Luigi Pirandello aveva ragione: "Nella vita ho incontrato molte maschere e pochi volti". È ampiamente diffusa l'attitudine a non essere noi stessi, a recitare una parte che nasconde la nostra vera identità. I rapporti individuali e sociali sono spesso tra "ruoli" e "funzioni", non tra "persone".
Usiamo la parola e quindi il linguaggio in modo esagerato, amplificando e talora deformando la nostra realtà: esistere significa parlare, e ciò che si dice diventa secondario.
Fa parte della rappresentazione.
Il contenuto può essere una menzogna, ma essa è funzionale alla recita e all'inganno reciproco.
Riteniamo di essere intelligenti attraverso la contestazione di quanto abbiamo appena ascoltato da altri, magari ancora prima che abbiano finito di dirlo.
È compulsiva l'interruzione di chi sta parlando senza preoccuparsi di entrare pacatamente nel merito della questione: conta affermare se stessi, recitare la parte che ci siamo assegnati.
La maschera ricopre perennemente il nostro volto, e più tempo passa più abbiamo difficoltà a toglierla.
Alla fine si confonde con esso fino a diventare volto posticcio. Se la dovessimo togliere cadremmo in una situazione di enorme sofferenza, e verrebbe a galla una sindrome schizofrenica.
Nel mondo politico questo fenomeno è la regola: si pensa una cosa, se ne dice un'altra, se ne fa un'altra ancora. Siamo dentro un immenso palcoscenico, dove attori mascherati recitano dinnanzi a spettatori altrettanto mascherati.
Una sorta di schizofrenia collettiva. La vera rivoluzione è toglierci ogni tipo di maschera e tornare ad essere noi stessi.
Essere autenticamente umani!
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2023-11-11 19:08:24
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