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Da giorni, ormai, ci stiamo occupando della strana e brutta vicenda che ha interessato la morte dell’ergastolano ‘ndranghetista Rosario Curcio. Colui che ha massacrato il corpo di Lea Garofalo, la fimmina calabrese che trovò la morte a Milano nel novembre del 2009.
Sono passati nove anni dalle condanne all’ergastolo erogate agli assassini della donna (per i fratelli Cosco, tra cui la bestia Carlo, l’ex compagno della donna e il padre della figlia Denise; Massimo Venturino e, appunto, Rosario Curcio; l’ex fidanzatino, della figlia di Lea, Carmine Venturino, dopo aver fatto ritrovare dopo tre anni i resti, 2.812 frammenti ossei, della donna in un tombino è stato condannato a 25 anni di carcere).
Abbiamo iniziato con il “suicidio” in carcere di Curcio, poi abbiamo continuato con i manifesti funebri, tra cui quelli che hanno lasciato l’amaro in bocca: la vicinanza espressa dall’Amministrazione comunale di Petilia Policastro e dal suo primo cittadino. Nello stesso tempo la nostra attenzione si è spostata anche sul funerale del massacratore Curcio. Una manifestazione di potenza: vergognosa accoglienza del feretro, applausi dei presenti, palloncini bianchi in aria, fiori lanciati dai balconi e la bara roteante.
Abbiamo ascoltato i pareri dei protagonisti, qualcuno non ci risponde più al telefono. Altri hanno deciso di non risponderci sin dall’inizio. È il caso dell’assessore del Comune di Petilia che ha partecipato anche al funerale dell’assassino.
Ieri abbiamo avanzato la nostra ipotesi. Con i diversi elementi raccolti ci siamo permessi di fare una semplice domanda: ma se l’assassino ‘ndranghetista Curcio non si fosse suicidato? Nelle scorse ore qualcuno ha sostenuto che il viso del massacratore fosse tumefatto prima dell’impiccagione. Noi continueremo a capire e ad informare.
“È una vergogna. La Giunta si deve dimettere. Sto preparando una interrogazione parlamentare”. Queste le parole utilizzate dalla componente della commissione antimafia Stefania Ascari. In passato la parlamentare aveva firmato la Relazione sulla morte di Attilio Manca (altra storia misteriosa nel Paese dei misteri). Un documento firmato insieme all’allora componente della commissione antimafia Piera Aiello. La cognata di Rita Atria (la picciridda del giudice Paolo Borsellino).
La stessa Aiello, in passato, aveva partecipato ad alcuni eventi per ricordare Lea Garofalo a Petilia Policastro. Perché a Petilia, l’Amministrazione comunale, se da un lato ricordava Lea dall’altro non dimentica il suo massacratore. Per queste ragioni abbiamo raccolto anche il punto di vista dell’ex parlamentare.
«Mi è venuto subito in mente se il sindaco era a conoscenza di chi era questo soggetto, se sapeva la storia. Se non sanno niente o fanno finta di non sapere niente. Non è che la mafia è soltanto sparare alla gente. La mafia è anche essere conviventi o far finta di non vedere e girarsi dall'altra parte».
Che messaggio emerge dopo la pubblicazione di questi manifesti?
«Penso che l'amministrazione abbia un po’ le idee confuse. Nella vita non si può stare da una parte e poi dall’altra parte. L'amministrazione deve fare una scelta di campo ben precisa.»
Da più parti sono arrivate richieste di dimissioni.
«Dovrebbe dare delle spiegazioni ben precise.»
La spiegazione che ha dato è che è una prassi che vale per tutti, perché i morti sono tutti uguali.
«Qualcosa non va. Guardiamo anche la politica nazionale. È stato fatto un lutto cittadino per Berlusconi, tra l'altro ha partecipato il Presidente della Repubblica che è un familiare di vittime di mafia. Non mi sorprende più niente. Questa risposta non mi sorprende perché va sotto la falsa riga di quello che abbiamo vissuto per la morte di Berlusconi.»
C'è assuefazione da parte delle istituzioni su queste tematiche?
«Ormai penso che molte istituzioni, molte persone che pensavamo fossero rappresentative per noi, in realtà, non lo sono mai state e negli anni l'hanno dimostrato. Abbiamo tantissimi casi, avevamo per esempio in Sicilia Montante che era il plus ultra dell'antimafia. Abbiamo visto che, in effetti, non era così. Stiamo arrivando al punto di dire che non sappiamo più di chi veramente ci possiamo fidare.»
In questa storia c'è stato pure un funerale contraddistinto da palloncini, fiori, striscioni. Come se fosse rientrato un eroe sul proprio territorio.
«C'è tanto da fare sul territorio, tante persone ancora non vogliono capire.»
Chi organizza un funerale del genere vuole lanciare un segnale sul territorio?
«Loro ci sono ancora, nonostante tutto. Si sentono i padroni, ma noi questa cosa non la dobbiamo far passare così. Se noi non siamo attenti, loro possono fare tutte. Possono osannare tutti i mafiosi, tutti gli assassini che vogliono. Noi non siamo come loro. Noi siamo di più e non dobbiamo mai arretrare di un passo nella lotta alla mafia.»
Al funerale di questo ergastolano era presente anche una assessora del Comune di Petilia Policastro. Un personaggio che rappresenta le Istituzioni può essere presente a un funerale di un mafioso? La presenza di un personaggio delle Istituzioni, che significato assume?
«Siamo sempre nella famosa trattativa Stato mafia. Lo Stato non può essere connivente. In questa storia, forse, è il caso di vergognarsi e di andarsene a casa perché non è degna di rappresentare le persone di quel paese.»
Con quella presenza non si rischia di legittimare i mafiosi presenti sul territorio?
«Assolutamente sì.»
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OMICIDIO LEA GAROFALO. Il suo assassino è ritornato per quattro ore in paese, a Pagliarelle (Crotone). Ufficialmente per fare visita a sua madre "moribonda". La donna, Piera Bongera, solo qualche giorno prima è stata vista arzilla e serena in un supermercato. Cosa hanno in mente questi criminali? Perchè sul territorio è rientrato anche il cugino Vito Cosco, implicato nella strage di Rozzano? Per l'avvocato Guarnera: «Hanno preparato l'ambiente per dare un segnale allo stesso ambiente».
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