Trent’anni fa circa un fumetto raccontò la vita di un illustre personaggio sudafricano. Al suo funerale partecipò un’immensa folla.
Ma, si concludeva il fumetto, al ritorno nella grande casa di colore bianco i familiari erano soli, totalmente soli. Il giorno dopo ogni grande cerimonia e ricorrenza quella scena si ripete. La liturgia anche questa volta è passata, i sermoni e i paroloni sono finiti. Ed è ripartita la giostra del "tornarono a casa soli".
L’Italia è il Paese orrendamente sporco dei partigiani del 26 aprile, di coloro che non si schierano o si schierano con il Potere. Per poi cambiare carro e mettere cappelli e lucrare su quel che fino al giorno prima si isolava, delegittimava, disprezzava, combatteva. La storia si ripete sempre due volte scrisse Marx, nell’Italia delle liturgie e delle messe cantate, dell’ipocrisia della comoda retorica le due volte sono state abbondantemente superate. E siamo circondati di Catilina che abusano, parafrasando Cicerone, della pazienza, della decenza, della civiltà.
Il 23 maggio siamo stati inondati di ricordi scordati di Falcone, di fiumi e fiumi commoventi inverosimili. Sarà lo stesso il 19 luglio con Borsellino e ad ogni anniversario.
«“Sistemi per battere la mafia ci sono, soprattutto politici. Anzitutto tagliare il rapporto voti-partiti, eliminare cioè il rapporto più grosso tra mafia e potere politico”. “Oggi ogni mafioso è un grande elettore che tende alla strumentalizzazione del potere politico. Riciclare i miliardi dell’eroina non è semplice: c’è bisogno dell’aiuto politico”» disse Giovanni Falcone. Sottolineò, in altra occasione, che la mafia non è un cancro che prolifera per caso su un tessuto sano, di sani tessuti ce ne sono pochi se non quasi niente.
E chi lotta contro le mafie inizia a morire quando viene delegittimato e lasciato solo. Nel proliferare di meme e retoriche queste parole non hanno trovato spazio, non sono diventate – come si suol dire oggi – trend sui social e nell’infosfera. Men che meno nel diluvio di discorsi dei «politici». Eppure raccontano l’Italia di allora e l’Italia di oggi. Il Paese dei partigiani del 26 aprile delle comode messe cantate che poi ripetono, e qua torna Marx, la farsa prima e dopo.
Falcone e Borsellino venivano accusati di fare il male della Sicilia, di cercare di far carriera (poi i veri carrieristi ieri come oggi vengono invece favoriti ed omaggiati nel trionfo della mediocrità nauseante) e si negava che la mafia esistesse. Al massimo considerata una mela marcia che sbuca per caso. Mentre imprenditori, «politici» e tanti altri sedevano al ricco banchetto con sistemi criminali di ogni tipo. Mentre i loro tromboni negavano e minimizzavano, costruivano narrazioni di comodo e allo stesso attaccavano, cercavano di delegittimare, perseguitavano Falcone e Borsellino. Basta cambiare poco ed è anche storia di oggi.
Sui rapporti tra mafia e politica, le connivenze tra pezzi dello Stato e i sistemi criminali mafiosi di balle telecomandate e di «verità» di comodo sono menù quotidiano. Mentre si accetta che sfilino nelle messe comandate coloro che trent’anni fa insultavano Falcone e negli anni si son dimostrati più che vicini a coloro che il pool antimafia denunciava.
E se si prova a violare questa narrazione ufficiale, a ribellarsi allo status quo e squarciare il velo si può finire come è accaduto con il corteo «Non siete Stato voi, ma siete stati voi» martedì, documentato qui
Fatti su cui questo il commento di Antonio Ingroia (l’intervento integrale è qui):
«C'è un'aria pesante, con la restrizione degli spazi di libertà, dei diritti, del diritto di espressione, del diritto di opinione. L'informazione è sempre più concentrata nelle mani di pochi per un pensiero a senso unico. L'apice si raggiunge anche con la violazione dei diritti costituzionali che vengono sfregiati: il diritto di opinione e manifestazione per poter esprimere liberamente la propria opinione in modo civile, così come avevano fatto questi giovani con un corteo che è stato bloccato con questa ordinanza prefettizia incomprensibile. Le istituzioni ritengono di stringere intorno a quegli organi politici che rappresentano ed hanno rappresentato la contiguità con la mafia e in questo modo sporcano il ricordo di Falcone e Borsellino sfregiando la loro eredità morale prima ancora che professionale. È stato impedito ai giovani di ricordare Falcone sotto l'albero ed eventualmente esprimere la loro sacrosanta critica sulle istituzioni in Sicilia, e sul fatto che siano rappresentate da uomini appoggiati apertamente da chi è stato condannato per il sostengo a Cosa nostra. Parlo dell'ex senatore Dell'Utri e dell'ex Presidente della Regione Cuffaro. Mi pare davvero paradossale che non sia stato consentito a questi ragazzi di giungere fino alla fine di via Notarbartolo. Alcuni sono stati anche picchiati e una condotta violenta c'è stata anche verso alcuni ragazzi minorenni del tutto inoffensivi. Questo è inaccettabile. Che sia impedito loro di esprimere lo stesso dissenso che ha espresso Alfredo Morvillo, ex magistrato ed ex Procuratore della Repubblica a Trapani, fratello di Francesca Morvillo e cognato di Falcone che, non a caso, ha disertato la manifestazione 'istituzionale' manifestando anche lui critica, disprezzo e indignazione. L'espressione di quella stessa indignazione e disprezzo verso gli uomini che indegnamente rappresentano le istituzioni in Sicilia è stata oggi impedita».
L'INTERVISTA a Salvatore Borsellino
PRIMA PARTE. «Borsellino: «gli assassini di mio fratello sono dentro lo Stato»
SECONDA PARTE. «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»
TERZA PARTE. Borsellino «L'Agenda Rossa è stata nascosta. E' diventata arma di ricatto»
L'INTERVISTA al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO
Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»
Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»
Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»
Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»
LEGGI ANCHE:
Ma era ancora il Capo di Cosa nostra?
- Parla Ingroia: «Matteo Messina Denaro si è fatto arrestare»
- «Il gelataio Baiardo è il messaggero dei Graviano»
- «Restano delle ombre», così l’On. Ascari si esprime sull’arresto di Matteo Messina Denaro
- «L'arresto di Messina Denaro è una sceneggiata»
- Matteo Messina Denaro, parla Sonia Alfano: «La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia»
– Il pentito: «Matteo Messina Denaro è un pezzo di merda. Voglio parlare con Di Matteo»
- C'è un patto tra Stato e mafia? Per l'On. Aiello: «Non si vogliono guastare gli equilibri»
- Cimarosa: «I figli non possono pagare gli errori dei padri»
- «Le persone sono più coraggiose a Castelvetrano»
- «Abbiamo bisogno della vera Antimafia, non quella da passerella»
- 30 anni dopo: la benedizione sui candidati dei condannati per mafia
2023-05-29 18:42:23
3