Il 2 giugno non è una data qualsiasi nel calendario civile italiano. È il giorno in cui si celebra la nascita della Repubblica, ma anche – ed è bene ricordarlo ogni anno – il momento in cui le donne hanno esercitato un diritto fondamentale: il voto.
Siamo nel 1946, un’Italia lacerata dalla guerra, ma desiderosa di riscatto. Il 2 giugno gli italiani – uomini e donne, insieme – vengono chiamati alle urne per decidere se continuare con la monarchia o scegliere la Repubblica. Una scelta epocale. Ma a rendere quel giorno ancora più storico è il fatto che 13 milioni di donne italiane votano per la prima volta, conquistando concretamente un diritto per cui generazioni di donne avevano lottato.
Quel voto fu più di una scheda inserita in un’urna. Fu un grido collettivo di presenza, dignità, parità. Fu l’inizio di un percorso ancora oggi incompiuto, ma profondamente radicato nel tessuto democratico italiano.
In un Paese in cui la politica è stata per lungo tempo un affare maschile, il 2 giugno 1946 rappresenta la vera nascita della cittadinanza universale. Non è solo la nascita della Repubblica, è anche il primo vero passo verso una democrazia inclusiva.
Ecco perché, quando celebriamo questa ricorrenza, non possiamo dimenticare le madri costituenti, le partigiane, le attiviste, le donne del popolo che con coraggio hanno scelto di esserci, di dire la loro, di votare.
Oggi, in un tempo in cui il diritto di voto viene spesso dato per scontato o, peggio, ignorato da chi rinuncia a esercitarlo, il ricordo di quel 2 giugno ci deve interrogare. Perché ogni scheda è una responsabilità, una memoria, un’eredità.
Celebrare il 2 giugno significa anche ricordare che la Repubblica è donna, che la democrazia si nutre di partecipazione, e che il diritto al voto è una conquista da difendere, sempre.