Il dibattito e gli interessi sulla ripartenza stanno confermando che, se e quando usciremo dalla pandemia, la società italiana non ne uscirà migliore. Anche queste ultime settimane stanno confermando il trionfo dell’egoismo, dell’individualismo, del profitto e quanto sia piccolo borghese e consumista il mondo che ci circonda. Mentre si dibatte di stadi e discoteche, di divertimento e tempo libero milioni di persone sono ogni giorno più invisibili. I nuovi impoveriti, gli sfruttati e le sfruttate di oggi che sono gli stessi e le stesse di ieri, i più deboli e fragili, le vittime di una società asociale. In cui trionfa il particolare personale e non si vuol vedere il costo e il prezzo di uno stile di vita che si vuol difendere ad ogni costo. Stile di vita e di morte.
Quella morte su cui lucrano e avanzano criminali di ogni tipo, mafie e mafiosetti di vari livelli, papponi e sfruttatori. Tra le più invisibili le vittime della tratta, dello sfruttamento mafioso e depravato della schiavitù sessuale, quel mercato – come confermato dalla recente relazione semestrale (relativa alla seconda parte del 2020) della Direzione Investigativa Antimafia - sempre fiorente anche in Abruzzo. Nell’indifferenza e nella complicità ipocrita, perbenista, schifosa di troppi “padri di famiglia”, di “bravi uomini” e bigotti. Pronti a giudicare, come accaduto anche nelle scorse settimane, le vittime e a tacere sui carnefici. Condannando, in nome di un supposto «decoro» e «sguardo», chi soffre e non chi fa soffrire.
A poco più di due mesi dalla Giornata Internazionale contro la tratta – ricorrenza passata nel silenzio assoluto o quasi in una regione sempre pronta a sfilate e cerimonie (e questo già dovrebbe far riflettere ed indignare) – c’è stato il decimo anniversario della morte qui, a Pescara, in Abruzzo, di Lilian Solomon. Una ragazza violentata dal turpe e squallido mercato ogni notte per anni, anche quando ormai i dolori e le sofferenza del linfoma erano atroci, capace di ribellarsi e denunciare, far arrestare e condannare i mafiosi sfruttatori stupratori. Un coraggio e una forza d’animo esemplari, che dovrebbero essere di monito, essere sempre più conosciuto, apprezzato ed emulato. Lilian è stata capace, lei molto più debole, sofferente e debole di quel che tanti “materassi di piume” che continuano a credere alle favolette dell’isola felice linda e pinta non sono neanche capaci di immaginare. Il 1° ottobre è stato il giorno dell’anniversario della morte, avvenuta all’Ospedale di Pescara nonostante i tentativi di curarla dopo che lei era fuggita dai suoi carcerieri con l’aiuto di On The Road. Non lasciamo che questo anniversario cada nell’oblio e nel silenzio più totale: almeno fino alla fine di questo mese di ottobre Associazione Antimafie Rita Atria-PeaceLink Abruzzo e WordNews.it propongono di pubblicare un nastrino nero sulle bacheche dei profili dei social network.
Per ricordare Lilian Solomon e il suo sacrificio, per scuotere le coscienze e agire contro le orrende e squallide mafie presenti e sempre attive in Abruzzo come ha ricordato la recente relazione della DIA, come testimoniano la realtà a pochi passi da noi – la bonifica del tronto, Pescara, Montesilvano e Francavilla, San Salvo e il vastese fino al Molise – e tante inchieste di questi anni delle forze dell’ordine e della magistratura e fatti di cronaca. È cronaca di non molte settimane fa l’ultima operazione nazionale contro un clan della mafia nigeriana (ultimo di una lunga serie iniziata con Sahel, l’operazione che partì dalle denunce di Lilian) che aveva il centro e il boss a L’Aquila e ad inizio luglio la storia di una ragazza che voleva fuggire dai suoi carnefici fu rapita a Pescara e salvata solo al confine con i balcani. Sono solo alcuni dei tanti fatti, coperti dal silenzio, dall’ironia di chi considera “normale” quel che accade sulla bonifica del tronto o tra San Salvo e Montenero, dove la stampa molisana mesi fa ha denunciato il “ritorno” massiccio dello sfruttamento della tratta dopo i mesi della massima esplosione della pandemia.
Si può mai immaginare un dolore così forte, che non ti abbandona in nessun momento della giornata, che ti impedisce anche solo di respirare e trascinarti, un dolore che sconquassa le viscere e penetra dilaniante? Questo visse Lilian Solomon e dieci anni dopo immenso è il numero delle Lilian crocifisse e incatenate ogni notte. La sofferenza, il dolore di Lilian avevano un nome ben preciso: linfoma. Eppure i suoi sfruttatori, i suoi carcerieri, fino all'ultimo momento continuarono ad incatenarla sulla strada alla mercé di stupratori a pagamento. Ogni notte, ad ogni ora, senza tregua. Non si può, anzi non si deve dimenticare.
Un nastrino nero sui nostri profili social, un impegno ad aprire gli occhi, a denunciare e non girarsi dall’altra parte, a smetterla con complicità, alimentare questo schifoso, turpe, depravato e perverso mercato criminale, a rendere visibili le invisibili. Come ogni giorno fanno operatori di realtà come On The Road e Comunità Papa Giovanni XXIII, come chiede e propone la campagna “Questo è il mio corpo”, a cui torniamo a ribadire il nostro sostegno, appoggio e condivisione per una battaglia civile, democratica, umana, vera contro ogni mafia. Anche nel nostro Abruzzo. “Questo è il mio corpo” si può seguire, sostenere, far conoscere e condividere dal sito web https://www.questoeilmiocorpo.org/ e dalla pagina facebook https://www.facebook.com/questoeilmiocorpo/ .
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2021-10-07 18:48:59
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