Carissima sorella (un semplice aggettivo, un modo di dire),
la redazione ringrazia per il suo interventismo. Eravamo scarsi a critiche ed offese (come "Sciacalli", la parolina utilizzata dal vice-sindaco di Petilia Policastro). Sappiamo che continuano a sparlare di noi in certi ambienti, però (cosa strana) nessuno risponde al telefono per comunicarci il personale punto di vista.
Dobbiamo terminare le nostre pubblicazioni? Non dovevamo proprio scrivere che un manifesto funebre per un mafioso porta i riferimenti di una istituzione pubblica?
Non ci dovevamo occupare del "festoso" funerale ad un ergastolano che poteva pure essere evitato? Perchè non è stata imposta una cerimona privata? Sembravano o non sembravano funerali in "stile Casamonica"?
Dovevamo fare come le tre scimmiette sulla presenza, ad un funerale di un assassino 'ndranghetista, di una assessora (ora ex) di una amministrazione pubblica?
Cosa abbiamo detto di strano? Abbiamo "inventato" qualcosa? Abbiamo omesso qualcos'altro? Quale contestazione ci viene addebitata?
Noi siamo abituati a parlare in faccia.
Ecco, cara sorella (sempre per modo di dire)
da un certo punto di vista, molto limitatamente, apprezziamo il suo sfogo. Mettendo da parte la strana forma e alcune (molte) parti sgrammaticate (per non parlare della punteggiatura, questi sconosciuti e strani segni) vogliamo entrare nel merito.
Prima avvertenza: abbiamo, per due volte, chiesto una intervista (è giusto raccogliere il punto di vista di tutti; noi giornalisti siamo disponibili anche a sentire il diavolo, inteso – visti i tanti diavoli che ci sono in circolazione – come demonio). Alla nostra lecita richiesta abbiamo ricevuto solo offese e minacce. Avremmo, comunque, eliminato le imperfezioni grammaticali, lo facciamo con tutti. Ma non c'è stato verso. Siamo sempre disponibili. Restiamo in fervida attesa…
Seconda avvertenza: abbiamo lasciato traccia di questi messaggi, consegnando gli interventi augurali ("brucia all'inferno… fetusu") agli organi competenti con un regolare esposto.
Cara sorella (vale sempre la stessa avvertenza),
perchè è così nervosetta? Lei dice, testualmente: "se proprio vuole sapere come sono andati i fatti mi contatti personalmente perchè non se ne può più di tutta questa merda che state seminando…". Lo ripetiamo ancora una volta, abbiamo (sin da subito) offerto la nostra disponibilità, nonostante le offese e le minacce contenute nel suo messaggio. Glielo richiediamo: vuole rilasciare una intervista?
Poi, di grazia, ma quale "merda stiamo seminando" su suo fratello, ergastolano e condannato per la distruzione del corpo di Lea Garofalo. Ecco un promemoria per lei e per quelli come lei (che fanno finta di dimenticare):
Rosario Curcio: ergastolo
La sua partecipazione nella fase ultima del progetto è provata dai tabulati telefonici, dalle dichiarazioni di Venturino (in sua compagnia si reca a Cormano per incontrare Crivaro) e da quelle di Floreale (la consegna delle chiavi del box e la restituzione di quelle dell’appartamento di piazza Prealpi).
Dagli altri imputati viene indicato come compartecipe all’attività delittuosa successiva all’omicidio. Curcio, addirittura avvisato dalla sua ragazza con un SMS (“Fai quello che vuoi, stacci ancora un po’ così ti arrestano a me lì dentro non puoi vedermi”), non riesce e non vuole cambiare il suo destino. È, ormai, troppo compromesso con la famiglia Cosco.
Si tira indietro, come Venturino, per Campobasso, ma a Milano viene risucchiato nel vortice infernale. Consapevolmente.
È lui che si attiva in diverse circostanze per avvantaggiare le azioni criminali, partecipa anche alla riunione preparatoria per decidere le modalità esecutive del progetto criminoso.
«È fin troppo palese che l’esclusione di Curcio – così come di qualunque altro concorrente – è funzionale alla tesi del “raptus”, proposta da Carlo Cosco in dibattimento. Quanto a Venturino, la sua versione è talmente illogica ed incoerente da apparire insostenibile. Non si comprende, invero, perché mai Curcio, dopo aver prestato il proprio consenso, a distanza di pochi minuti avrebbe cambiato idea, cercando addirittura di indurre lo stesso Venturino a desistere».
Il giudizio di colpevolezza della prima Corte viene confermato.
Ha letto bene? Non si preoccupi, ha tutto il tempo per ri-leggere. Lei, dice, nel suo bel messaggino: «è stato già processato in vita ma da morto non si tollera, non c'è nulla di vero nelle tue (preferirei una forma meno intima, nda) descrizioni…». Sì, ha perfettamente ragione.
E' stato processato e, lo avrà dimenticato, condannato in primo, in secondo e in terzo grado all'ergastolo. Al carcere a vita. E perchè questa condanna? Perchè non la nomina mai la vittima? Suo fratello, amico e compagno di mafiosi (a loro volta condannati all'ergastolo) ha distrutto il corpo di una donna. Cosa abbiamo detto di offensivo? Non abbiamo usato, come ha fatto lei, la parola "merda". Abbiamo utilizzato altre terminologie, più pulite: mafioso, ergastolano, assassino, killer, 'ndranghetista.
Quali di queste descrizioni elencate risultano essere false?
E aggiunge: «vi resterà l'amaro in bocca finchè non vi spegneranno le candele, attento a come descrivi mio fratello perchè il viso tumefatto te lo faccio portare io e se ti venissi in sogno saprei io cosa fare… meglio di no perchè talmente sei malvagio che nemmeno la morte ti vorrebbe… brucia all'inferno fetusu». Ecco l'apoteosi della comicità.
Andiamo con ordine. «…finchè non vi spegneranno le candele…»: quelle, un giorno o l'altro, si spegneranno per tutti. Chi ci arriva prima e chi ci arriva dopo. Suo fratello l'ergastolano, insieme ai suoi compari mafiosi ergastolani, ha interrotto l'esistenza di una donna che non aveva nessuna colpa.
Lei sa che significa ridurre un corpo a 2.812 frammenti ossei (buttati, poi, in un tombino e ritrovati tre anni dopo)?
«Attento a come descrivi mio fratello…»: aridaje. La sua è una tediosa (noiosa) ripetizione. Ma vogliamo esserlo anche noi, ci adeguiamo al suo livello: mafioso, ergastolano, assassino, killer, 'ndranghetista. Speriamo tanto di essere chiari, questa volta.
Sulla chiara minaccia del «viso tumefatto» rinviamo alla nostra ipotesi:
- E se Curcio (ergastolano 'ndranghetista) non si fosse suicidato?
Andiamo avanti, saltando alcuni passaggi, già riportati: «…brucia all'inferno, fetusu». Per l'ultima parolina gentile nulla da dire. Possiamo solo conservarla insieme a quella ("sciacallo") utilizzata dal vice-sindaco di Petilia. Ma sul "bruciare all'inferno" ci teniamo a sottolineare il nostro umile punto di vista. Per adesso, l'inferno (per chi ci crede, ovviamente), ha accolto sicuramente l'anima di suo fratello. Avrà un posto d'onore tra gli assassini. Per la nostra, magari, c'è ancora tempo. Ma se pure dovessimo essere destinati a quel luogo infernale – certamente – non ci sarà modo di vedersi. Noi non abbiamo mai ammazzato e distrutto il corpo di qualcuno/a.
Nella Divina Commedia, Dante Alighieri (Inferno – VII cerchio – Canto XII) posiziona gli assassini (che sono immersi) in un fiume di sangue bollente. L'immersione dipende dal peccato commesso: per gli assassini il fiume di sangue arriva sino al collo. La presenza dei Centauri – per la famosa legge del contrappasso – con archi e frecce impedisce la loro riemersione.
In un secondo messaggio ci fa sapere che siamo stati offensivi noi. Poi nel terzo, l'ultimo (per adesso) scrive:
Ognuno può trarre le proprie conclusioni. E, comunque, noi abbiamo sempre scritto il vero: dal giorno del suicidio (presunto?). Abbiamo riportato anche l'ipotesi legata alla scelta della ex compagna di Curcio (alcune intercettazioni, lette anche in carcere, provano il legame con un esponente di un altra "famiglia"?). Poi ci siamo occupati dei manifesti del Comune, del "festoso" funerale e delle presenze imbarazzanti (ancora attendiamo risposte da altri soggetti che ancora rappresentano le istituzioni locali).
Abbiamo chiesto conto anche alle altre istituzioni presenti sul territorio (che non si sono presentate nel novemnbre scorso, a Petilia, durante la cerimonia della prima edizione del Premio Nazionale Lea Garofalo).
Quali falsità abbiamo riportato?
Nel Paese dei misteri (che non sono tanto misteriosi) si aggiunge un nuovo mistero.
Ma eccone un altro. A proposito di minacce abbiamo letto, qualche ora fa, un post scritto dal presidente della Provincia di Crotone, Sergio Ferrari. Solidarietà viene espressa ad un "giovane e brillante Amministratore". Nulla quaestio. Ma la solidarietà nei confronti della vera vittima (Lea Garofalo), dopo il clamore dei manifesti e del "festoso" funerale (con presenze istituzionali imbarazzanti), dove possiamo leggerla?
Ovviamente, e lo abbiamo scritto nei nostri precedenti articoli, abbiamo tentato diverse volte a contattare il Presidente Ferrari. Non c'è stato verso. A noi non ha risposto e nemmeno ha richiamato.
Siamo sempre pronti a raccogliere il suo pensiero o, se vuole, un suo post.
In conclusione, cara sorella (ancora una volta, per modo di dire),
forse, a volte, con il silenzio si fa più bella figura. I morti – che non sono tutti uguali – si piangono. Ed è giusto. Ma continuare a difendere un assassino (il massacratore di Lea Garofalo) diventa un esercizio retoricamente sgradevole. Inutile e dannoso per la dignità. Forse (con il termine "dignità") pretendiamo troppo.
Però una domanda (le altre, a cui nessuno risponde, le trovate in basso) vogliamo farla: chi era per lei, o per voi, Lea Garofalo?
Buona vita. E noi non vi auguriamo l'inferno.
Siamo differenti, in tutto.
Ad majora! (non è un'offesa ma una locuzione latina, che va pure di moda!)
DOMANI L'INTERVISTA A PINO CASSATA
(Agende Rosse Rozzano, Responsabile Scuole e Università Dioghenes – Associazione Antimafie e Antiusura e vincitore del Premio Nazionale Lea Garofalo, edizione 2022)
La storiaccia non finirà, certo, con le dimissioni presentate in un consiglio comunale. O con le INUTILI lamentele. O con le sterili minacce, che rispediamo con forza alla mittente-parente.
La Stampa libera non ha padroni e padrini.
Ecco le nostre domande:
– Chi ha autorizzato e non ha controllato il "festoso" funerale?
– Perchè nessuno, ancora oggi, si assume le proprie responsabilità dopo un messaggio devastante che è passato su quel territorio?
– Bastano le dimissioni della ex assessora che ha partecipato al "festoso" funerale?
– Al "festoso" funerale era presente anche il vice-sindaco di Petilia Policastro Carmelo Garofalo?
– Al "festoso" funerale erano presenti anche due consiglieri comunali, uno della maggioranza e una dell'opposizione?
- Curcio, il protagonista di tutto questo "circo" dell'antimafia, si è suicidato, come sostiene la versione ufficiale, o è stato indotto al suicidio?
Lo scriviamo ancora una volta, per l'ennesima volta. Visto che si continua a far finta di non capire: dovevamo farci i fatti nostri? dovevamo girare la testa dall'altra parte? dovevamo mettere la testa sotto la sabbia, come gli strunzi? dovevamo evitare le domande?
«Un fatto gravissimo. Queste sono responsabilità gravissime. Le Istituzioni non possono partecipare a un funerale di un uomo di mafia. Anche questa signora si dovrebbe dimettere. Ma che messaggio dà alla popolazione di quel paese? Che bisogna dare rispetto un uomo di mafia? Ripeto, la morte non ci rende tutti uguali.»
On. Stefania Ascari, componente commissione parlamentare Antimafia, WordNews.it, 20 luglio 2023
Lea e Denise Garofalo, l'ultimo giorno in vita per la fimmina calabrese, Milano, 24 novembre 2009
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OMICIDIO LEA GAROFALO. Il suo assassino è ritornato per quattro ore in paese, a Pagliarelle (Crotone). Ufficialmente per fare visita a sua madre "moribonda". La donna, Piera Bongera, solo qualche giorno prima è stata vista arzilla e serena in un supermercato. Cosa hanno in mente questi criminali? Perchè sul territorio è rientrato anche il cugino Vito Cosco, implicato nella strage di Rozzano? Per l'avvocato Guarnera: «Hanno preparato l'ambiente per dare un segnale allo stesso ambiente».
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