Il titolo del libro “Il regionale delle sei e quarantatrè“ di Marcello Carlino, tradisce uno dei messaggi fondamentali dell’opera quali il “viaggio” inteso nella sua accezione metaforica di traversata dell’umanità ed anche, a mio avviso, la temporalità alla quale nessuno può sfuggire veramente come anche la quotidianità di azioni che dilatano il tempo e precisano la persistenza della ripetitività che accattiva e nello stesso tempo compone e scompone la sussistenza delle cose.
Dalla lettura del libro si evince un filo conduttore, una lente di ingrandimento sulla condizione umana, disarmante e grottescamente vissuta nelle tante connessioni e sconnessioni dell’Io con il mondo circostante e i continui richiami alla condizione sociale e politica di un’Italia che si alza presto e vive spasmodicamente gli ingranaggi di un susseguirsi di situazioni a tratti sconce e maleodoranti, quelle dell’uomo comune che guarda al passato con gli occhi di un presente che marginalizza, a tratti la condizione personale, pur sempre accusatoria di un disagio esistenziale, ma che passa la mano alla dimensione cosmica del malessere di una società disfunzionale dove il bene comune viene stracciato dalla scarsa empatia, dalla accidentalità delle occasioni che non servono a superare l’individualismo, l’egoismo e il nichilismo.
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2020-10-21 16:53:43
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