- 1- Ludovica Eugenio – “Porta del Vaticano intrisa del sangue di persone abusate dalla Chiesa cattolica”
Si intitola “Porta del Vaticano intrisa del sangue di persone abusate dalla Chiesa cattolica” l’ultima opera dell’artista concettuale dissidente russo Andrei Molodkin, 57 anni, noto per l’uso di sangue umano e petrolio greggio nelle sue installazioni audaci e provocatorie, veri atti simbolici di denuncia politica, come la scultura di Putin riempita con il sangue di soldati ucraini del 2022. Molodkin, che vive in Francia, torna infatti ora in Italia con una performance destinata a provocare, se riuscirà a essere realizzata, un forte impatto: secondo quanto riporta il 2 settembre Sky News, tra poche settimane una scultura che rappresenta le chiavi di Pietro, antico emblema cristiano simbolo dell’autorità pontificia, verrà riempita del sangue donato da una quarantina di vittime di abusi e la sua immagine proiettata sulle porte della Basilica di San Pietro.
Molodkin ha detto a SkyNews di aver scelto di protestare contro gli abusi nella Chiesa cattolica perché si tratta di una “organizzazione potente” con “molti segreti oscuri”, e di aver tratto ispirazione dalla protesta della cantante irlandese Sinead O’Connor, deceduta recentemente, contro gli abusi nella Chiesa cattolica, quando nel 1992 sul palco strappò una foto di papa Wojtyla.
All’iniziativa parteciperà anche un prete sopravvissuto ad abusi da bambino; “La scultura – ha annunciato l’artista – è pronta a ricevere il sangue delle persone abusate dalla Chiesa cattolica, per dare loro voce”. Quale sarà la reazione in Vaticano? “Penso che ne rimarranno scioccati e sorpresi – ha detto Molodkin. “Vedere questo simbolo sacro… con il sangue delle persone maltrattate, sarà sconvolgente”. Il sangue umano, spiega, è presente nelle sue opere in seguito al suicidio di un amico, abusato dai superiori mentre prestava servizio nell’esercito sovietico. Qui il suo obiettivo è, dichiara, «offrire semplicemente una piattaforma affinché le persone che hanno subito abusi possano uscire dal silenzio”. “Il mio intento non è distruggere, ho solo dato alle persone una voce formale per poter parlare”.
FONTE: Sky NEWS24
- 2- Francesco Zanardi – “Nessuno entri in quella chiesa”: l’appello dei familiari di Elisa Claps dopo la riapertura dell’edificio in cui la ragazza morì e fu sepolta
Una croce infilzata da sandali – gli stessi a occhio di bue che indossava Elisa Claps quel 12 settembre del 1993.
Il prossimo 12 settembre, una marcia simbolica per tornare, dopo 30 anni esatti, nel luogo da cui scomparve la 16enne. La stessa chiesa in cui è stata ritrovata cadavere dopo ben 17 anni, a 15 metri di distanza dall’altare.
La sta assemblando il regista e attore teatrale Ulderico Pesce, con i sandali della comunità potentina “Per chiedere al Papa che quella chiesa chiuda come luogo di culto, non può venire riaperta per pregare, ci hanno scannato un agnello innocente e ce l’hanno tenuto nascosto per 17 anni. Va sconsacrata e utilizzata per accogliere donne in pericolo, proprio come Elisa.
Nella Chiesa in cui Elisa ha trovato la morte per difendersi dal suo stalker e aggressore Danilo Restivo – ora all’ergastolo nel Regno Unito dove si era rifugiato dopo la scomparsa della Claps e dove nel 2002 ha ucciso la sua vicina di casa – è stata ritrovata una targa, accolta con evidente incredulità e sdegno dai potentini, specchio tangibile del sentire comune.
Dopo la riapertura, lo scorso il 24 agosto come annunciato e previsto dall’arcivescovo di Potenza Salvatore Ligorio, “in sintonia con Papa Francesco”, il giorno stesso sempre il regista Ulderico Pesce ha acceso i fari su questa targa mai vista prima perché piazzata lì, nel luogo di sepoltura coatta di Elisa, pochi mesi prima che la ragazza venisse ritrovata nel sottotetto e che la Trinità venisse chiusa e messa sotto sequestro.
Su quella targa c’è scritto in latino che viene onorato “un grande formatore della disciplina degli adolescenti” per celebrare il parroco che quel giorno, dopo che Elisa scomparve da quella Chiesa, invece di chiamare la Polizia e far partire le ricerche, decise di chiudere tutto, portarsi le chiavi e andarsene alle terme.
Nel dialogo tra le parti sulla possibile riapertura si era convenuto “che per i cattolici, al fine di custodire al meglio la memoria di Elisa non c’è modo più appropriato della preghiera”, si legge dalla nota stampa del vescovo Ligorio. Papa Francesco ha scritto a Filomena Iemma, madre di Elisa, per sottolineare questa necessità. E sempre Bergoglio, l’11 luglio da Casa Santa Marta aveva scritto a Ligorio per “ringraziarlo per la sua visita e per la cordialità manifestatami”, a riprova che c’era da tempo una visione comune sul destino della chiesa simbolo della “Potenza bene”.
“Nessuno entri in quella chiesa”, dice intanto a uno dei due fratelli di Elisa, Gildo Claps, “Perché quella targa è un ennesimo sfregio alla famiglia e Elisa stessa” così come ritiene “la lettera del Papa di cattivo gusto.
FONTE: Il Fatto Quotidiano
- Federico Tulli – Cos’è la pedofilia. Chi è il prete pedofilo
In tanti giustamente ci chiedono Cos’è la pedofilia. Chi è il prete pedofilo.
Una premessa fondamentale. “Pedofilia” è un termine improprio giacché di “philos”, di amorevole o amichevole nei confronti del bimbo non c’è nulla. Si tratta infatti di una violenza talmente distruttiva che la psichiatria moderna la definisce un «omicidio psichico», termine coniato dalla psicoterapeuta e ricercatrice Maria Gabriella Gatti. In tal senso la definizione più esaustiva è quella dello psichiatra Massimo Fagioli: «La pedofilia è l’annullamento della realtà umana del bambino».
Per quanto riguarda la pedofilia clericale questa ha dei propri tratti specifici. Tratti che non sono certo quelli descritti da papa Francesco che sin dai primi giorni del suo pontificato mise in chiaro come la pensasse: «La pedofilia nella Chiesa è opera del diavolo è una malattia diabolica… dobbiamo esserne convinti per curarla». Cioè in Vaticano la violenza di un adulto su un bimbo inerme sarebbe qualcosa di astratto, un peccato, non è un crimine contro la persona ma un’offesa a Dio e nei casi più gravi (per la Chiesa), quelli compiuti durante il rito della confessione, un’offesa al sacramento. Anche qui c’è un annullamento o quanto meno una negazione della realtà del bambino. La vittima scompare e il prete va curato perché ha offeso Dio. Si tratta di una visione umanamente inaccettabile.
Chi è dunque il prete pedofilo. Come tutti i pedofili ha delle modalità di comportamento equiparabili a quelle di un serial killer. È una persona gravemente malata di mente ma non di quelle che danno in escandescenza. Il pedofilo è estremamente lucido, razionale, privo di affetti ed emozioni. Sceglie con cura le vittime. Ed ecco il sacerdote che sfrutta la sua autorità e la sua paternità fittizia, si fa chiamare “padre”, per circuire il bimbo più vulnerabile tra quelli della sua parrocchia. Si sostituisce alle sue figure adulte di riferimento, acquista la sua fiducia, lo isola con sotterfugi e poi passa dalla violenza psicologica a quella fisica. Tutto questo, avviene nella lucida consapevolezza di poter agire pressoché indisturbato, grazie alla “copertura” delle proprie istituzioni, e di un credito socialmente riconosciuto molto più alto di qualsiasi altro membro della società.
Questo significa che la vittima durante la sua vita non dovrà combattere solo contro le conseguenze della violenza in sé, ma anche contro tutto ciò che un sacerdote rappresenta ancora oggi – spesso inspiegabilmente- nell’immaginario comune. E dovrà combattere contro l’istituzione religiosa, di cui il pedofilo fa parte, capace di condizionare in maniera profonda sia l’opinione pubblica che la politica con suoi onnipresenti organi di propaganda e informazione al fine di preservare in primis l’immagine pubblica del papa. E poco importa se questo comporti la lesione di un diritto umano fondamentale: la salute psicofisica della persona.
Fonti: Adista, Chiesa e pedofilia, il caso italiano (L’Asino d’oro ed., 2014), www.vatican.va
- Federica Tourn – A Ginevra, la diocesi mette in discussione le opere di Marko Rupnik
La diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo ha costituito un gruppo diocesano di riflessione per valutare l’opportunità di smantellare le opere dell’ex gesuita Marko Rupnik, dimesso dalla Compagnia di Gesù lo scorso14 luglio e accusato di aver abusato di almeno una ventina di donne. Il Centro Aletti, a lungo diretto da Rupnik, ha infatti realizzato in collaborazione con l’atelier peruviano Encañada il “Cammino di gioia”, un progetto inaugurato nel 2019, che comprende 13 mosaici collocati in 12 luoghi di culto nel cantone di Ginevra. L’équipe diocesana dovrà valutare l’impatto della vita personale dell’artista sulla sua arte e l’effetto che le opere hanno sulle vittime. «I membri di questa équipe hanno svolto un’ampia consultazione con esperti ed enti competenti, oltre che con le persone coinvolte nella creazione di questo percorso artistico», ha spiegato Charles Morerod, vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo. Fra le associazioni che collaborano c’è anche il gruppo Sapec, che nel 2016 ha promosso la Cecar, la Commissione indipendente sugli abusi nella chiesa in Svizzera.
Una decisione simile è stata presa lo scorso marzo a Lourdes, quando il rettore del Santuario Michel Daubanes e il vescovo di Tarbes e Lourdes Jean-Marc Micas hanno costituito un gruppo di lavoro per verificare l’opportunità di rimuovere i mosaici realizzati da Rupnik nel 2007 sulla facciata della Basilica del Rosario. Molte vittime in pellegrinaggio al Santuario infatti, hanno dichiarato che non riescono più a pregare di fronte alle immagini realizzate da un abusatore.
«Non si può separare l’arte di Rupnik dalla violenza psicologica, sessuale e spirituale imposta alle vittime, che spesso erano anche le sue prime modelle», ha protestato una delle religiose che ha testimoniato di fronte ai gesuiti di aver subito molestie da Rupnik quando era ospite del Centro Aletti. Diverse ex sorelle della comunità Loyola hanno raccontato al quotidiano Domani che il sacerdote le avvicinava convincendole che l’arte è un modo per vivere la fede e poi, usando abilmente il suo carisma spirituale, abusava di loro. «Bisogna anche considerare che a comporre concretamente i mosaici c’erano anche tante artiste, alcune delle quali erano loro stesse vittime di Rupnik», ha detto la religiosa.
Fonte: Domani
5- Pierelisa Rizzo – Manfredonia. “Mi ha toccato nelle parti intime e mi ha chiesto di fare sesso.
Sono ormai decine le testimonianze di giovani o meno giovani che confessano di essere stati oggetto di interesse sessuale da parte di sacerdoti. Oggi ve ne raccontiamo una. “Sono anni che ho lasciato Manfredonia e vivo in Inghilterra – racconta Francesco, il nome è di fantasia – Ero rimasto in buonissimi rapporti con tutti i sacerdoti tra cui Giuseppe, anche il nome del sacerdote di cui parla il ragazzo è, chiaramente, di fantasia.- Proprio con lui ci eravamo sentiti due anni fa e avendo saputo che sarei sceso a Manfredonia per le ferie estive, mi chiese di andare a prendere un caffè insieme”.
Ma le cose non andarono come il giovane, che ha raccontato tutto dalle pagine del giornale on line Statoquotidiano, pensava. Dopo una serata in compagnia ed un aperitivo, infatti, il sacerdote invita il giovane a casa sua per una cena. Ed è lì che avviene l’approccio con chiaro intento di fare sesso con il giovane. “A quel punto me ne andai di corsa spaventato.
Non ho denunciato questa situazione, no. – racconta il ragazzo- Ho contattato solo un altro sacerdote di Manfredonia, riferendogli quanto accaduto. Purtroppo, io, avendo precedenti penali per fatti avvenuti più di 12 anni fa, ho avuto paura di ritornare in tribunale e magari di non essere creduto dal giudice o da chi di dovere”. Ancora scosso per quanto vissuto, il giovane continua a chiedersi “Cosa sarebbe accaduto se, al posto mio ci fosse stato un bambino indifeso?”.
FONTE: Stato Quotidiano
- 6 – Alessio Di Florio – Ogni secondo conta, necessario agire a livello europeo
Ogni secondo è prezioso, vitale, salva la vita. È quel che accade con il soccorso, con persone ferite o una malattia. Agire tempestivamente può fare la differenza tra la vita e la morte. Lo è nel soccorrere o curare e può esserlo anche in altri ambiti. Ogni ritardo contro gli abusi sessuali, ogni secondo perso prima di impegnarsi concretamente ci sono nuovi abusi, stupri, violenze. è giunto il momento di agire a livello europeo per trovare una soluzione al problema degli abusi sui minori della mancanza di una rivalutazione storica della questione. A lanciare l’allarme è la NGO Justice Initiative – lanciata dalla svizzera Fondazione Guido Fluri che ricorda come ancora oggi, queste vittime soffrono per gli abusi subiti in passato. In alcuni paesi europei sono stati fatti degli sforzi per rimediare alle loro sofferenze, ma nella maggior parte degli Stati la questione non è stata affrontata in maniera seria.
Due le direttrici principali dell’azione di Justice Initiative: mozione a riguardo è stata depositata presso il Consiglio d’Europa, che si sta occupando del dossier per il passato su cui si chiede verità, riconoscimento, riparazione e prevenzione.
Una petizione, ancora in corso, per chiedere che Bruxelles assuma una posizione di leadership mondiale e voti a favore dell’attuale proposta di legislazione CSAM dell’UE, rendendo internet #safeforkids è la direttrice per il futuro.
Justice Initiative ha promosso l’esposizione fotografica itinerante “SHAME – European Stories” realizzata dal fotografo italiano Simone Padovani allestita con successo in numerose città, Un catalogo che riunisce i ritratti delle vittime facenti parte del progetto “SHAME – European Stories” è già stato pubblicato in sette lingue.
Il progetto è appoggiato sostenuto e condiviso da numerosi associazioni nazionali e internazionali tra le quali troviamo: Rete L’Abuso, Ecpat, Emergency, Chile Safety On, Cnca, La Gabbianella, Eca Global, Brave Movement, Snap, e tantissime altre che trovate nel sito di Justice Iniziative.
FONTE: Justice Initiative – Vera Pagnoni
Ne “Gli Speciali” di questa settimana, il dottor Dante Ghezzi spiega il trauma dell’abuso sessuale
https://retelabuso.org/2023/09/09/rete-labuso-news-puntata-1-del-9-settembre/