che per oltre due lustri hanno visto negato il loro diritto a fornirsi di medicinali vitali nella farmacia più vicina e quindi costretti a recarsi in ospedale, dove quasi sempre si son sentiti rispondere che il farmaco non è disponibile e dovevano quindi recarsi in una qualsiasi farmacia sotto casa». La realtà che vive l’ospedale «San Pio» di Vasto rappresenta perfettamente tutto questo desolante quadro, frutto di anni e anni di annunci e dibattiti infiniti (è almeno dagli anni ottanta che si discute periodicamente della costruzione di un nuovo ospedale), mentre la situazione ha visto aumentare progressivamente problemi sempre più gravi. Il crollo del 29 maggio è solo l’ultimo, tra i più gravi, dei tanti episodi critici.
Abbiamo intervistato, per ricostruire la situazione attuale e riflettere su come ci si è arrivati, il dottor. Antonio Spadaccini, direttore di Gastroenterologia per diversi anni.
Sei stato per tanti anni medico nell’Ospedale di Vasto, quale situazione hai trovato quando sei arrivato, come si è evoluta negli anni, come l’hai invece lasciato e quando è iniziato quello che a molti appare un lento ed inesorabile declino?
«Nel 1987, trasferitomi da Lanciano, ho iniziato a lavorare a Vasto con il compito di attivare anche in tale Ospedale un Servizio di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva. Tra il 1980 e 1990 il Presidio Ospedaliero di Vasto ha attraversato sicuramente un periodo positivo e di oggettiva crescita delle sue possibilità clinico-assistenziali. In quegli anni, oltre alla Gastroenterologia, furono attivate anche tante altre specialità (Pediatria, Ematologia, Urologia, Otorino, Neurologia, Anatomia Patologica e Malattie Infettive). Successivamente, ed in particolare nel corso dell'illuminata e fattiva gestione della ASL Lanciano-Vasto da parte del Direttore Generale Dr Michele Capirossi, il nostro ospedale continuò ancora a migliorare sotto l'aspetto organizzativo, clinico-assistenziale, tecnologico e strutturale. Con la creazione nel 2009 della ASL provinciale di Chieti è, invece, oggettivamente iniziato il progressivo e inaccettabile «declino funzionale»: da quel momento le risorse regionali e aziendali sono state senza dubbio destinate prioritariamente a Chieti. Negli ultimi anni poi siamo stati costretti ad assistere e sopportare, per evidente e colpevole debolezza politica locale, ad una inaspettata discriminazione e penalizzazione del Presidio Ospedaliero di Vasto rispetto anche ad altri di pari livello come quelli di Lanciano ed Avezzano».
Il crollo delle scorse settimane ha destato scalpore: quale riflessione ti è venuta quando ne hai avuto notizia? Era possibile aspettarsi che succedesse una cosa del genere? Secondo te perché e cosa si poteva fare per evitare di arrivare a questo punto?
«Quanto successo può essere naturalmente addebitato in primis all'età del nostro ospedale, la cui costruzione è iniziata negli anni 50. Certamente possono poi aver avuto un peso considerevole anche successive e più recenti opere di ristrutturazioni, eventualmente non del tutto adeguate, e/o la mancanza dei necessari controlli. Non essendo un tecnico in materia non saprei cosa di più preciso aggiungere. Ma certamente, se avessimo già in funzione, come più volte promesso, il nuovo ospedale di Vasto …».
La conclusione della frase rimane sospesa a metà nella nostra intervista, la costruzione di un nuovo ospedale avrebbe evitato questo ed altre situazioni tutt’altro che positive per l’ospedale vastese. Ed è tanta, ormai, l’amarezza e la disillusione da parte dei cittadini e, forse, ancor di più da chi vi ha dedicato larga parte della vita lavorativa e tantissimi anni con dedizione e generosità.
uploads/images/image_750x422_5ee7daee64d48.jpg
2020-07-03 19:14:30
3