La Costituzione italiana e le leggi che abbiamo – e che occorre doverosamente applicare – colpiscono con durezza gli atteggiamenti che furono propri del fascismo, atti di squadrismo, manifestazioni di violenza che intendono creare un clima di intimidazione, negazione dei valori di libertà e di pacifica convivenza.
L’assalto alla sede della Cgil a Roma, due giorni fa, è stata un’azione tipicamente squadristica e fascista, ma la commistione della componente fascista con quella ‘no green pass’ rischia di circoscrivere l’aggressione al significato giuridicamente criminoso dell’azione e di depotenziare la sua matrice politica, appunto fascista.
D’altro canto, alcuni di coloro che, secondo le forze di polizia, hanno partecipato all’assalto appartengono ad associazioni da anni coinvolte in azioni anche armate ed eversive. Non si può dunque proprio negare, come oggi fanno alcuni leaders politici di destra, la natura politica, e propriamente fascista, di un’azione come l’assalto alla Cgil.
Tanti anni fa, a Bari, nel 1977, in un contesto che non era certamente quello odierno, mi occupavo – come sostituto procuratore della Repubblica – di violenze fasciste: aggressioni, intimidazioni, pestaggi, una violenza squadristica messa in piedi da un gruppo ben individuato.
Le aggressioni di quei mesi sfociarono in un omicidio: l’uccisione del giovane militante comunista Benedetto Petrone.
Benedetto (‘Benny') aveva solo 18 anni, e zoppicava perché da piccolo aveva avuto la poliomielite. Mentre si trovava con altri suoi compagni, in piazza Prefettura a Bari, la sera del 28 novembre 1977, fu aggredito e – poiché non poteva scappare a causa della sua difficoltà – fu accoltellato e ucciso.
Nonostante la palese matrice politica, e – a mio parere – propriamente fascista, di quell’omicidio, esso fu giudicato separatamente rispetto alle violenze ed aggressioni sulle quali io indagavo.
Benché la piazza lo ritenesse un ‘omicidio fascista’ l’uccisione di Benetto Petrone fu tenuta intenzionalmente separata dalla sua derivazione politica di estrema destra, per decisione dei vertici della magistratura barese col complice consenso dell’intero establishment politico, compresa la sinistra ufficiale.
La responsabilità alla fine fu attribuita a un solo imputato, poi definito “pazzo”.
Ho richiamato qui questa vicenda per sottolineare ancora una volta che ci si deve richiamare alla nostra Costituzione, come bene ha fatto il segretario della Cgil, Maurizio Landini, senza “correttivi”. Il nostro Stato si difende da certi meccanismi che si manifestano con episodi squadristici, la nostra Costituzione è antifascista, e noi siamo antifascisti: è necessario non distrarsi dalla radice politico-eversiva di aggressioni come quella della Cgil, senza tolleranza alcuna.
Nonostante possano, o vogliano, farle apparire azioni estemporanee, addirittura strumentalizzando manifestazioni di libertà di pensiero come potrebbero essere giudicate quelle dei ‘no green pass’.
Nicola Magrone, già Procuratore Capo della Repubblica di Larino
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2021-10-12 18:04:01
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