"Mi chiamo Ilardo Luigi, sono nato a Catania il 13 marzo del 1951. Attualmente ricopro l’incarico di Vice rappresentante provinciale di Caltanissetta, coprendo anche l’incarico di Provinciale in quanto il Provinciale Vaccaro Domenico, attualmente si trova detenuto. Ho deciso formalmente di collaborare con la giustizia dopo essermi reso conto di quello che effettivamente ho perduto durante questi anni passati lontano dai miei familiari e dai miei figli, nella speranza che il mio esempio possa essere di monito e d’aiuto a ragazzi, che come me, si sentono di raggiungere l’apice della loro vita entrando in determinate organizzazioni".
Con queste parole comincia la collaborazione di Luigi Ilardo, una collaborazione a metà, perché se da un lato Ilardo aveva piena fiducia nelle istituzioni e in particolare nel Colonnello Michele Riccio (che non lo ha mai abbandonato) dall'altro lato parte delle istituzioni, come il colonnello Mori, il procuratore di Caltanissetta Tinebra, altri gli ufficiali dei Ros… lo hanno lasciato solo, e addirittura la stessa Procura di Caltanissetta fece trapelare la voce che Luigi Ilardo avesse intenzione di collaborare con la giustizia, decretando così la sua condanna a morte!
Ma facciamo un passo indietro, Luigi Ilardo (nome in codice "Oriente") nacque a Catania il 13 marzo del 1951, era cugino del più noto Giuseppe Madonia, nipote di Francesco, vicino al clan dei Corleonesi e capomafia di Vallelunga Pratamento, in provincia di Caltanissetta, che fu ucciso dalla fazione palermitana di Cosa Nostra. Nel 1978 Ilardo fu combinato e divenne “uomo d’onore”. Dopo poco quel giuramento fu spiccato contro di lui un mandato di cattura, motivo per cui Luigi Ilardo si diede latitante.
Nel giugno 1993 Luigi Ilardo chiese un incontro con la Dia dichiarando di conoscere alcuni artificieri delle stragi del 1992-1993. Il capo della Dia, Gianni De Gennaro affidò l’incarico di incontrare Ilardo al Colonello Michele Riccio. Ilardo decise di iniziare un processo di collaborazione, e mise in pericolo la sua vita accettando di infiltrarsi in cosa nostra. Le prime cose che Ilardo disse al Colonnello Riccio riguardavano ovviamente cosa nostra, ma disse qualcosa anche sulla parte deviata dello stato, sui servizi segreti e sulla massoneria. La collaborazione di Ilardo continuò anche quando egli uscì dal carcere e con il Colonnello Riccio si vedono di tanto in tanto in Sicilia.
Negli incontri successivi (che ricordiamo venivano sempre registrati e a fine incontro Riccio redigeva un rapporto che consegnava alla Dia) Luigi Ilardo continuò a parlare dei rapporti tra la politica e la mafia e per farlo prese come esempio l'attentato al giudice Carlo Palermo e disse che: "l’attentato al giudice Carlo Palermo fu fatto da Cosa nostra in ossequio alla collaborazione che nasce con il partito socialista…".
Negli incontri successivi Ilardo disse al Colonnello Riccio: "se il capo militare è Riina, la vera mente dell’organizzazione è Provenzano. Perché Provenzano è quello che sa più ragionare, molto più fine, molto più politico in confronto a Riina. Espone il paesano delle sue decisioni e lui può operare nell’ombra. Ad esempio, anche la scelta stragista è stata, pur accettandola, addebitata a Riina. Parte dell’organizzazione" aggiunge Ilardo "si è rivolta a Provenzano, il cui compito è quello di ricucire l’organizzazione in un unico corpo, spaccato in due fazioni: quella legata a Riina, Bagarella e soci e quella di Provenzano."
Ilardo prosegue e dice "Provenzano è legato ai vecchi ambienti che gli hanno sempre consigliato di stare tranquillo. Mentre Riina, Brusca, Bagarella e gli altri si erano buttati nell’attività di fare soldi ed erano anche in contrapposizione con lo Stato, invece Provenzano suggeriva a loro di stare calmi, di ritornare ai vecchi reati di un tempo, con la forma meno di contrapposizione. ‘E vedrete che poi tutto si sistemerà’. Dal punto di vista politico, dopo aver tentato strade autonome come le Leghe, cominciavano a guardare con grande interesse, infatti Provenzano dice che avevano già stabilito dei contatti con gli ambienti di Berlusconi, con gli ambienti della nascente Forza Italia. Sarebbe stato il punto di riferimento di Cosa nostra, la quale aveva assicurato che avrebbe preso in considerazione tutte le esigenze e le aspirazioni dell’organizzazione. Sia per la gente ristretta in carcere e sia per quelli che stavano fuori, per riprendere le attività produttive e affaristiche dell’organizzazione".
Nell'agosto del 1995, quando va via De Gennaro, anche Riccio cerca di andare via, poiché si sentiva ancora più isolato. Nel frattempo viene contattato dai Ros e incontra il generale Subranni che dice a Riccio: "ti aggreghiamo al Ros, gestisci la tua fonte (Subranni non sapeva che "la fonte" fosse Luigi Ilardo) e le confidenze che fa e il Ros le sviluppa con un eventuale input per poter ampliare". Così il Colonnello Riccio viene aggregato al Ros, e i suoi contatti sono Mori, Obinu e il capitano del Ros di Caltanissetta.
Poco tempo dopo, Luigi Ilardo disse al Colonnello Riccio che poteva trovare un modo per incontrarsi con Provenzano, così da farlo catturare, ma aggiunse: "Colonnello, lei non mi deve mettere fretta. Sarà lui che mi deve chiamare e se noi ci proponiamo diventa sospettoso. Noi con questa attività di arresti possiamo indirettamente stimolare un avvicinamento. Perché alla fine, mancando i riferimenti, ci sono solo io. Prima o poi mi manderà a chiamare. Sempre in maniera molto soft, perché dobbiamo stare attenti a non scoprirci. Altrimenti ci sarà il solito invito, mi toccherà andare e poi non torno."
Così, il 31 ottobre 1995, Ilardo riuscì ad ottenere la fiducia di Bernardo Provenzano con il quale era da tempo in contatto e riuscì a fissare un incontro, che sarebbe avvenuto in un casolare nei pressi di Mezzojuso. Il colonnello Riccio comunicò subito ai superiori, tra cui Mori, che vi sarebbe stata la possibilità di catturare Provenzano ma questi sembrarono disinteressati alla notizia, e non fornirono al Colonnello Riccio uomini e mezzi adeguati per intervenire. I Ros quel giorno, si appostarono ma non fecero altro che scattare delle foto del casolare, in cui si vedeva oltre a Luigi Ilardo, anche Vaccaro. Venne, dunque, disposto soltanto un servizio di osservazione dei luoghi, inoltre il colonnello Mori e i colleghi Obinu e Ganzer dissero a Riccio di non predisporre alcuna relazione per i magistrati poiché riguardava attività di latitanti.
All'inizio il Colonnelo Riccio pensò che la mancata cattura di Provenzano fosse dettata dal fatto che il merito dell'operazione se lo volevano prendere il colonnello Mori e tutti gli altri, per questo avrebbero slittato (come gli aveva detto Mori) la cattura di qualche giorno. Ma purtroppo così non fu e Provenzano, come sappiamo, venne arrestato 11 anni dopo! Il Colonnello Riccio, in un intervista rilasciata a Paolo De Chiara dice: "È ovvio che non l’hanno voluto prendere e che hanno lavorato per altri interessi. Provenzano ha portato avanti il suo progetto, Forza Italia ha vinto 60 a 0 (nel 2001 il centrodestra in Sicilia conquisterà 61 seggi uninominali). Scusate, due più due fa quattro."
Trascorsi alcuni mesi l’autorità giudiziaria di Palermo manifestò l'idea che Ilardo dovesse iniziare una collaborazione formale con i magistrati. Il colonello Mori spinse affinché Ilardo collaborasse esclusivamente con Giovanni Tinebra e dunque con la Procura di Caltanissetta, mentre Ilardo espresse fermamente la volontà che ci fosse anche il dottor Caselli e che senza tale soggetto egli non avrebbe collaborato, poiché non riponeva fiducia nel Tinebra. "Stranamente" il colloquio non venne verbalizzato e il Tinebra chiese che si proseguisse successivamente. Il dottor Caselli chiese quindi a Riccio di registrare le dichiarazioni di Ilardo in vista dei successivi interrogatori, ma ciò non avvenne perché il 10 maggio 1996 Luigi Ilardo fu ucciso. Luigi Ilardo dunque non fece in tempo a divenire, anche se solo formalmente, un collaboratore di giustizia, ma lo fu a tutti gli effetti.
Il Colonnello Riccio ricorda l'incontro avvenuto otto giorni prima della morte di Luigi Ilardo, presso il Ros di Roma. All'incontro erano presenti Riccio, Ilardo, Caselli, Tinebra e la Principato. Appena entrato Ilardo dice "certe cose le avete fatte voi" e continua "Guardi, che molti attentati attribuiti a Cosa nostra sono stati voluti dallo Stato. E noi ne abbiamo subito le conseguenze" (sempre rivolto verso il colonnello Mori) e Riccio ricorda come, invece di chiedere spiegazioni Mori prende le sue cose ed esce dalla stanza. Conclusosi l'incontro Riccio accompagna Ilardo in infermeria, perché aveva mal di testa. Caselli dice a Riccio di "mettere a registrare le dichiarazioni. Per fare un primo quadro di quello che dirà", ma uscito fuori dalla stanza Riccio incontra Tinebra e Subranni (a braccetto) che gli dicono di non fare nessuna registrazione, tanto non servivano. Fortunatamente il Colonnello Riccio fa lo stesso le registrazioni. Tre giorni prima di essere ucciso, il 7 maggio 1996 Luigi Ilardo ha un incontro con l'avvocato Minnniti, e anche in quell'occasione a Riccio viene vietato, da parte del suo superiore Mori, di effettuare registrazioni.
Come ho detto, Luigi Ilardo venne ucciso il 10 maggio 1996, sotto la sua casa di Catania, in via Quintino Sella. A parte chi doveva proteggerlo nessuno doveva sapere che Luigi Ilardo quel giorno fosse a Catania. Luigi Ilardo venne abbandonato dallo stato. L'omicidio di Luigi Ilardo, come lo definí lo stesso Riccio: "È un omicidio di Stato…lo Stato ha sempre utilizzato la criminalità organizzata. Il mandante esterno in questi omicidi di Stato c’è sempre… l'ordine è arrivato dallo Stato. È successo per tutti gli omicidi eccellenti. Ilardo è uno degli omicidi eccellenti…". Quello stesso stato che ha preferito "salvare" Provenzano. Quel giorno Riccio accusò Mori e i suoi superiori di aver trattato la faccenda con superficialità, e nei mesi successivi alla morte di Ilardo continuò questa superficialità, poiché il colonello Mori e Obinu insistettero per non redigere un rapporto conclusivo su quanto era avvenuto, e in particolare sulle vicende connesse al mancato arresto di Provenzano. La stessa Procura di Caltanissetta chiese a Riccio di non inserire nel rapporto alcun riferimento al colloquio avvenuto tra Ilardo e i magistrati.
Il Colonnello Michele Riccio ricorda così il 10 maggio 1996: "Il giorno in cui Ilardo fu ucciso ci eravamo incontrati nella sua azienda agricola di Lentini (Riccio diceva sempre a Ilardo di stare a Lentini, perché era più sicuro rispetto Catania). Nel pomeriggio mi accompagnò in aeroporto e mi salutò dicendomi che la sera sarebbe andato a cena con la moglie. Poco dopo mi raggiunse il capitano Damiano dei Ros, era cadaverico, mi disse che la Procura di Caltanissetta aveva fatto trapelare la voce della collaborazione di Ilardo. Istintivamente accesi il registratore che tenevo in tasca e registrai tutto" Il Riccio ricorda che la prima telefonata che fece fu al colonnello Mori: "gli urlai che avrei denunciato tutti alla magistratura", inoltre ricorda che provò anche a chiamare Ilardo ma senza riuscire a rintracciarlo. Ha aggiunto: "Presi l’aereo per Genova, arrivai a casa e trovai mia moglie in lacrime: sul Televideo c’era la notizia dell’omicidio". Appena appreso della notizia dell'omicidio di Luigi Ilardo, Riccio chiamò la moglie di Ilardo che gli disse: "Bruno, ce l’hanno ucciso" ("Bruno" è il nome in codice di Riccio).
Dopo la morte di Luigi Ilardo, in opposizione a tutti, Riccio redige il rapporto "Grande Oriente" e, sempre nell'intervista rilasciata a Paolo De Chiara dice: "Nel rapporto sono inserite tutte le relazioni di servizio che avevo mandato a loro. Lo scrivo dal Ros di Caltanissetta con l’aiuto del capitano Damiano. Scrivo questo Rapporto che Mori e Obinu non vogliono che io faccia. E questo mi costerà. Ma se questo Rapporto non fosse arrivato all’autorità giudiziaria la storia di Ilardo non sarebbe esistita. E se non avessi fatto anche le relazioni erano le stronzate di un poveraccio e di un secondo poveraccio, che ero io. Non staremmo oggi, io e lei, a parlarne." Questo rapporto il Colonnello Riccio lo consegnò alle autorità di Caltanissetta, Catania e Palermo, allegando le cassette registrate con Ilardo, con le trascrizioni.
Il 7 giugno 1997 il Colonnelo Michele Riccio viene arrestato dai Ros per associazione a delinquere e spaccio di stupefacenti. Riccio dice che sono state tutte, o quasi (o quasi perché è stato condannato per un aspetto che ha ammesso), accuse strumentali, perché "loro avevano sempre mirato a delegittimare il mio rapporto con Ilardo".
È importante ripercorrere, anche se brevemente, le tappe che hanno portato alla successiva cattura di Provenzano, perché ricordiamoci che Provenzano non venne arrestato quel 31 ottobre 1995 ma dopo bel 11 anni, passando ben 43 anni da latitante:
Nel novembre 1998 gli agenti del ROS dei Carabinieri condussero l'indagine denominata "Grande Oriente", che era partita dalle confidenze rese da Ilardo e che portò all'arresto di 47 persone di spessore, accusate di attività illecite e di aver favorito la latitanza di Provenzano; tra gli arrestati figurarono anche Simone Castello e l'imprenditore bagherese Vincenzo Giammanco, accusato di essere prestanome di Provenzano nella gestione dell'impresa edile "Italcostruzioni Spa". Nel novembre 2003 venne arrestato l'imprenditore Michele Aiello, accusato di essere il prestanome di fiducia di Provenzano.
Nel gennaio 2005 la DDA di Palermo coordinò l'indagine "Grande mandamento", condotta dagli agenti del Servizio Centrale Operativo e del ROS dei Carabinieri, che portò all'arresto di 46 persone nella provincia di Palermo, accusate di aver favorito la latitanza di Provenzano e di aver gestito il recapito dei pizzini destinati al latitante. L'indagine rivelò anche che nel 2003 alcuni mafiosi di Villabate avevano aiutato Provenzano a farsi ricoverare in una clinica di Marsiglia per un'operazione chirurgica alla prostata, fornendogli documenti falsi per il viaggio e il ricovero. Questa vicenda dell'operazione alla prostata si collega con un altro omicidio (fatto passare per suicidio), quello dell'urologo Attilio Manca.
PER APPROFONDIMENTI: «Maledetti assassini!»
Un altro omicidio che si sarebbe potuto evitare se solo Provenzano fosse stato catturato nel 1995! l 31 marzo 2006 (11 giorni prima dell'arresto di Provenzano) il legale del boss latitante annunciò la morte del suo assistito, subito smentita dalla DIA di Palermo. L'11 aprile 2006 le forze dell'ordine decisero di eseguire il blitz e l'arresto, a cui Provenzano reagì senza opporre resistenza.
Quella di Luigi Ilardo è una di quelle storie con una mezza verità, poiché il suo è un omicidio non solo di mafia, ma è anche un omicidio di stato. Luigi Ilardo ha fortemente contribuito, come abbiamo visto, all'arresto di decine e decine di uomini importanti dentro cosa nostra, e il suo contributo è stato importante anche per quando riguarda i rapporti tra mafia, politica e massoneria. Dalla sentenza del processo Trattativa stato-mafia: "sin dai primi approcci e sino al 2 maggio 1996, lo scopo perseguito dal Riccio e condiviso da Ilardo fu, prima di dare corso in una fase successiva alla collaborazione con la Giustizia, quello di pervenire alla cattura di latitanti dell'associazione mafiosa ‘Cosa nostra’, tanto che, in effetti, vennero in sequenza individuati e arrestati, sulla scorta delle indicazioni del medesimo Ilardo, numerosi latitanti di primo piano”.
Il colonnello Riccio, in un intervista di Paolo De Chiara ricorda così Luigi Ilardo: "Sono abituato a trattare con le persone e parlo sempre all’uomo e, diciamo, a ciò che rappresenta. Una prassi che ho sempre condotto, in cui credo, che mi ha sempre portato ad avere una collaborazione forte, umana e seria. Per cui mi trovo di fronte una persona che vedo ormai distante dalle connotazioni di Cosa nostra. Era fortemente critico, lo vedo molto legato ai rapporti e alla famiglia e ciò nonostante che gli mancasse poco alla sua scarcerazione. Questo è un dato che comincia a convincermi. La convinzione avviene nel prosieguo del rapporto. Mi fa pensare che Ilardo realmente voglia staccarsi da quel mondo verso cui è critico e mi fa degli esempi che vanno da come è stata trattata la sua famiglia, da Cosa nostra che non era più quella di un tempo. Mi porta degli esempi, anche dal punto di vista umano, per far comprendere che Cosa nostra era mutata. Parla degli attentati stragisti. Diciamo questa è la parte umana. Vedo un uomo colpito nel profondo dell’anima, che vuole recuperare quel po’ di umanità e di famiglia che gli è rimasta." Il Colonnello Riccio definirá Luigi Ilardo "un collaboratore credibile che porta risultati tangibili".
Lo scorso aprile per l'omicidio di Ilardo sono stati condannati all'ergastolo dalla Corte d'assise d'appello di Catania i capimafia Giuseppe Madonia e Vincenzo Santapaola, in qualità di mandanti, il boss Maurizio Zuccaro, come organizzatore, e Orazio Benedetto Cocimano, come esecutore materiale. Il processo, come è evidente, ha stabilito la responsabilità di cosa nostra nell'omicidio di Luigi Ilardo, ma quello che rimane ancora avvolto nel mistero è, innanzitutto come cosa nostra catanese venne a sapere della volontà di Ilardo di collaborare, ma soprattutto chi degli appartenenti dello stato c'è dietro l'omicidio di Luigi Ilardo. In questi anni è emerso dalle dichiarazioni dell'ex boss di Caccamo, oggi pentito, Antonino Giuffrè, che vi fu una fuga di notizie da ambienti giudiziari nisseni, ed anche il colonnello Michele Riccio confermò il dato dopo alcuni colloqui avuti con un altro ufficiale dell'Arma.
Ancora dopo 24 anni vera giustizia non è stata fatta, perché sono stati arrestati solo i mandanti di cosa nostra, ma non gli appartenenti alle istituzioni, che come accade per tutti gli "omicidi eccellenti" se ne escono quasi sempre "puliti", o quasi. Da 24 anni sua figlia Luana, e anche gli altri figli, gridano verità e giustizia per Luigi Ilardo, che è stato abbandonato dallo stato e per questo ucciso. È vero, Luigi Ilardo era un mafioso, ma da quello che ho appreso dalle dichiarazioni del Colonnello Michele Riccio, dalla figlia Luana e dalle registrazioni delle dichiarazioni rese dallo stesso Ilardo, credo proprio che quella vita non piaceva più a Luigi Ilardo e che era disposto seriamente a cambiare vita, ne è la prova che, pur mettendo in grave rischio la propria vita, decise di infiltrarsi in cosa nostra, non più da mafioso, ma come collaboratore delle istituzioni. Se quel 31 ottobre del 1995 Provenzano veniva catturato, sia la morte di Luigi Ilardo, sia, per esempio, quella dell'urologo Attilio Manca (altro omicidio, fatto passare per suicidio, ancora avvolto nel mistero), avvenuta nel 2004 a Viterbo, si potevano evitare.
Ma così non fu perché le istituzioni, o meglio parte delle istituzioni preferirono fare continuare la latitanza di Provenzano per altri 11 anni, e in più preferirono scendere a patti con cosa nostra. Fortunatamente noi, grazie allo straordinario lavoro del dott. Nino Di Matteo, del dott. Roberto Tartaglia, del dott. Vittorio Teresi e del dott. Francesco del Bene (oltre naturalmente a tutti gli altri e a tutti gli appartenenti alle Forze dell'Ordine che hanno collaborato), sappiamo che la Trattativa c'è stata e che è stata una delle pagine più buie della nostra Repubblica (per chi volesse su internet c'è la sentenza del processo Trattativa stato-mafia, e non solo).
(Fonti: Antimafia Duemila, articoli di Aaron Pettinari: "https://www.antimafiaduemila.com/…/81034-luigi-ilardo-e…". "https://www.antimafiaduemila.com/…/75021-l-omicidio-di…".
Agi, articolo di Paolo Borrometi: "https://www.agi.it/…/luana-ilardo-mio-padre-consegnato…/"
Intervista di Paolo De Chiara a Michele Riccio, pubblicata sul sito www.19luglio1992.com: "https://www.19luglio1992.com/lintervista-dietro-alle…/", (1° parte) "https://www.19luglio1992.com/lintervista-riccio-mi-ero…/", (2° parte) "https://www.19luglio1992.com/lintervista-riccio-non…/, (3° parte) "https://www.19luglio1992.com/lintervista-riccio-lordine…/ (4° parte))
Giuseppe Galeazzo
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2021-11-14 18:55:46
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