«La Prefettura di Chieti ha notificato la sospensione della licenza di esercizio per la Esplodenti Sabino, l'azienda di Casalbordino presso la quale lo scorso 21 dicembre una esplosione ha causato la morte di 3 operai. Il provvedimento è stato notificato alla vigilia di Natale». Questa la notizia diramata dall’Ansa il 5 gennaio, nuovo capitolo della vicenda sull’accertamento delle cause dell’esplosione che il lunedì prima di Natale ha ucciso 3 operai nello stabilimento della «Esplodenti Sabino» di Casalbordino. L’incidente è avvenuto il 21 dicembre e i corpi sono stati recuperati nel pomeriggio successivo. Da quanto riporta l’Ansa la sospensione è stata notificata il 24 dicembre, solo 3 giorni dopo la terribile esplosione. Una tempistica più che rapida che certamente non si può pensare sia frutto del caso o della fortuna.
La Procura di Vasto, riporta sempre l’Ansa, ha aperto un fascicolo che «prevede le ipotesi di reato per omicidio colposo, disastro e danno colposo con la iscrizione sul registro degli indagati di 3 vertici della Esplodenti Sabino e l'iscrizione della società per illeciti ammnistrativi dipendenti da reato». L’area dell’impianto fu immediatamente sottoposto a sequestro da parte della Procura di Vasto dopo l’incidente. Fonti della società hanno riferito all’Ansa che negli ultimi giorni del 2020 la Procura si è opposta alla richiesta di incidente probatorio, richiesta che «sarebbe poi propedeutica al dissequestro della struttura». Se il Gip dovesse accogliere le motivazioni della Procura i tempi del sequestro si preannuncerebbero lunghi. Esattamente come laboriosi e lunghi i tempi dell’inchiesta giudiziaria, così come ha fatto intendere dopo i primi sopralluoghi il procuratore Giampiero Di Florio. Decisivi per le indagini potrebbero essere i risultati dell’autopsia sui corpi dei 3 operai che saranno consegnati entro sessanta giorni. Effettuate il 23 dicembre le autopsie si sono protratte per 6 ore, «perché abbiamo dovuto ripetere alcune operazioni con gli uomini del Ris dei carabinieri e poi per la ricomposizione dei corpi che ha comportato quello che potete ben immaginare» ha reso noto il medico legale che ha sottolineato «abbiamo trovato dei corpi sottoposti ad una azione lesiva importante tanto da determinare il depezzamento delle povere vittime».
La sospensione prenatalizia è stata notificata alla società dalla Prefettura di Chieti, la stessa a cui la legge assegna il compito «d’intesa con le regioni e gli enti locali interessati, previa consultazione della popolazione e nell’ambito della disponibilità finanziarie previste dalla legislazione vigente» di predisporre i Piani di Emergenza Esterna degli stabilimenti a «rischio incidente rilevante» (23 in Abruzzo tra cui la Esplodenti Sabino), la stessa poi « ne coordina l’attuazione». All’indomani dell’esplosione il segretario nazionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo rese noto di aver consultato il sito web del Comune ma di non aver trovato il Piano di Emergenza Esterno dello stabilimento, «neanche con il motore di ricerca in google» eppure «dovrebbe essere facilmente reperibile da qualsiasi cittadino anche non esperto di internet», e che sul sito web della Prefettura di Chieti «la pagina sui Piani di Emergenza Esterni è ferma al 2008». Nell’occasione ricordò anche l’interrogazione depositata da Antonio Saia a nome del suo partito nel 1994 che, 26 anni dopo, sul sito web della Camera risulta ancora con «iter: in corso». Non ha mai avuto risposta. Nell’interrogazione Saia sostenne che l’IRES, organismo internazionale per lo studio del traffico internazionale di armi, aveva evidenziato «che dai porti abruzzesi negli ultimi anni sarebbero stati esportati grandi quantitativi di armi ed esplodenti, destinati alle aree calde del mondo, sia direttamente sia attraverso passaggi intermedi; in particolare, tra l'altro, attraverso un terzo Paese, i destinatari principali del traffico d'armi sarebbero stati il Medio Oriente e la ex-Jugoslavia». Un traffico che «si sarebbe svolto attraverso i porti di Pescara, Ortona (CH) e Vasto (CH) e coinvolgerebbe in qualche modo anche la fabbrica Valsella di Brescia che avrebbe fornito l'esplosivo – sottolineò l’interrogazione – misteriosamente scomparso, alla Sabino Esplodenti che era autorizzata anche allo stoccaggio». Saia e i suoi colleghi parlamentari riportarono che era in corso un’indagine dopo la «misteriosa scomparsa di dieci tonnellate di esplosivo T4 e per accertamenti riguardanti le condizioni di sicurezza» sempre secondo l’Ires e che il presunto «traffico di armi» interessava anche sospetti dell’invio di esplosivi in Olanda da dove «armi ed esplodenti» (secondo accuse delle dogane svedesi) sarebbero stati inviati nell’area del Golfo. Due anni dopo un altro incidente grave – all’interno di una cava a Rapino durante un' operazione di inertizzazione di residui bellici – uccise altri due operai. Si legge in un articolo di Repubblica del 4 aprile 1996 «la deflagrazione è avvenuta all'interno di un fornello: almeno cento chili di una miscela di tritolo e T4 e parti di spoletta che non sarebbe stato possibile inertizzare in fabbrica». Gli ultimi precedenti prima dell’esplosione del 21 dicembre 2020 avvennero, nel 2009 nell’impianto di Casalbordino, come abbiamo raccontato nell’articolo del 2 gennaio scorso, e cinque anni fa nella sede di Noceto(Parma) come abbiamo riportato nell’articolo del 30 dicembre scorso. «Può capitare durante la lavorazione» dichiarò a Repubblica la società nel 2015 riferendosi alla pericolosità delle operazioni di demilitarizzazione svolte, una versione diversa fu fornita dai sindacati emiliani che, già immediatamente dopo l'esplosione, puntarono il dito sulla ditta: «procedure di sicurezza, mai dato chiarimenti» scrissero in un comunicato stampa.
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2021-01-06 19:17:30
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