«Sicuramente è una decisione che avrei dovuto prendere prima, perché un chirurgo deve avere disponibilità operatorie, un ambiente sereno, anche perché così lavora meglio nell’interesse del paziente stesso». Così comincia la nostra conversazione con il medico-chirurgo Ettore Rispoli. Un punto di riferimento per i pazienti del “Veneziale” di Isernia. Lo è stato insieme a sua moglie, la dott.ssa Scarabeo, che già da diverso tempo ha deciso di “abbandonare” il vascello per il disinteresse di una sanità pubblica gestita malissimo in una regione che poco sta facendo per salvarla. “Il piano è chiaro – continua ad affermare da anni Lucio Pastore, già primario del pronto soccorso di Isernia -, la volontà politica è quella di cancellare il pubblico per avvantaggiare il privato”. E in questo clima si è registrato il secondo “abbandono”, quello del dottor Rispoli.
Lo abbiamo intervistato per comprendere meglio la sua decisione e per capire che fine faranno i suoi pazienti oncologici. Ci teniamo a precisare che non stiamo parlando di un reparto scarsamente frequentato o modesto nella sua gestione. Il fiore all’occhiello della sanità pubblica sta perdendo pezzi e la politica regionale continua solo a fare annunci di facciata. Tutto è stato da tempo stabilito. Lo smembramento è iniziato da diversi anni. Le cause di questa drammatica situazione devono essere ricercate dalla gestione politica dell’allora sGovernatore Angelo Michele Iorio. Sono passati diversi anni, diversi fallimentari sGovernatori si sono alternati. La situazione non è mai migliorata. Oggi il “nuovo che avanza”, come lo ha definito Rispoli, si chiama Angelo Michele Iorio. Non è il presidente della sGiunta regionale, vivadio, ma è il nuovo assessore alla sanità. È arrivato il momento del colpo mortale?
«Dal 2019 chiusero il centro di senologia, centralizzando tutto a Campobasso, con la motivazione che sarebbe migliorato il servizio ma il servizio non è migliorato affatto. Noi avevamo una seduta operatoria a settimana e ci siamo trovati con una seduta operatoria che però doveva servire sia i pazienti dell'area pentra sia quelli della zona di Campobasso e Termoli. Per cui automaticamente sono iniziate le liste di attesa per la patologia, anche oncologica. In tutto ciò l’ambulatorio di Isernia è stato completamente smembrato, prima sfornito di infermieri».
In che senso?
«Per qualsiasi infermiere che veniva assegnato, grazie anche alla direzione sanitaria dell'epoca, si faceva in modo di creare le condizioni per farlo andare via. Noi abbiamo avuto tre infermiere: sono andate tutte via. Da gennaio ho lavorato da solo».
Perché si è arrivati a questa situazione?
«I maschi sono ingenui. Mia moglie l'aveva capito subito che eravamo stati messi ai margini del processo. Ci ho voluto provare ma alla fine non è stato possibile. Così non posso continuare a lavorare. Ho fatto un intervento a giugno, un intervento a luglio e sono riuscito ad operare quattro pazienti perché era la vigilia di ferragosto e, forse, c'era la sala operatoria libera, che nessuno voleva utilizzare in quel periodo. Devo pensare a questo, devo fare un cattivo pensiero? E poi ci sono tante altre piccole cose che assolutamente non potevano andare. Ripeto una cosa fondamentale, nel mio lavoro non posso lavorare senza infermieri. Se il direttore sanitario, all'epoca Dino Sassi faceva i salti mortali con tutte le difficoltà che ci sono a reperire il personale infermieristico, da Campobasso facevano di tutto per farle andare via. Diciamo che non ho capito subito che dovevo andare via, era un passo che dovevo fare prima. È vero che la sanità pubblica è in difficoltà un po’ in tutta Italia però qui, in particolare, la situazione è veramente triste. Sono andati via dodici anestesisti da Campobasso e nessuno è stato chiamato. Nessuno ha chiesto “perché andate via? cosa è successo?”. Si fanno i concorsi per assumere delle persone e poi, dopo, questi non accettano o accettano e se ne vanno subito. Quindi c'è qualcosa che non va. C'è, forse, un ambiente patologico che andrebbe un po’ migliorato. Il medico dovrebbe essere l'apice del sistema sanità e non il fanalino di coda».
Ma questo “ambiente patologico” è legato a mancanza di visione, per quanto riguarda la sanità pubblica, o è un qualcosa di studiato?
«Non lo so. Come diceva Andreotti “chi fa cattivo pensiero fa peccato, però delle volte ci indovina”. Ed io non vorrei che fosse tutta una strategia per poter poi chiudere gli ospedali. Perché è chiaro che quando ci ritroveremo con reparti in cui non ci sono medici automaticamente gli ospedali si devono chiudere».
E nel momento in cui si chiude un ospedale pubblico che succede?
«Non penso si chiuderà l’ospedale pubblico ma, penso, resterà un primo soccorso. Tra l’altro nemmeno l'emergenza e urgenza. Al pronto soccorso di Isernia abbiamo una situazione, che a sentire Pastore, al quale io dò credito, è molto critica».
Lo stesso problema si sta registrando presso il reparto di Cardiologia del “Veneziale” di Isernia.
«Sì. Che io sappia è venuta una mia paziente, una collega cardiologa, tra l'altro una emodinamista, quelli che intervengono subito, è andata via. Non ha proprio preso servizio. Adesso che cosa sia successo, qualche colloquio c'è stato con la direzione aziendale, però la situazione è questa. Ho una collega di Cuneo che ha fatto la stessa cosa che ho fatto io. La direzione aziendale l'ha chiamata e le ha chiesto cosa è successo. Non si fanno scappare degli specialisti, specialmente anziani».
Per lei non è arrivata nessuna chiamata?
«Nessuno mi ha contattato. Mi hanno fatto sapere che dovrò fare tre mesi di preavviso. Ma poi a che cosa? Per fare carcere nell'ambulatorio di Isernia, con l'ambulatorio chiuso, senza infermiere e operando un paziente, due pazienti al mese? A questo si era ridotto il mio lavoro e, quindi, a questo punto penso che ci sia una ferma volontà, non so di chi, di tenermi fuori dal progetto senologico. D'altra parte ci sono i convenzionati che ti fanno proposte per andare a lavorare e promettendoti anche una certa libertà di intervenire. Fare, cioè, il mio lavoro. Se non posso operare sono in difficoltà».
In tutto questo emerge una contraddizione: in un territorio dove ci sono tantissimi casi di tumore, togliendo questi servizi nella sanità pubblica (mancanza di personale, chiusura di ambulatori), come si può, poi, affrontare questa problematica che esiste sul territorio?
«Tanti anni fa, quando sono arrivato dal centro di patologia mammaria del secondo Policlinico, qui in Molise, tutti quanti mi dicevano: “qui la gente va fuori regione per queste patologie”. Lavorando poi, con impegno, piano, piano si è riuscito a portare i pazienti a farsi trattare dentro le nostre mura. Noi abbiamo, oltre che anestesisti, comunque bravi, non voglio dire i chirurghi, ma comunque lavoriamo bene, oncologici di primo livello. Abbiamo una Oncologia a Isernia ottimale. Lentamente si è invertita questa situazione. Adesso torniamo indietro di trent'anni. La gente di questa zona non si andrà a fare operare da un pinco pallino qualunque, a Campobasso. Non avendo più disponibilità di potersi fare operare da chi conosce, andrà a farsi operare nei grossi centri. Con questa intervista voglio tranquillizzare tutti coloro che sono in attesa di intervento, che stanno facendo terapie, che sarò attivo entro un paio di mesi. Riuscirò a prendermi cura di tutti. Nella Asl non potevo più lavorare, era diventato poco dignitoso lavorare in questa situazione».
Si torna indietro perché le patologie sono diminuite?
«No, assolutamente»
Qual è la situazione in merito alle patologie nel territorio?
«Seguono il trend nazionale, con un aumento dello 0,3% annuo. Di questo incremento c'è anche un programma di screening. Oggi chi si deve far trattare dal punto di vista oncologico o si fa trattare da un chirurgo che conosce da anni oppure va nei grossi centri che hanno delle casistiche molto attive. Ho l'impressione che la direzione aziendale non le sappia nemmeno queste cose. Con il mio non lavoro ostacolato, senza ambulatorio aperto e senza infermieri, solo con le visite al consultorio e qualche visita privata, il sottoscritto è riuscito a produrre circa il 50% di tutti i tumori della regione. Penso che un'azienda dovrebbe affrontare i conflitti interpersonali».
Cosa si può dire a una persona malata che si trova di fronte a questo sfascio nella sanità pubblica?
«I pazienti già operati saranno seguiti in maniera ottimale dall’Oncologia di Isernia che, fino adesso, sta lavorando in maniera eccellente. Le persone che dovranno essere operate saranno operate dal sottoscritto senza nessun problema. Anziché essere operate al “Cardarelli” andranno all’ex Gemelli, dove sembra che ci sia un gruppo molto motivato che ha in tenzione di fare grosse cose. Mi hanno veramente accolto in una maniera inaspettata e, soprattutto, penso che sarà loro interesse farmi operare il più possibile, sempre nelle linee guida. Il gruppo va a occupare quei buchi della sanità pubblica e lo dico con rammarico. Ho creduto e crederei ancora nella sanità pubblica. Ma la situazione è quella che è e abbiamo visto con il Covid quello che è successo».
Ma i cittadini molisani sono interessati a queste problematiche?
«No, secondo me no. Mettiamoci nei panni di un paziente che ha un problema serio: di tutte queste situazioni il cittadino non se ne frega proprio. Se avrà la possibilità di essere operato dal dottor Rispoli si farà operare dal dottor Rispoli anche a Canicattì. Altrimenti, giustamente, vanno avanti. E oggi teniamo conto che la Cattolica di Roma e il San Raffaele di Milano sono tutti istituti convenzionati che offrono anche una certa qualità. Oggi i pazienti sono veramente preziosi. Non si può continuare in questa situazione completamente cieca. Se uno specialista chiede le dimissioni vuoi farti una domanda? Poi si chiedono che siamo poco attrattivi e non vogliono venire nel pubblico. Ma fatevi una domanda. Vedete perché siamo poco attrattivi. Già se non hai un nome non fai carriera, diciamolo chiaramente. A me non interessava fare carriera, a me interessava lavorare. Non avevo ambizioni di diventare primario, responsabile, direttore. Volevo solo lavorare con tranquillità. D'altra parte, quando c'era il centro di senologia non ero il responsabile, il direttore. Era un servizio, in seno a ginecologia, che lavorava in maniera serena».
Ma siamo tornati indietro anche come classe dirigente, vista la nomina di Michele Iorio, nuovo assessore alla sanità molisana?
«Il nuovo che avanza. Non voglio assolutamente fare commenti su Michele Iorio, però devo dire anche che oggi persone come Michele Iorio, come tanti altri della vecchia generazione, stanno lì perché chi doveva fare l'opposizione non l’ha fatta. Né a livello regionale né a livello nazionale. Perché oggi non si va più a votare?».
Perché?
«Se ho un'idea diversa del centrodestra il centrosinistra si accorda col centrodestra. Non c'è un cambiamento. Sono sempre gli stessi, non c’è una vera volontà. I 5 stelle dovevano smembrare il Parlamento e appena sono arrivati là hanno iniziato a banchettare insieme agli altri. Non c’è speranza. L’Italia è un bellissimo paese, dove si mangia bene, ci sono dei bellissimi posti di vacanza e va bene così».
E ci ammala pure in questo "bellissimo" Paese.
«E ci si ammala pure. Purtroppo il mio timore oggi è che chi ha le possibilità economiche avrà le migliori cure, chi no, con la situazione attuale dovrà accontentarsi».
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2023-08-24 12:12:24
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